Veduta dell'area del Tempio Nabateo di Pozzuoli (foto di "Puteoli sommersa")
Veduta dell'area del Tempio Nabateo di Pozzuoli (foto di "Puteoli sommersa")

Geo, Cambridge University Press, Antiquity Journal e poi Rai Tre, il TTG Travel Experience 2024 di Rimini… Sta nascendo una grandissima attenzione attorno alla scoperta del tempio Nabateo di Pozzuoli, uno dei tanti siti antichi ormai sommersi dal mare, di fronte alla linea della costa flegrea. Una scoperta che ha attirato anche parecchie curiosità in Germania e in Spagna. Ma a parlarne ultimamente, però, è l'importantissimo quotidiano inglese The Indipendent. Troviamo scritto così sul suo sito: “Tra il I sec. a.C. e il I sec. d.C. nel porto di Puteoli venivano mercanti da tutto il mondo per portare i loro beni. I ricercatori hanno ricostruito come le buone relazioni tra i Nabatei e l'Impero Romano aiutarono a costruire un ‘enorme potere’”.

Prosegue il tabloid londinese: “L'esistenza di un tempio Nabateo nell'area del porto di Puteoli conferma che c'era una comunità in quella regione che partecipava alle attività commerciali di Puteoli. […] Sono state scoperte due sale del tempio a pianta rettangolare collegate alle strade del vicus Lartidianus, in cui i mercanti stranieri commerciavano e facevano affari”.

Il tempio Nabateo di Pozzuoli: un “unicum” al di fuori della madrepatria

Il tempio Nabateo di Pozzuoli è stato scoperto grazie al lavoro di Michele Stefanile, archeologo subacqueo e ricercatore presso la Scuola Superiore Meridionale. Attualmente è anche responsabile della sezione Archeologia Subacquea del Centro Sub Campi Flegrei. L'importante sito archeologico, posto dinnanzi alla c.d. “ripa puteolana” è stato scoperto parzialmente grazie ad attività di ricerca condotte da Ministero della Cultura, Università degli studi della Campania “Luigi Vanvitelli” e dalla Scuola Meridionale Superiore. 

Si legge sul sito della Soprintendenza ABAP dell'Area Metropolitana di Napoli: “La presenza dei Nabatei a Puteoli era nota da tempo grazie al rinvenimento di iscrizioni in lingua nabatea e al recupero in mare, sin dal XVIII secolo, di altari e basi con dedica, in latino, al dio Dusares. […] si tratta di un vero e proprio tempio sommerso, unico santuario nabateo finora noto al di fuori della madrepatria, decorato con abbondante marmo di Luni; sul fondo del mare sono visibili due grandi altari con fori di incasso per betili aniconici, simile ma non uguale a quello già visibile presso il Museo Archeologico Nazionale dei Campi Flegrei presso il Castello di Baia, insieme a una base di dimensioni minori, e a lastre iscritte. Ovunque, il testo si ripete uguale: Dusari sacrum.”


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