Analisi tattica: quali indizi la partita col Verona ci offre per il match preview di Napoli-Milan
La roccaforte Scaligera si barrica nel tempio Napoletano e ne esce indenne per le polveri bagante dei guerrieri partenopei. Lo scudetto sospeso è ormai la contro narrazione del calcio giocato, che vive sulla sinusoide di emozioni vivide e fatiche rocambolesche che tergono di attesa mistica il percorso del Napoli. Passa in cavallerizza il Verona che poco ha fatto al Maradona per conquistare un punto se non imprigionare la squadra di Spalletti nelle propaggini della spossatezza da Champions.
Il turn over massiccio ha menomato la solerzia con cui gli uomini più decisivi esprimono le proprie giocate migliori, condensando l'iperlavoro nei 20 minuti finali, che hanno proditoriamente strappato al pubblico la gioia della vittoria, infrantasi sulla traversa colpita dal ritrovato Osihmen.
IL MATCH
La partita ha vissuto sull'onda agonistica debole come un abaco a cui infilare gli anelli, che nel centrocampo del Napoli erano spesso sull'asse di gioco sbagliato: terzini poco spingenti lungo linea e costretti a ipertrofizzarsi in mediana, centrocampisti che hanno tergiversato in orizzontale, Raspadori privo di inventiva ed esterni d'attacco irretiti da un muro giallognolo a colorare l'area di rigore e zone circostanti.
Di rado gli scaligeri, con piano gara basato su fissità posizionale al centro e ripartenza con appena tre giocatori, hanno avuto il pallino del gioco e la costruzione dal basso azzurra non ha mai scavalcato la seconda linea del terreno di gioco per poter approdare alla pizzola di calcio con specchio della porta nitido. Discreto frangiflutti Tameze che ha ostruito e ben ripulto diversi palloni che a turno Elmas o Demme e Raspadori, quando si è schiacciato sui centrocampisti, hanno mal gestito.
L'incapacità di variare l'assetto in itinere, qualche passaggio ciccato e l'impossibilità di isolare l'esterno a campo invertito hanno favorito la palla coperta a 40 metri dalla porta del Verona. Un fuorigioco non semi automatico da calcio d'angolo e un tiro solleticante di Lasagna nei primi 45 minuti di gioco, hanno scritturato un copione noioso da calcare nella ripresa.
Cresce per volume di percussioni e contrasti vinti Anguissa sotto l'ora di gioco e su imbeccata dalle retorvie di Juan Jesus, riesce a defilarsi per mandare alla conclusione Di Lorenzo, ma il capitano schiaccia di testa la palla fin troppo per darle forza e direzione perentoria verso la porta. Il Camerunense, in gran stato di forma, svaria oltre il centrocampo per dettare le linee di passaggio e definisce anche il filtro in avanti, per mezzo di un baricentro leggermente più alto.
Nulli Lozano e Politano, prodighi di appena due cross a testa in tutta la partita e nessuna conclusione a rete, negligenza escogitata dal'esperimento tattico ben riuscito del Verona, di braccarli a uomo in ampiezza sulle scalate in diagonale. Situazione reiterata su Kvaratskhelia quando è entrato.
La squadra, scarsamente empia di contenuti tecnici e magra volizione a creare spazi smuovendo la difesa avversaria, ha prodotto pochissimo fino all'ingresso di Osihmen che restituisce un vigore energetico a tutto il reparto e alla squadra nel suo insieme.
All'80' il Napoli concede su una scalata fatta male in uscita la punizione al Verona, con Verdi che telefona Meret calciando la parabola a giro sul suo palo. Poi da corner Zielinski pesca ancora il capitano Di Lorenzo che miracoleggia in area ma pecca di mira sul tiro.
Senza l'ampiezza che apre la raggiera delle fila difensive, è Lobotka a suonare la carica nell'ultimo quarto di match, con dinamismo ed ecletismo, corre in verticale e impartisce il legame del gioco con Osimhen, Politano e Kvara. Da una sua scalata in avanti dalla terza linea, di prima intenzione perfora l'aggrottamento Veronese di centrocampo e smuove i reparti a contrarsi; dalla palla rasoterra per Osimhen, sfoga un'azione di tocchi rapidi in tangente tra Anguisa e Zieliski ad alimentare il circuito offensivo, e sulla ribattuta dello scarico dai e vai tra Anguissa e Osimhen, il cigno di Lagos esplode un destro al fulmicotone che fa vibrare la traversa, il cui eco sordo divora il frastuono dei tamburi dagli spalti.
La squadra raggomitolata tutta in avanti rischia un harakiri psichidelico, lasciando Ngonge solitario di andare a segnare dopo una corsa di 50 metri, sprecata dall'incredulità del giocatore appena entrato, presumibilmente disabituato, come la sua squadra, a vedere la porta da così vicino. Kvara si rende complice di perdere un pallone sanguinoso dopo un intervento di spalla dell'ex Simone Verdi, tatticamente infido per buona parte del match.
Il Solo Victor Osihmen deraglia tutte le certezze costruite dal Verona in 75 minuti e lascia ben sperare per il confronto con il destino in Champions. Al di là dello stampo atomico dei soliti Kim e Di Lorenzo, cattiva prestazione degli azzurri complessivamente, nel momento storico più cruento del calcio Italiano attuale, che però non perdono certezze e sono sempre più lanciati nell'etere dei sogni. Adesso allo scudetto mancano 11 punti.
STATISTICHE
Il casellario dei dati analitici e metrici della partita spiega la scarsa qualità del Verona, arrivato al Maradona rimaneggiato ma agguerrito a fare punti salvezza, a cui addirittura la fortuna e modesta caparbietà ha rischiato di arridere. Napoli meno evoluto dell'abitudinario ma con spigolature tattiche da smussare per ritornare nell'unidici titolare ad organico completo, la compagine fenomenale che non aveva problemi a fare goal. Ottimi i numeri sui passaggi e sulla trama del possesso, ma questo non si è reso proficuo per la densitàa posizionale e la carente trazione offensiva, pagata specie nel primo tempo con alcuni palloni alzati dalla trequarti o delle fascie per un Raspadori inadatto a sovrastare gli avversari di testa.
Il volume di gioco promette bene per accrescere e distribuire i gol mancati col Verona nelle prossime partite decisive contro il Milan in primis e la Juventus in secundis, in cui produrre e concretizzare occasioni sarà l'artificio da compiere oltre ogni logica.
CHAMPIONS LEAGUE: MATCH PREVIEW
La gara di Sabato non può essere per mille motivi l'anticamera della partita decisiva in Champions contro il Milan in cui rimontare il passivo meneghino di un goal. Le assenze forzate di Kim e Anguissa sembrano incudini sull'oleatura del percorso tecnico e tattico del Napoli in stagione, ma ampio rilievo possono attribuirselo i sostituti.
E' probabile che Pioli riassembli l'11 tipo che per due volte consecutive si è ben comportato contro il Napoli, assorbendo le giocate del gruppo Spallettiano e aprendo con precisione chirugica le poche crepe difensive emerse durante le gare sia di campionato che quella di andata di Champions. Nella prima l'ampiezza provata e trovata con agevolezza, lasciando campo aperto ad esterni e terzini per le sovrapposizioni, ha proiettato la squadra rossonera in secondi tempi di prevenzione e lotta a salvaguardia di posizioni e risultato, retrocendendo spesso il baricentro per mirare alla riconquista bassa.
A Milano si è visto un Milan denso e bellico che ha preferito lustrare le zone esterne del campo per attaccare la porta, pur trovando la rete con l'unica invenzione dentro il perimetro di Diaz che ha scompensato tutto il reparto arretrato.
Il risultato di vantaggio nei primi 90' chiaramente pone il drappello di diavoli nelle condizioni di poter sporcare la gara con giocate ostruizionistiche e raddoppi scientifici per otturare gli scoli di triangolazione delle mezz'ali ed esterni azzurri.
Nell'impianto posizionale del Milan di Champions è emersa la costante marcatura a velare Lobotka da parte di Giroud, la filialità nei contrasti duri a metà campo di Tonali e Krunic, sempre reattivi per le seconde palle e la fastidiosa azione da colante di Bennacer che ha fuorviato Lobotka stesso, oltre che Zielinski ed Anguissa (al suo posto, squalificato, potrebbe giocare Ndombelè), che hanno spesso sfalsato i raghi per sottendere il presidio mnemonico delle marcature di riferimento vicino alla prima linea e tenere alto il balance della squadra.
In particolare questa calamita verso la copertura difensiva del lato debole di Calabria, ha consentito agli azzurri ad inizio gara di accorciare spesso in avanti per rubare palla, ma il pressing si è squagliato in occasione del goal di Bennacer, perchè, così come già successo, su una palla persa in zona d'attacco tutti i centrocampisti correvano fronte alla porta, e l'uscita fuori tempo di Rui per rompere una linea di transizione (già avveuta anche in campionato) su Brahim ha impossibilitato la difesa a scattare in avanti per riaggomitolare l'azione, che poi si è sviluppata rapida e concisa da destra a sinistra per depistare tutti gli estremi di reparto. Accorciare con avvedutezza è una delle specificità della partita per dominarla, considerato che il Napoli avrà più possesso del Milan e dovrà giocare con la difesa a 30 metri dalla propria porta.
Altro leitmotiv della partita, così come visto contro il Verona, nonchè proposta correntemente negli schemi atipici di Spalletti, due terzini Di Lorenzo e Oliveira (se quest'ultimo partirà dall'inizio) hanno la tendenza a fare da braccetto all'esterno d'attacco e creare lo spazio per prendere il fondo e pennellare il cross, oppure chiudere l'azione sul palo lungo se il pallone viene fatto correre sul versante opposto a quello dove si finalizza l'azione. Non a caso Di Lorenzo ha avuto due nitide palle gol all'andata da dentro l'area piccola e ne ingenera almeno una a partita con efficienza e senso di posizione invidiabili.
Sotto la lente d'ingrandimento l'allarme proveniente dal plus valore del Milan a sinistra con Hernandez e Leao a spalleggiarsi sulla corsia a ritmi frenetici e con altissima proprietà tecnica. La catena di destra azzurra ha tenuto bene al 60% nella partita di andata, ma il loro imperversare in assolo è stato incensurato dal contropiede a campo aperto, più che da costruzione diretta a difesa schierata, sintomo che il Napoli ha mantenuto bene le distanze nevralgiche tra gli uomini. Anche l'espulsione di Anguissa, arriva da fallo tattico dubbio su Theo per mancato fischio dopo atterramento di Kvara con il blocco squadra propositivo in avanti.
Possibili disequilibratori della partita, gli schemi sulle palle inattive; il Milan ha subito 9 goal in Serie A e uno in Champions da corner e calci piazzati. I marcatori sono bravi a saltare e a svettare di testa, destrutturando i castelli sull'area del portiere. Ma come sempre la scelta di tempo fa la differenza e i corazzieri del Napoli hanno buone possibilità di segnare con questa soluzione.
Napoli che con Osihmen e Kvara a pienissimo regime avrà un potenziale elongativo e tecnico della squadra superiore ai precedenti incontri per muovere i centrali difensivi milanisti, costringendo i mediani a stare più larghi e che ha l'obiettivo di essere paziente, cercare di segnare nella pima mezz'ora e non scoprire mai palla dietro il centrocampo, arma letale del Milan formato trasferta. Le motivazioni e i sogni faranno che la storia della Champions regali al pubblico di tutta Europa una serata con i migliori auspici per vedere spettacolo, dentro e fuori dal campo.
Il futuro del Napoli è ora.