Mask Girl, la recensione del K-Drama di Netflix
Per quanto sia un amante del cinema sudcoreano, i K-Drama del catalogo Netflix raramente riescono a piacermi - eccezion fatta per quel gioiellino di Hellbound, che surclassa il più conosciuto e sufficiente Squid Game. È capitato, però, che nella noia dello zapping su un catalogo abbastanza scarno a livello qualitativo, sia passata sotto gli occhi questa Mask Girl diretta da Kim Yong-hoon. Attirato dal titolo al neon e dallo sbrilluccichio della grafica a corredo, ho quindi visto il trailer. Dentro ci ho visto violenza, sangue, sangue, violenza e la solita, indistinguibile recitazione made in Corea del Sud. Venduto.
Mask Girl: una spirale violenta tra bullismo, sessismo e vendetta
Scommetto che a Park Chan-wook potrebbe piacere questa serie. Sarò onesto: il primo episodio mi ha quasi fatto droppare la visione. Quasi, però, perché nonostante abbia tutti i crismi di una romantic comedy, c'era quel sottobosco di curiosità che mi ha spinto poi a guardare il secondo. E meno male.
La storia ruota attorno a alla ventottenne Kim mo-mi, di cui seguiamo diversi periodi della sua vita che si svolgono dal 1991 al 2023. Da piccola sognava di essere amata da tutti e di diventare qualcuno nel mondo dello spettacolo, ma la ritroviamo poi come impiegata d'ufficio, infelice, indoddisfatta e ancora alle prese col bullismo dei colleghi che l'hanno accompagnata durante la sua infanzia e adolescenza. Infatti, Kim mo-mi è sempre stata derisa e presa di mira per il suo aspetto fisico, motivo principale per il quale ha dovuto abbandonare il sogno che aveva da bambina. Sin da piccola, infatti, è sempre stata oggetto di esclusioni a favore di chi esteticamente era più apprezzato. Kim mo-mi arriva quindi a vergognarsi del proprio volto, arrivando a compatirsi per la sua bruttezza al punto da desiderare di indossare una maschera.
Ed è proprio grazie a una maschera, indossata durante gli spettacoli live attraverso piattaforme di streaming, che è riuscita a crearsi un personaggio parallelo sul web. Un po' per arrotondare e un po' per soddisfare il suo desiderio di infanzia, infatti, si ritrova a fare la cam girl esibendosi in spettacoli di danza, canto... e soft porn. Mask Girl, lo pseudonimo utilizzato da lei sul web, acquisisce col tempo popolarità. Ed è proprio quella popolarità che la porterà a impattare in un evento che le cambierà la vita, stravolgendogliela del tutto.
All'interno della serie è predominante il tema del bullismo, in particolar modo su quei soggetti che non riescono a reagire in maniera adeguata, che vengono emarginati e diventano vittime del senso di inferiorità che gli viene indotto. La narrazione ci porta a spasso in tematiche con le quali i sudcoreani sono abituati a convivere ogni giorno. Chi ha avuto modo di guardare qualsiasi altro prodotto provenien, sa perfettamente la condizione sociale nella quale vivono i sudcoreani, alle prese con sessismo, pregiudizi, disparità di classe e corruzione.
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Mask Girl, il comparto tecnico
La struttura della serie è letteralmente geniale: ogni episodio è incentrato su un personaggio che porta avanti la trama principale e al contempo approfondisce la storia di ognuno di loro. Se l'impatto col secondo episodio può essere spiazzante, proprio in virtù che ci si lascia con una storia monca al termine del primo e si riprende nei panni di qualcuno appena accennato, ci si abitua in pochissimo tempo e anzi, si può già intuire dove andrà poi a parare l'intreccio. La regia è degna delle recenti produzioni coreane ad alto budget, con una fotografia vibrante e nitida che rispecchia appieno il genere utilizzato. Se, come scritto in precedenza, si parte da una romantic comedy, il registro cambia subito col passare degli episodi. Il secondo lo si potrebbe definire horror, così come il terzo un crime, il quarto un thriller e via dicendo. Il tutto, alla fine, si conclude con un drama che raccoglie i fili di una storia narrata su archi temporali diversi e che si ricongiungono in maniera abbastanza coerente e armoniosa. La bontà della scrittura è sottolineata anche dal fatto che si riesce a empatizzare senza troppe difficoltà con i personaggi che danno il nome agli episodi, ritrovandosi poi costretti a scegliere per chi "fare il tifo" a seconda dei punti di vista raccontati.
L'unica nota dolente della storia è il "villain" della serie. Un vero peccato, soprattutto per come viene ottimamente costruito nell'arco del racconto e che finisce per impersonificare tutti i cliché del genere action. C'è purtroppo un determinato evento che, almeno per quanto mi riguarda, non riesce a essere confinato all'interno del patto narrativo e risulta estremamente eccessivo rispetto a quanto visto fino a quel momento. Purtroppo, quell'evento rappresenta poi lo snodo cruciale per arrivare al termine di una storia spaccata letteralmente in due macroblocchi.
Mask Girl: commento finale e voto
Per tirare le somme, la storia raccontata da Kim Yong-hoon, pur diventando vittima del suo genere, riesce a svariare tra tematiche importanti mettendo su schermo un susseguirsi di immagini forti e impattanti. Purtroppo, però, gli ultimi episodi controbilanciano in negativo quanto di buono mostrato nella prima parte della storia.
Voto finale: 6,5 / 10