L’arrivo di Antonio Conte sulla panchina azzurra sembra aver accelerato una serie di processi, progetti ormai impolverati sulla scrivania del Presidente De Laurentiis. Stadio, centro sportivo e settore giovanile sono temi caldissimi e al contrario del passato sembra che qualcosa sia destinata a smuoversi quanto prima.

Qualcuno potrebbe credere che l’input sia arrivato proprio dal tecnico salentino, ma non è da escludere che l’accelerata sia esclusivamente dovuta a una serie di contingenze. Bisogna fare un piccolo passo a ritroso. Ricordarsi di come De Laurentiis abbia sempre ambito a un legame duraturo. I “contratti a vita” di cui parlava non erano semplice dialettica da sfoggiare durante la presentazione del nuovo tecnico. Erano un auspicio.

Chi crede nella figura di De Laurentiis “Padre Padrone”, sempre pronto a metter bocca negli affari dei suoi dipendenti, non ha capito nulla in questi 20 anni.
De Laurentiis è imprenditore non solo brillante, ma capace di delegare. A patto di trovare la persona giusta.

La fiducia e il lato prettamente umano slegato da quello del professionista freddo. Sono due tra gli aspetti ricercati e che hanno caratterizzato da sempre la sua carriera imprenditoriale. Conte è sempre stato descritto in passato come l’amico, prima che l’allenatore. Ne ha lodato l’aspetto caratteriale, prima che tecnico.

Finalmente una persona alla quale affidare l’area sportiva. Con pieni poteri decisionali sul budget messogli a disposizione da Chiavelli. Altro elemento fondamentale della famiglia del patron azzurro. La parola famiglia non é una forzatura, anzi. Bisogna capire che un contratto è solo l’espediente con cui De Laurentiis è costretto a tutelarsi in un mondo di serpi. Perché per lui la parola varrebbe più dell’inchiostro. E chi si lega all’universo Filamauro non entra a far parte di un’azienda, ma in casa sua. Ti spalanca le porte di casa. Dei suoi affetti e delle sue fragilità di uomo.

Qualcuno ha detto, riferendosi alla conferenza stampa di presentazione del mister, che finalmente ha deciso di farsi da parte. Evitando i protagonismi e lasciando il palco al tecnico. Un De Laurentiis fuori campo per usare un termine cinematografico.

Ma perché intervenire? Le parole di Conte, le sue pause, il suo linguaggio del corpo, erano il manifesto del De Laurentiis pensiero. Sta tutta qui la differenza rispetto al passato. Niente più smorfie sotto ai baffi quando si parlava di ambizione scudetto. Una vera e propria unione di intenti e pensieri. Simbiosi.

Sapere di aver il proprio alter ego a occuparsi dell’area sportiva, vuol dire liberarsi di un peso. Vuol dire avere tempo da dedicare a tutto ciò che era stato accantonato. Posticipato mentre si aspettava che i tempi maturassero. Perché per fare si può tutto, ma bisogna sempre capire come. Per lo stadio il problema non è mai stato il vil denaro, ma che la macchina burocratica non si inceppasse.

Il centro sportivo? Costruirlo voleva dire progettare anche uno spazio per le giovanili e farlo vuol dire rompere legami che il territorio ha con i club del nord. Costruire solide relazioni con le scuole calcio campane e del sud in generale. Un lavoro portato avanti sotto traccia da Grava e il suo staff.

A palazzo reale De Laurentiis ha parlato di futuro. Del Napoli che sarà. Di un Napoli che forse non tutti riusciranno a vedere, ma che come materia viva viene costantemente plasmato da 20 anni. Un Napoli che possiamo solo immaginare e che è invece realtà nella visione del suo Presidente.

https://youtu.be/4qWWzUcNvx8?si=oz1Ct4Z_7oVVGnzT
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