L’eliminazione dalla Coppa Italia ad opera della modesta Cremonese ha lasciato più di qualche strascico nell’ambiente partenopeo. Non si può negare che sia stata una sconfitta di quelle per le quali siano serviti molti più dei canonici cinque minuti per far sbollentare la rabbia e ancora adesso, a distanza di un giorno, si fatica a mandar giù l’amaro boccone di una mancata qualificazione ampiamente alla portata. Questa edizione aveva già riservato sorprese, come il Parma che ha sfiorato la giant killing contro l’Inter e il Genoa che ha creato più di qualche grattacapo alla Roma, ma ciò che è successo martedì al Maradona va oltre il proverbiale passo falso che accompagna una stagione.

Napoli-Cremonese: dove nasce il problema?

Molti hanno criticato, giustamente, la direzione di gara dell’arbitro o l’eccessivo turn over applicato dal Mister Spalletti che, Meret a parte, ha rivoltato la squadra come un calzino, mandando in campo un inedito undici. Tutte osservazioni comprensibili, ma che non ho intenzione di toccare per soffermarmi su un altro aspetto poco discusso: Spalletti è stato tradito dai titolari.

Molti hanno fatto un parallelismo col pareggio interno di inizio stagione col Lecce, imputando al tecnico di Certaldo un eccessivo utilizzo delle rotazioni e il fatto di aver mandato in campo una squadra sperimentale, con più di un esordio dal primo minuto. Tutto vero, ma a molti è sfuggito un particolare che smonta di colpo il teorema proposto e cioè che fino al triplice cambio che ha visto entrare in scena i titolari – il Mister ci scuserà l’utilizzo del termine - il Napoli era in vantaggio per due a uno, al netto delle difficoltà patite in campo, dopo oltre un’ora di gioco.

Le statistiche del secondo tempo ci dicono che il Napoli ha effettivamente mantenuto un ampio possesso e concesso un unico tiro alla Cremonese, quello del pareggio di Afena-Gyan, ma dicono anche che la tabella tiri in porta segna un inaccettabile zero. E nella ripresa gli azzurri sfruttavano tutti i cambi a disposizione, chiudendo i tempi regolamentari con in campo Politano, Anguissa, Lobotka, Kim e Zielinski.

Le seconde linee fanno, i titolari disfanno

Quindi il vero quesito da porsi è quanto abbia pesato l’errore di Bereszynski sul gol o la serata infausta dell’arbitro Ferrieri Caputi, rispetto al fatto che la squadra non sia stata in grado, non di difendere il vantaggio, ma di chiudere la partita contro un avversario più debole e sfiduciato dall’ uno-due col quale Juan Jesus e Simeone avevano risposto all’iniziale svantaggio. Possibile che una squadra come quella azzurra, capace pochi giorni prima di rifilare cinque gol alla seconda in classifica, non sia in grado per un intero tempo di gioco di centrare la porta del pur bravo Carnesecchi? Possibile che l’ingresso in campo di quei giocatori capaci di spettacolari imprese in campionato e Champions, abbia di fatto reso sterile la squadra al cospetto di un avversario che ad oggi non ha ancora ottenuto una vittoria nei novanta minuti?

Mi chiedo se sia giusto, nei confronti di chi ha deciso di sacrificare una tranquilla serata in famiglia per assistere alla partita sotto una pioggia battente, vedere uno Zielinski talmente svogliato da renderci conto della sua presenza solo durante la lotteria dei rigori o un Anguissa che su un campo ormai ai limiti della praticabilità si esibiva in inutili colpi tacco quando il match imponeva l’uso della spada piuttosto che del fioretto.

Nei supplementari la squadra ha provato a riprendere in mano le sorti della qualificazione, andando a scontrarsi col doppio palo del Cholito e quei centimetri di troppo che hanno visto il colpo di testa di Victor sfiorare il palo di un Carnesecchi immobile e ormai rassegnato al peggio. Ma il Dio del calcio evidentemente aveva scelto un altro epilogo e non ha inteso premiare chi aveva calcato il sacro rettangolo verde con presunzione e supponenza.

Coppa amara

Il Napoli abbandona la prima competizione in stagione non per l’errore di un singolo o perché non si è visto assegnare un rigore, ma perché ha commesso l’errore che una squadra di professionisti non dovrebbe mai commettere: sottovalutare l’avversario. Un errore che oggi ci punisce più di quanto non lo dicano i numeri, ma che deve essere di lezione per le prossime sfide e ricordarci che nel calcio non esistono partite facili, ma siamo noi, con la nostra attitudine in campo, a renderle tali. Sabato gli azzurri avranno la possibilità di dimostrare di essere in grado di incassare il colpo e restituirlo con gli interessi, colpendo dove fa più male e mandando al tappeto le speranze di chi crede alla rimonta.