Il Napoli del nuovo allenatore Mazzarri, riprende la propria strada dopo la sosta delle nazionali ingranando bene la marcia, vincendo a Bergamo e solidificando una posizione di vertice, che può e deve ancora migliorare. Soddisfacente e intensa nei significati reconditi, la prima del prode Walter che lascia in dote sensazioni di un nuovo inizio:

  1. MAZZARRISMO 3842 GIORNI DOPO

È un Walter Mazzarri 2.0 con le solite note roche ma delle venature molto più dolci; il tecnico di San Vincenzo che si ripropone alla ribalta partenopea con lo spirito dei sognatori, la serietà dei grandi lavoratori e l'umiltà degli intelligenti è un allenatore ed un personaggio che in un riscatto calcistico concupito da almeno un anno e mezzo, trova nel Napoli campione d'Italia l'habitat di fantasie non del tutto esplorate, in cui tornare a essere protagonista indiscusso della nuova cavalcata che attende gli azzurri, cominciata espugnando Bergamo.

Eppure da quel 19 maggio 2013 sembra esser passata un'eternità più che un decennio, quando a fine partita Mazzarri si auto congedò sostenendo di aver dato tutto e dover rispondere alla necessità di cercare nuovi stimoli, pertanto se è proprio vero che certi amori non finiscono, fanno giri immensi e poi ritornano gli stimoli della seconda parte della propria carriera Mazzarri li ha ritrovati magicamente a Napoli dove li aveva lasciati, riproponendosi con quasi intatto physique du role ed una sana voglia di dimostrare all'ambiente che il suo metodo funziona tuttora, evitando precisamente di lesinare parole giustificative, montare alibi facilmente scardinabili e perseverando in convenzioni senza lo schiribizio di denaturare la squadra.

Per questo che il Mazzarri 2.0 che con un languore di compiacimento ed il gelido sarcasmo che gli appartiene, ammette d’avere un po' di 'tattica nel sangue' è forse davvero il sangue della riscossa, del pioniere delle strategie emergenziali e interventiste sulle squadre a campionato in corso e in questo caso la squadra da rigenerare è il Napoli il suo vecchio, amato Napoli.

  1. LA MALEDIZIONE DEL TERZINO SINISTRO

È proprio dai tempi del Mazzarrifurioso” sul finire del primo ciclo ed a cavallo con il biennio di Benitez, che taluni avvicendamenti semi catastrofici inerenti il ruolo del terzino sinistro non si verificavano con tale perfidia e dopo aver perso Mario Rui destinato a riapparire in campo nel 2024 e aver constatato che Olivera si è autoflagellato un ginocchio attraverso un movimento abnorme e solitario nel bel mezzo del Gewiss Stadium, i fantasmi delle sciagure patite da Zuniga prima e Ghoulam poi, che hanno inevitabilmente segnato il corso della loro carriera, ripiomba come un Incudine sul Napoli scudettato che adesso si troverà nella condizione di approntare soluzioni di estrema ratio, adattando giocatori scomodi sulla fascia sinistra, in attesa che arrivi il mercato di gennaio per capire l'effettiva necessità d’integrare un nuovo specialista del ruolo.

Quella dei laterali mancini bassi, sembra essere una macumba che sulla sinusoide del tempo Napoletano, nei momenti chiave delle stagioni ottunde e neutralizza i titolari di piede sinistro, quasi fosse un Sudoku che mette fuori uso sempre le stesse pedine del Napoli ed in una spirale d’infortuni, costata abbastanza cara, va asserito che spesso la fortuna di non infortunarsi è già di per sé una vittoria.

  1. IL KVARATSKHELIA SACRIFICALE

È una pura gioia condensata nella fredda gelatina di passione, quella che al termine della gara del Gewiss, tra saluti e ringraziamenti, ci consegna il bacio di Kvara a Mazzarri; un gesto inaspettato, per quanto puro e istintivo, che amplia lo spettro di convincimento che Kvara stia ritornando il calciatore decisivo e determinante per il Napoli e che mister Mazzarri abbia instillato in lui motivazioni sopite.

La partita totale dell'esterno sinistro georgiano del Napoli, fomenta un repertorio già visto tante altre volte, aggiungendo in questa occasione molte convergenze verso il centro, acre lotta nei duelli individuali, facendosi spin-off difensivo prim'ancora che arma letale in avanti, ritornando al gol di testa per la prima volta dai tempi del suo esordio a Verona in un vero ritorno di fiamma con i segni del destino, che dovrebbe consacrarlo tra i migliori al mondo. È francamente irrisorio, per incomparabilità di epoche calcistiche, il paragone con il Pocho Lavezzi allenato da Mazzarri nel 2011, ritenuto inorganicamente abilitante a sfiancarsi nelle rincorse verso gli avversari, ecco che questo Kvara così dentro la partita, nella buona e nella cattiva sorte rappresenta un attualissimo modello di top player, su cui immaginare il nuovo orizzonte dei traguardi.

  1. I FUORIGIOCO MISTERIOSI

Non c'è avvincente fascino nei replay proposti e riproposti dall'intelligenza artificiale dalle camere quadrangolari del Var e dalle cabine di regia a commento quasi didattico di una decisione presa dal direttore di gara.

È pur vero che lasciano molta perplessità sia il gol annullato al Rrahmani, così come altri episodi pretestuosi per giungere alle designazioni infauste, come ad esempio l'ammonizione a Natan ed anche il gol di Pasalic, che appariva regolare e che al replay è inequivocabilmente un offside. Ma prima di aspettare un'inquadratura coerente con la dimensione del campo e con l'individuazione dei parametri regolamentari, forse la lega di Serie A dovrebbe adottare strumenti di maggior immediatezza e chiarezza, specie per non insinuare nella mente dello spettatore che gli episodi d'apparente irregolarità di gioco siano da ritenersi dubbi in ogni caso.

  1. IL DADO NON È TRATTO

C'è veramente tanto da ricostruire nel Napoli smembrato da Rudi Garcia e toccherà all'allenatore di San Vincenzo, che ben conosce la piazza di Napoli, rimodulare non tanto lo schema formale 4-3-3, ma adottare diversivi di gioco dinamici, da arricchire e variare in uno spartito che nel primo tempo di Bergamo è parso non più steccato da un unico raggio d'azione, bensì molto omogeneo e fruttuoso, elasticizzando ampiezza e verticalità.

Ma al di là delle partite ad altissimo coefficiente di difficoltà che attendono il Napoli in questo periodo, quello che spetta a Mazzarri adesso è trovare una quadratura d'insieme che vada oltre alle giocate associative e automatizzate dei titolari in campo, editando la formazione con soluzioni a sorpresa, tentando di proporre un gioco sempre votato all'attacco e mai sparagnino, così come questa squadra ha dimostrato di non saper fare; pertanto non c'è una decisione da prendere che possa essere ritenuta più valida di altre nell'ambito di una scelta degl'uomini, ma c'è sicuramente una conquista di nuovi ideali di gioco da conseguire ed applicare in ogni partita.

  1. ELMAS IL RAPINA GOAL

Così come nel 5 novembre 2022, Elmas sullo scadere del primo tempo aveva inferto un colpo letale all'Atalanta, risultato poi decisivo, nella versione dell'anno corrente riesce a essere ancor più mortifero nei confronti della Dea ed a registrare un bellissimo colpo da biliardo al canovaccio della partita, in un'operazione di subentro molto efficace, forse anche prevista da Mazzarri sfruttando appieno la riconquistata alta e il lucido altruismo.

Con Osimhen a fare da sparring partner, solitamente utile nel suo solito slancio vitale per favorire il compagno, ancora una volta il macedone si dimostra uomo squadra, leader tecnico, giocatore capace di incidere in corsa e risorsa  preziosa a tutti i livelli per incrementare il potenziale tecnico, che la squadra specie a partita già iniziata, necessita per ritrarsi e sguinzagliarsi meglio in avanti, aggiungendo controllo al dominio della palla e ragionamento dentro gl’ingorghi avversari, per sfociare in occasioni da goal.

  1. LE FASCE VULNERABILI

Dentro una partita giocata per sommi capi in maniera intelligente e vigorosa, affrontando l'Atalanta sul proprio terreno con le loro armi, vige, nell'arrembaggio bergamasco dei secondi 45 minuti con discreto costrutto, la soccombenza sulle corsie del Napoli, spesso  attirato in una trappola dalla mediana di Gasperini, che ad esagono, propone sempre l'esterno a campo libero e con grande prestanza fisica è riuscita, sia a sinistra che a destra con Ruggeri e Hateboer sull'altro versante, ad incidere o procurarsi occasioni per fare gol.

Essendo questa una delle caratteristiche peculiari dei nerazzurri da cui aspettarsi molto, è pur vero che il Napoli per almeno 30 minuti è stato incapace d’arginare il flusso scorrevole verso l'area di rigore, refertando un elemento su cui lavorare per blindarsi dall'esterno verso l'interno nei capovolgimenti di fronte durante il corso delle prossime partite, contro esterni altrettanto se non più forti.

  1. BERGAMASCHI ODIATORI SERIALI

È un découpage riempito di squallida violenza morale e verbale quella che costantemente - e di cui la cronaca è piena - Napoli e napoletani si trovano a dover sorbire ogni qualvolta sono ospiti in molti stadi d'Italia. Ancora una volta Bergamo purtroppo si conferma una piazza con esponenti di parte che rabbiosamente invisano i napoletani, spergiurando all'odio e alla violenza.

Campagne quasi feudali a favore dei diritti delle donne (universali) che non avrebbero certo la necessità di essere rimarcati in società ogniglobasive, giuste e d'irreprensibili principi etici e costituzionali, vengono propagandate ovunque, ma quella della discriminazione territoriale ormai troppo manifesta e in alcuni casi succulenta per sfogare istinti di sopraffazione delle tifoserie come quella Atalantina contro il popolo partenopeo, sarebbe a parere nostro altrettanto da interrogazione parlamentare.

  1. OSIMHEN CON LA CAMICIA DI FORZA

Finalmente Osimhen è tornato e tra non molto sarà anche quello vero, che riversa l'anima in campo, che si sforza di essere protagonista, domina il gioco aereo e fa assist come a Bergamo, (farà i gol) e per quello che può contare anche dei post celebrativi sui social networks a conferma di una ritrovata armonia da parte sua e del suo entourage con il Napoli di cui quest'anno è inevitabilmente il primissimo condottiero.

https://www.youtube.com/live/D87x275Ua_4?si=VbOWv1ps6PUtl8kK
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La mezz'oretta in cui sta in campo come un leone in gabbia, lo vede dimenarsi e divincolarsi nei modi più consoni possibili per trainare la squadra verso l'attacco, pur denotando imballamento ed ancora un minimo di rigidità nelle movenze, che appena disimbrigliate restituiranno al Napoli uno degli attaccanti più forti in circolazione.

  1. L'INFLUSSO APOTROPAICO DI GARCIA

Il passato quando è brutto è pur sempre una ferita aperta. L’esperienza mortificante di Garcia ha segnato in maniera infingarda il percorso della stagione di una squadra che tante ambizioni doveva puntare, quanto le oscuranti escogitazioni di un tecnico come mai inadatto ad allenare un gruppo in evoluzione, ha precluso.

La seppur breve traversata del Francese all'ombra del Vesuvio, si è rivelata essere la sommatoria di episodi dentro e fuori dal campo quasi offensivi per la tifoseria, per gli appassionati e forse anche per i giocatori stessi, che per quanto non volessero screditare l'ex tecnico dell'Al-Nassr, sono stati risucchiati in un vortice di influssi negativi da cui svuotarsi con questo nuovo corso fino a fine stagione.

Dichiarazioni e prospettive annebbiate da intrighi mal celati, che neanche la classifica, i premi e gli avvaloramenti potevano giustificare più di una distonia con la guida tecnica, rivestita da colui che di Napoli non aveva neanche colto l'essenza.


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