Era il 29 maggio 2023, era primavera. Dopo nemmeno un mese dalla notte di Udine, con la quale il Napoli si laureava Campione d’Italia, Luciano Spalletti annunciava di voler appendere taccuino e penna, dal tappo rigorosamente mordicchiato, al chiodo. Giurando di non amare più, almeno per un po’.

Aveva aspettato fino all’ultima Pec prima di prendere questa decisione, in fondo, che fretta c’era?

Era ancora primavera, il dispendio di energie, fisiche e mentali, necessarie affinché gli azzurri tornassero a sollevare lo scudetto dopo 33 anni, avevano convinto il tecnico di Certaldo a fare un passo indietro, basta notti insonni al centro sportivo di Castel Volturno. Lasciando così l’onere al presidente De Laurentiis di cercare un sostituto che potesse raccoglierne l’eredità sulla panchina azzurra, e nel cuore dei napoletani.

Era appena primavera, quando nacquero i primi malumori: una frangia del tifo azzurro si sentiva tradita, come una donna lasciata sull’altare, come un film guardato per metà, come un contratto non rispettato…

Ed è in primavera che germoglia l’orgoglio dell’uomo ferito, dell’uomo che non riesce a rassegnarsi alla fine di un amore, di chi, piuttosto che guardare con nostalgia al passato, decide di cancellarlo, rinnegando tutto quello che di bello c’è stato.

La primavera stava finendo, e con essa un amore.

La primavera è finita, le stagioni passano

Arriva l’estate, Spalletti si innamora di un’altra donna. Non mantiene la promessa, ma al cuor non si comanda. L’uomo ferito ringalluzzisce: “Quando mi lasciasti, già l’amavi! Traditore!”.

È autunno, sulla panchina su cui un tempo sedevi, ora siede qualcun altro. Nella mente dell’uomo ferito inizia ad insinuarsi il dubbio: “Ma in fondo, che meriti ha avuto Spalletti? La squadra è forte, non abbiamo bisogno di lui…”.

Nel mezzo di un gelido inverno, il Napoli ed i suoi tifosi si leccano le ferite: gli azzurri hanno già cambiato due allenatori, la stagione è ormai compromessa. L’uomo ferito esclama: “È colpa sua, è colpa del traditore! Non ha rispettato il contratto, ora ci dovrebbe essere lui su quella panchina…”.

Ed è qui, in pieno inverno, che la mente dell’uomo ferito collassa. Accecato dalla rabbia e dalla frustrazione, non si rende conto dell’eclatante contraddizione. Non si può allo stesso tempo rinnegare un amore ed incolparlo per i propri errori.

Colui che in primavera non era più indispensabile, in inverno sta pagando la sua (in)colpevole assenza.

È ancora inverno, ma so che tornerai… maledetta primavera.