Rigore non dato al Napoli nonostante spinta su Kvaratskhelia
Rigore non dato al Napoli nonostante spinta su Kvaratskhelia

La stagione 2024/25 di Serie A ha riacceso il dibattito sugli errori arbitrali, una questione mai del tutto sopita che affonda le sue radici negli scandali del passato. L’eredità di vicende come Calciopoli continua ad alimentare una cultura del sospetto che, a volte, sfocia in esagerazioni. Tuttavia, sarebbe ingenuo pensare che le sentenze e le riforme abbiano completamente estirpato il marcio dal sistema. Troppe sono ancora le zone d’ombra, troppe le decisioni discutibili che non trovano giustificazioni convincenti.

Uno degli elementi più discussi è la difformità di giudizio che sembra sempre più legata alla soggettività dell’arbitro, spesso influenzata dall’umore con cui affronta la partita. La distinzione tra oggettività e soggettività appare labile, e la gestione di episodi simili varia drasticamente da gara a gara. Alcuni arbitri mostrano poca personalità e si lasciano condizionare pesantemente dal VAR, applicando una sorta di pilota automatico e delegando il controllo della partita. Al contrario, ci sono arbitri che, nonostante l’assistenza tecnologica, sembrano esitare a rivedere le proprie decisioni, anche di fronte a errori evidenti.

Un esempio chiaro di questo squilibrio è il modo in cui rigori evidenti vengono ignorati, mentre vengono concessi i cosiddetti “rigorini”, decisioni dubbie ma formalmente giustificabili, che finiscono per alterare il corso delle partite. Il Napoli, ad esempio, si è visto negare rigori, parsi ai più solari, contro Monza e Como, episodi che, fortunatamente, non hanno inciso sul risultato finale. Tuttavia, è un tema su cui bisogna riflettere ora che queste sviste non hanno causato danni irreparabili e il Napoli in questo deve mantenere alta l’attenzione e farsi sentire in TV come nelle sedi opportune. Il rischio è che in partite più delicate, episodi del genere possano fare la differenza.

Le serate post-partita diventano così il terreno fertile per polemiche, con i tifosi che si ritrovano a discutere su episodi clamorosi, incapaci di capire come rigori evidenti non vengano assegnati, mentre in altre situazioni vengano fischiati contatti minimi. Questa confusione non è solo tecnica, ma anche interpretativa: la soggettività con cui vengono applicate le regole alimenta un clima di frustrazione, in cui la giustificazione degli errori si scontra con l’evidenza degli stessi.

Se c’è un aspetto su cui tutti sono d’accordo è che l’errore arbitrale non potrà mai essere completamente eliminato, ma esistono margini di miglioramento. Uno degli strumenti più discussi è la possibilità di introdurre il challenge, permettendo agli allenatori di richiedere la revisione VAR su episodi chiave. Un’altra proposta sarebbe quella di rendere pubbliche e ascoltabili in tempo reale le comunicazioni tra arbitro e sala VAR, per aumentare la trasparenza e ridurre la percezione di decisioni arbitrarie o influenzate dal contesto emotivo della partita.

In un calcio che muove miliardi di euro e milioni di tifosi, la trasparenza e l’uniformità dei giudizi devono essere i principi fondamentali. Ogni errore arbitrale, specialmente in un contesto di tale importanza, mina la credibilità del sistema e alimenta ulteriormente la cultura del sospetto. Non è solo una questione di tecnologia, ma di gestione emotiva e personalità dell’arbitro, elementi che devono essere rafforzati per ridurre l’incertezza e garantire che il campo rimanga il vero giudice.

Non si può ridurre tutto alla semplice affermazione che “gli arbitri sono scarsi”. Il problema è ben più complesso. Il calcio moderno, con i suoi ritmi serrati e la pressione economica, non ha il lusso di aspettare che la classe arbitrale evolva naturalmente e formi una nuova generazione di arbitri perfetti. Servono interventi immediati per migliorare il sistema, che includano l’uso ottimale della tecnologia, una formazione continua e un protocollo VAR più chiaro. Solo affrontando il problema in maniera strutturata si potrà ridurre l’impatto degli errori sul gioco.

Le riforme, dunque, sono necessarie e urgenti, ma devono essere efficaci e applicate in modo uniforme. Solo così si potrà ridurre il margine di errore e restituire al gioco la chiarezza e correttezza che i tifosi, di qualsiasi squadra, hanno il diritto di pretendere.


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