Anche i ricchi piangono. Poche parole, ma che rendono l'idea della situazione in cui versa il calcio britannico. Perchè nonostante i ricavi record dell'ultima stagione, circa 7 miliardi di sterline, la situazione debitoria dei club di Premier sembra essere fuori controllo. Sono appena 4 le società con i conti in regola, mentre il resto della truppa sprofonda sommersa da un rosso che nell'ultima stagione ha toccato gli 816 milioni di sterline.

Ma come è stato possibile? Abbiamo sempre parlato del modello virtuoso proposto dalla Premier. Ripartizione più omogenea dei ricavi derivanti dai diritti televisivi, strutture di proprietà, un' organizzazione tale da reprimere il fenomeno hooligans, stadi che vivono e generano reddito 7 giorni su 7. Ma come spesso accade ci si è fatti prendere la mano. Spese folli. Ingaggi faraonici. Di tutto pur di trasformare la Premier League nel campionato più attrattivo e bello al mondo.

Ma a che prezzo? Il desiderio di primeggiare a tutti i costi ha allontanato le società da una vision sostenibile, spingendoli in una spirale debitoria senza precedenti. Una ferita divenuta squarcio insanabile dalla crisi economica prodotta dal Covid.

Oggi si ragiona sulla necessità di porre un tetto: lo Spending Cap. La proposta di una soglia limite ad acquisti e stipendi che ha già riscosso l'approvazione di 16 club su 20 e che dovrebbe bloccare l'emorragia finanziaria che dal 2018 a oggi ha prodotto un disavanzo di oltre 3 miliardi e mezzo di sterline.

Una crisi che indirettamente ha finito per toccare anche il Napoli e la voglia di confrontarsi col calcio inglese di Victor Osimhen. Le richieste del club azzurro infatti, unite alla necessità di rivedere alcuni investimenti, hanno spinto più di un club a una serie di riflessioni. Portandoli, in alcuni casi, a virare su alternative dai costi contenuti.

Trattare con un club come il Napoli, si sa, non è mai facile, E se da un lato il "gentlemen agreement" tra club ed entourage del calciatore, potrebbe portare alla cessione a cifre inferiori rispetto alla clausola rescissoria e anche vero che il Presidente Aurelio De Laurentiis non è disposto a discostarsi eccessivamente dai 120 milioni di euro stabiliti meno di un anno fa. Da qui il prepotente inserimento del PSG che potrebbe, stando ai rumors di mercato, riportare in Francia il bomber nigeriano.

Un potere di contrattazione che non ha rivali in Italia e che a questo punto rischia di essere elitario anche in Europa. Una situazione che stride con la notizia del rinvio a giudizio, da parte della Procura di Roma, dei dirigenti juventini coinvolti nell'inchiesta Prisma.

I legali che curavano gli interessi di Agnelli e della Juventus avevano provato a evitare il processo, chiedendo lo spostamento da Torino a Roma. Richiesta accolta dalla Cassazione per incompetenza territoriale della Procura piemontese. Una mossa che ha solo dilatato la tempistica, pur mantenendo invariato il quadro accusatorio.

Una brutta storia, a pochi giorni dal comunicato in cui la Juventus ribadiva la correttezza dell'accordo che aveva portato all'ombra della Mole Douglas Luiz. Trattativa chiusa con una serie di scambi tra i bianconeri e l'Aston Villa, il cui proprietario figura tra i membri del consiglio di partners di Exor, la società che controlla proprio la Juventus. E ritornando al tema principale, i Villains sono tra club più indebitati della Premier e bisognosi di plusvalenze per rientrare delle perdite.


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