Napoli, un mercato da top club
L'ha rifatto ancora Aurelio De Laurentiis. Ma questa volta è diverso. Non per il mercato in sé, la cui valutazione è sempre soggettiva, bensì per le modalità.
Una dimostrazione di forza senza precedenti. Mai un club della dimensione del Napoli si è esposto così perentoriamente in una singola sessione di calciomercato. Ad iniziare ovviamente dell'ingaggio dell'allenatore, passando per un mercato faraonico senza la cessione del calciatore più rappresentativo.
Sono varie le fasi, alcune più rappresentative di altre. Ad iniziare da Antonio Conte, dal suo staff e da una metamorfosi dell'organigramma societario. Poi Alessandro Buongiorno, un signor calciatore in orbita top club. Arrivando a Romelu Lukaku e Scott Mctominay, direttamente da squadra di fascia altissima.
Non ha mai perso la testa e la pazienza il Napoli in questa apnea durata 60 giorni ufficiali ma che in realtà sono molti di più. È stato calmo, rilassato. Ha atteso gli eventi, poi ha dominato, ha voluto subire, ha fatto la voce grossa. Non è mai stato all'angolo. Ha preso tutte le prime scelte suggerite dal suo allenatore e quando non è riuscito ad arrivarci, ha preferito posporre alle prossime sessioni (vedi esterno destro).
Così fanno i grandi club. Azioni aziendali rarissime da queste parti. E poi, alla fine, come un leone, si prende pure le sue personali rivincite. Soprattutto verso i procuratori Roberto Calenda e Mario Giuffredi. Li ha subiti per 15 mesi, De Laurentiis. Si è preso addosso di tutto e poi li ha annientati. Spazzati via. Dimostrando che il calcio è una cosa seria e che lui è forse il miglior interprete di tutto il sistema. Tutto ciò da dietro le quinte.
Ancora un pugno di mosche, l'ennesimo, che resta ai suoi detrattori. Coloro che hanno esultato per un decimo posto e non hanno potuto gioire per lo scudetto di due anni fa.
Tornando al mercato, è stato sontuoso, poco da commentare. Incassando pochissimo e accettando totalmente gli errori commessi nel recente passato. Così fanno i grandi imprenditori, coloro che costantemente vogliono migliorarsi e che hanno come bene primario la vita dell'azienda. Che in questo caso si chiama SSC Napoli. Che dovrebbe essere bene di tutti. Che se vive di buona salute dovrebbe far sorridere i tifosi. Invece no. Siamo ancora fermi ai ringraziamenti a chi non pensa al bene aziendale (che ripeto, si chiama SSC Napoli) e ai fischi a chi fa di tutto per rendere questo club vincente. Ma il paradosso è l'anima di questa città.
E finalmente la mezzanotte è scoccata, il mercato è finito. Resta la porticina araba per Victor Osimhen onde evitare almeno 5 mesi di tribuna. In alternativa si vedrà a gennaio. Aurelio De Laurentiis ha anteposto il bene del Napoli, l'orgoglio della sua creatura ai soldi e ai bilanci. Nemmeno i suoi più felici sostenitori se lo sarebbero aspettato.
E pensare che il nuovo idolo in città si chiama Percassi e sta a Bergamo. Non vogliamo immaginare a cosa sarebbe successo se il Napoli avesse ceduto Teun Koopmeiners e lo avesse sostituito con Brescianini. Sorvoliamo.
Ora la parola passa al campo. Ad Antonio Conte. Che è quello che conta. Vedremo se la squadra darà la stessa dimostrazione di forza della società. Squadra rivoluzionata (e chi scrive auspicava la rivoluzione il giorno dopo la matematica dello scudetto) in molti interpreti.
La conclusione ci sarà nelle prossime due sessioni (gennaio e estate prossima). La rivoluzione è la panacea di tutti i mali da queste parti. L'aveva capito subito De Laurentiis, l'ha capito anche Conte. E va benissimo così.