C'era da aspettarselo. Niente divide il tifo azzurro quanto la spasmodica ossessione di fare i conti in tasca al Presidente Aurelio De Laurentiis. Un tema sempre attuale e che lo ha accompagnato sin dal primo giorno, quando rilevò dalla curatela fallimentare di Napoli una società ormai ridotta a semplice foglio di carta.

Sono passati poco più di 19 anni da quel 5 settembre, giorni tremendi per chi li ha vissuti. L'incertezza che scandiva ogni minuto, la paura di vedere i propri colori cancellati dalla cartina del pallone, la disperazione che spingeva ad aggrapparsi a chiunque avesse potuto risollevare le sorti della squadra del cuore.

Se quel giorno qualcuno ci avesse detto che in meno di quattro lustri il Napoli sarebbe diventato Campione d'Italia, arricchendo la propria bacheca di altre tre Coppa Italia e una Supercoppa, che avremmo partecipato stabilmente alle competizioni europee, probabilmente lo avremmo preso per pazzo. Quel “pazzo” ha un nome e un cognome: Aurelio De Laurentiis.

Quando si presentò alla platea azzurra capimmo subito di trovarci di fronte ad un uomo eccentrico. Ci aveva appena raccolti dall'oblio, privo di qualsiasi nozione sul come si amministrasse una squadra di calcio, ma già si percepiva quanto chiara fosse la sua visione.

E mentre i tifosi si interrogavano su chi sarebbe stato l'allenatore, quali i calciatori, lui parlava di step. Piani quinquennali che ci avrebbero portato non solo a ricalcare i campi di Serie A, ma a vincere. La maggioranza era scettica, felice per lo scampato pericolo, ma scettica. E poi uno che arriva dal cinema e parla di gestire una club di calcio come fosse un'azienda dove mai potrà arrivare?

Perdonerete il preambolo, ma chi ha ancora vivi nella mente e nel cuore certi momenti finisce spesso per inciampare nel passato. Specie dopo uno scudetto atteso 33 anni. Specie alla vigilia di una sfida al Bernabeu.

Ma oggi il tema d'attualità è il bilancio del Napoli. Bilancio capolavoro chiuso in positivo di circa 80 milioni di euro. Quindi oggi la città, come al solito, ha deciso di dividersi tra chi festeggia per il risultato finanziario e chi contesta.

Diciamo subito che lo scopo di questo articolo non è quello di sposare uno dei due movimenti, ma volendo fare un discorso puramente di convenienza, si potrebbe tranquillamente dire che è sempre meglio che la propria squadra del cuore abbia i conti in ordine. Se non altro questo ti permette di avere quella stabilità economica indispensabile nel calcio moderno per mantenerti ad alti livelli. Un club in attivo può permettersi di rinunciare alle cessioni dei suoi calciatori se non alle proprie condizioni. Non è ricattabile.

Pensiamo ad esempio a quelle squadre consapevoli che nel prossimo mercato saranno costrette a generare plusvalenza per rientrare nei parametri. E quanto questo incida sulla programmazione e quindi le possibilità di restare competitivi.

Quindi penso si possa essere tutti d'accordo che, potendo scegliere, si dovrebbe sempre preferire il segno più al meno.

Qualcuno potrebbe dire che si poteva investire questo utile per migliorare la squadra e renderla più forte. Un ragionamento comprensibile per un tifoso, ma gestire un'azienda (perchè è di questo che si parla) implica anche altre valutazioni. Il COVID ci ha insegnato quanto sia volatile l'economia globale, mettendo in ginocchio interi settori e, limitandoci al calcio, costringendo club di fama mondiale a taroccare i propri libri contabili per tenersi a galla.

Il Napoli arrivava da due tremendi rossi, con circa 111 milioni di accantonamenti bruciati e la necessità quindi di restituire liquidità ad un club, ricordiamolo sempre, che non ha alle spalle multinazionali, fondi di investimento o sceicchi pronti a metter mano al portafoglio. De Laurentiis è un ottimo imprenditore, ma con risorse limitate. Risorse che lo tengono fuori dalla top10 dei presidenti di calcio più ricchi in Italia. Marco Squinzi, presidente del Sassuolo e AD della Mapei, possiede un patrimonio personale 20 volte superiore a quello del patron azzurro e in questa classifica è solo settimo. Tanto per capirci.

Trovate sia un peccato inaccettabile, date queste doverose premesse, la volontà di crearsi una riserva (qualcuno lo chiama tesoretto) che tenga il club al riparo e non dipendente esclusivamente dalla partecipazione alla Champions?

Non vi abbiamo ancora convinti vero? Si lo so, state pensando che in 19 anni non abbiamo ancora un centro sportivo o lo stadio di proprietà. E qui ritorniamo al punto precedente. Abbiamo stabilito che De Laurentiis ha disponibilità limitate e per questo bisogna accantonare parte degli utili a riserva, quindi come investire il resto? Anche qui, volendo ragionare da tifosi, preferiamo avere in squadra gli Osimhen e Kvaratskhelia o distrarre risorse per costruire un centro sportivo? Se chiedessimo ai tifosi della Fiorentina di rinunciare al Viola Park per riavere in rosa i Vlahovic e Chiesa cosa risponderebbero? A nostro avviso non esiste una risposta giusta e quindi nemmeno quella sbagliata. Esistono scelte, quelle che spingono un club a dar maggior peso al risultato sportivo, come traino per incrementare i propri ricavi e mantenere un determinato standard di competitività. E club che puntano ai beni immobili per far crescere il proprio valore. Perchè un centro sportivo di proprietà da lustro, rappresenta un valore, ma non aggiunge nulla dal punto di vista dei risultati. Nulla che non possa essere ottenuto allenandosi al Konami Center.

E arriviamo ai compensi per il CDA. Pensavate ce ne fossimo dimenticati? Stabiliamo prima di tutto un fatto e cioè che nessuno lavora per la gloria. Anche nelle no-profit i dipendenti ricevono uno stipendio, figuriamoci in una società privata. In questo bilancio l'intero CDA, composto dall'amministratore Chiavelli, il Presidente e alcuni membri della famiglia operanti in società, ha ricevuto un compenso pari a 2,5 milioni di euro. Parliamo del 3% rispetto all'utile generato. Possiamo considerare normale che la proprietà e i suoi collaboratori vengano “ricompensati” a fronte di un risultato sportivo e finanziario eccellente? Pensiamo sia inutile, data la banalità della domanda, dare una risposta al quesito.

Lo sappiamo, non siamo riusciti a scalfire il vostro giudizio. Continuerete a credere che ci sia qualcosa di sbagliato in chi fa impresa e guadagna amministrando il Napoli. Continuerete a credere di essere in possesso delle capacità per gestire la società meglio di come avviene oggi e disponibili anche a farlo gratuitamente. E nostro malgrado ci ritroveremo ogni anno a dover scrivere articoli sull'argomento. Un po' per presunzione. Quella di aprire gli occhi a chi punta il dito per partito preso. Un po' perché speriamo che i conti del Napoli siano sempre in positivo. Non per De Laurentiis, ma perché siamo tifosi e siamo egoisti.