L'Italia di Luciano Spalletti perde 1 a 0 contro la Spagna. Con la nuova formula dell'Europeo, non dovrebbero esserci particolari problemi per la qualificazione agli ottavi di finale. A meno di cataclismi che sinceramente non vediamo all'orizzonte.

Basterà un pari con la non irresistibile Croazia per andare avanti nella massima competizione continentale. Ma la gara di ieri sera qualche campanello d'allarme lo ha lanciato. Spalletti, che sta snaturando la filosofia di cui sempre si è nutrita la Nazionale di calcio (il che può essere sicuramente un bene ma anche un male) viene accusato di aver sbagliato alcune convocazioni e soprattutto di non aver avuto una chiara identità di gioco e di schemi.

Non ce la sentiamo di criticarlo su questo aspetto, perché sicuramente avrà avuto le sue buone ragioni. E se uno come Spalletti ha le sue buone ragioni, c'è da fidarsi. Quello che preoccupa però dopo la gara contro gli iberici è altro: la mancanza di unione, di fame e soprattutto di sacrificio che ha quasi sempre contraddistinto l'Italia in questo tipo di competizioni.

Quella voglia matta di mangiarsi il campo, di snervare gli avversari, di contrastare attacchi da terra e da cielo e uscirne puliti come ad un matrimonio. Nulla di tutto questo. La squadra di Spalletti è parsa svuotata, stanca, disunita, come se passasse di lì per caso senza invito. Poco coraggiosa, anche, come il CT che ha preferito rimpinguare sempre nelle sue certezze senza osare un pó.

Ne è venuta fuori una prestazione imbarazzante, lontana dell'ammortizzatore sociale che rappresenta da sempre una partita della nazionale. Uno scempio. Calciatori per nulla predisposti a raddoppiare, ad aiutare un compagno, annichiliti sotto i continui colpi di giovani calciatori che invece avevano gli occhi fuori dalle orbite.

Spalletti CT dell'Italia ad oggi non è riuscito in un compito determinante. Far riavvicinare gli italiani all'Italia. Molto lontano dalla nazionale di Lippi (quella era fortissima e fu campione del mondo), ma anche a quella piena di calciatori sotto la media di Antonio Conte o quella di Roberto Mancini, che prima di divenire inaspettatamente Campione d'Europa 3 anni fa, iniziò il suo percorso con una serie infinita di vittorie consecutive.

Gli italiani oggi sono lontani, invece. Ed una prestazione così al limite del ridicolo (zero tiri in porta, mai accaduto da quando si possono visionare le statistiche, 1980) certo non aiuta.

Rifletta su questo Spalletti, prima di pensare troppo allo schema o alle trame di gioco che oggi sono un miraggio come un'oasi nel deserto. Alla nazionale non si chiede la vittoria, si chiede la lotta. Si chiede appartenenza. Quella sconosciuta, ad oggi.

L'Italia ha quasi sempre saputo rialzarsi dalle difficoltà. Forse ci riuscirà anche stavolta. Basta avere coraggio. Quello che è mancato fino ad ora.