Il Napoli scudettato aveva due strade percorribili quando si è trovato a scegliere il nuovo allenatore: un nome dalla storia calcistica conclamata o uno con un'identità ben definita, seppur giovane. Questo poteva avvenire, naturalmente, in una condizione "normale" o già vissuta. Ma la condizione del Napoli, dalla sera del 4 maggio 2023, è stata, ed è tutt'oggi, una condizione nuova. Mai vissuta, seppur il club di Aurelio De Laurentiis è costantemente in Europa da più di un decennio ed è stabilmente nelle prime 20 del ranking Uefa.

Parliamo ovviamente della condizione di essere campione in carica. Cambiano gli scenari, cambiano le aspettative, variano le dinamiche. Anche se non vorresti, ma accade, perché è naturale. E la cosa è più marcata se l'allenatore scudettato, che ha dominato in lungo e in largo fino a marzo il campionato, va via, nonostante un anno di contratto. E con lui quindi lo staff e preparatori atletici.

La new era del Napoli inizia con gli abbandoni

Come Luciano Spalletti, anche il DS Cristiano Giuntoli, lascia per esplorare nuove strade in quel che è sempre il club più appetibile in Italia, cioè la Juventus. Poco da fare, il Napoli ha provato a mantenerli ma la nuova condizione ha spaventato anche chi già c'era ed è stato protagonista di uno storico scudetto. Ci può stare, naturalmente. Si va avanti, sono cose che succedono ovunque anche se si fa finta di non vederle.

Condizione nuova, dicevamo. La stessa condizione in cui si ritrovarono il Verona nel 1985, la Sampdoria nel 1991, la Lazio nel 99 e la Roma del 2000, il Napoli Maradoniano del 1987. O, volendo volare metaforicamente in Europa, il Leicester del 2016, il Werder Brema del 2004, lo Stoccarda del 2007, il Wolsburg del 2009, l'Atletico Madrid del 2014 e del 2021, il Lilla del 2021, il Monaco del 2017, il Montpellier del 2012.

Club più o meno grandi o che vogliono/volevano diventarlo che non sono riusciti a bissare uno scudetto che, anche per loro, è stato storico. Escludendo i top team che sono costantemente abituati a bissare o triplicare vittorie di campionati, solo il Borussia Dortmund del 2011 ci riuscì l'anno dopo. Poi nulla più.

Rifiuti dettati dalla paura

Considerazione, questa, che lascia ben capire le reali difficoltà di chi vince (nel caso del Napoli addirittura domina) un campionato e che si trova in questa nuova condizione. Quando devi per forza di cose non solo pensare ai calciatori e ai loro contratti, o alle offerte che ricevono, ma anche a chi affidare il progetto del nuovo corso, sia sotto l'area tecnica sia sotto quella gestionale. E, paradossalmente, proprio per questa nuova condizione associata alla mancanza di abitudine che si va incontro agli inaspettati rifiuti da papabili sostituti che si reputano adatti.

Il rifiuto di Thiago Motta sintetizza al meglio questo concetto. Un allenatore in rampa di lancio, probabilmente promesso sposo di qualche top club in futuro, che rifiuta di lasciare la sua attuale zona comfort per non rischiare di bruciarsi alla sua prima vera esperienza in un club di livello. Perché dopo uno scudetto dominato, anche un secondo posto a distanza siderale da queste parti viene criticato come se si avesse a che fare con degli improvvisati.

Lo abbiamo visto in passato con un profilo come Carlo Ancelotti, reo di aver si conquistato la seconda posizione dietro una imprendibile Juventus, ma di averlo fatto senza l'estetica del sarrismo, fissato e mai spodestato dalla testa di quei calciatori allo stesso modo in cui lo spallettismo è rimasto, ed è ancora, nella testa dei ragazzi attuali.

Nella storia c'è la soluzione

Si poteva fare di più? Certo, probabile. Ma quando si racconta questo sport lo si deve fare tenendo conto delle infinite variabili che esistono. E che la storia ci insegna. Storia che sembra essere costantemente dimenticata a sfavore di un racconto semplicistico. Oggi è facile dire che la colpa è di Rudi Garcia o di chi l'ha scelto. Come, ai posteri, è stato facile dire che quella di sostituire Insigne per Kvaratskhelia, ad esempio, è stata felice.

Nulla di nuovo sul fronte partenopeo, insomma. Basterebbe cercare di spiegare i motivi per cui si fanno delle scelte, considerando ovviamente che esse mai vorrebbero essere sbagliate. Ma se si mette in dubbio anche questo ultimo concetto, è veramente difficile trovare la quadra.
Il Napoli sia unito, l'ambiente lo sia con la squadra. Il tempo dei racconti oggi serve a poco. C’è già la storia di questo sport a far capire tante cose.

https://www.youtube.com/watch?v=AerX6_bduG0
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