De Laurentiis regala Conte a Napoli
Antonio Conte è l'ennesima opportunità concessa dal patron Aurelio De Laurentiis al popolo azzurro. L'opportunità di riscattarsi dalla condizione di sudditanza nei confronti del settentrione. Una condizione non solo economica, ma soprattutto socio-culturale, che affonda le sue radici nell'inganno. Quella di una occupazione mascherata da unità nazionale.
Eppure per decenni quello stesso popolo, vessato, umiliato, mortifcato dal giogo nordista, è stato vittima e allo stesso tempo il proprio carnefice. Capace di logorarsi in una continua lotta intestina. Il dispotico espediente di chi ha deciso di porre un freno al magmatico orgoglio partenopeo, fomentando discordie e provocando rivalità. Artificio che trova anche nel calcio terreno fertile, con la tifoseria azzurra vero e proprio cavallo di Troia a castrare dall'interno le ambizioni del club azzurro.
Ed è così che dopo brevi sussulti di giubilo, si finisce sempre per passare all'invettiva. All'offesa di figure professionali di altissimo livello. E lo si fa in maniera vile. Non ci riferiamo all'ormai atavica contrapposizione tra una parte del tifo e la dirigenza azzurra. Anche se sarebbe il caso di indicare nel solo Aurelio De Laurentiis l'obiettivo di tanto livore. Perchè Rafa Benitez si trasforma nel "chiattone", mentre Carlo Ancelotti in un "pensionato" venuto a Napoli per sistemare figli e parenti. A proposito, come non complementarsi con Re Carlo, per la sua quinta Champions da allenatore.
La possibilità di spingere Napoli oltre la visione provinciale che ci è stata cucita addosso, svilita da una sguaiata supponenza. L'ambizione che tramuta e si veste di diritto. L'arrogante pretesa di una piazza dai poveri trascorsi, convinta che non ci sia niente di meno della vittoria.
L'ormai imminente arrivo di Antonio Conte alle pendici del Vesuvio segue lo stesso schema. Mesi a farci credere che lo scudetto sia frutto del caso e non la naturale conseguenza di anni ai vertici. L'ultima balorda annata che diventa regola e non la più classica delle eccezioni. L'inizio della fine. E poi chi vorrà mai avere a che fare con il presidente? Figuriamoci se proprio Antonio Conte.
"Il salentino aspetta una chiamata dai rossoneri. Mai potrebbe accettare un club sull'orlo del precipizio": Addirittura qualcuno si è spinto a valutazioni di natura economica. Col club azzurro incapace di sostenere le ambizioni del tecnico senza gli introiti della Champions.
E quando tutte queste teorie hanno iniziato a cedere, come castelli di carta al vento. Quando la voglia di mettersi in gioco del mister ha deciso di sposare le rinnovate ambizioni del club. In quel preciso momento qualcuno ha deciso di abbandonare il vecchio spartito e raccontare una nuova storia. Quella di un allenatore senza alternative. Prendere o lasciare insomma. E poi certi matrimoni sono destinati a finire. L'idillio sarà breve e lascerà solo macerie lungo il suo cammino.
Ma la cosa veramente triste non è questo patetico schemino. Se così fosse ci si potrebbe ridere su. Quello che fa male è che in soccorso agli uccelli del malaugurio, quelli che spingono affinchè Napoli sia provincia, soltanto ai margini dell'elite del calcio italiano, arriveranno gli stessi supporters azzurri o comunque una partedi ssi. Di sicuro quelli più rumorosi. Quelli convinti che essere esigenti oltre ogni limite sia una virtù. I competenti. Quelli della Panda. Dei tre pacchetti di Kim a 10€. Delle contestazioni mentre la squadra lavorava per costruire il suo miracolo sportivo.
E magari chissà, Conte non sarà altro che il gobbo con la parrucca. Perchè qui a Napoli siamo fini conoscitori della materia. Sapienti maestri dell'arte del pallone. Ma soprattutto furbi. Svegli. E quanno 'te faje 'e napulitane.