C'è una immagine che sta facendo il giro del web in questi giorni. Lionel Messi e Kvicha Kvaratskhelia che depositano sulla tomba di Maradona i due trofei simbolo del Pibe: la coppa del mondo e lo scudetto. Sulla lapide, in alto, due sciarpe. Una della nazionale Argentina, l'altra del Napoli.

Dopo la morte di Maradona, avvenuta il 25 Novembre 2020, l'Argentina prima conquista la Coppa America, e dopo un anno, a Dicembre 2022, sale sul tetto del mondo trascinata da uno straripante Messi, autore di prestazioni incredibili e di una doppietta in finale (più il rigore segnato nella lotteria contro la Francia). Dopo cinque mesi, e cioè Maggio 2023, il Napoli si laurea Campione d'Italia per la terza volta nella sua storia.

L'Argentina non vinceva il mondiale dal 1986, quando proprio il 10 per eccellenza dimostrò al mondo di essere il più grande calciatore, ma in generale sportivo, di ogni tempo. Lo Scudetto a Napoli mancava dal 1990, sempre con protagonista Maradona, autentico trascinatore del club partenopeo.

Come se dal quel freddo pomeriggio del 25 Novembre qualcosa fosse cambiato nel destino di due popoli, così lontani ma così simili. Come se giorni e giorni ininterrotti di pianti e lacrime avessero definitivamente cacciato via quella sorta di paura, di peso, di dimostrazione, di pensiero verso quella figura tanto geniale quanto pesante.

Del resto, se qualcuno avesse voluto provare a dipingere la Cappella Sistina dopo Michelangelo, avrebbe dovuto sempre fare i conti col Buonarroti. O meglio, avrebbe sempre trovato sul proprio cammino un nome troppo ingombrante per dipingere con assoluta tranquillità.

La personalità di Maradona probabilmente era troppo pesante da poter eguagliare, o almeno provarci, da viva. Ci si scontrava sempre col suo nome. Come fosse un muro alto quanto un grattacielo. Basti pensare a Messi, che in carriera aveva vinto ogni cosa ma gli mancava il trofeo più importante. Come a Napoli, tanti grandi giocatori, anche entrati nel cuore dei tifosi, ma mai nessuno che avesse riportato sotto il Vesuvio lo scudetto.
Maradona era il vallo di Adriano con cui i romani dovettero fare i conti, dopo che conquistarono tutto il mondo conosciuto.

L'affermazione "ho visto Maradona" era per chi è venuto dopo di lui un macigno, un eterno esame, una continua prova. Che, ad un certo punto, ti stritola e non ti dà scampo. È l'animo umano, ci sta poco da fare.

E puoi chiamarti anche Lionel Messi ed essere il più grande calciatore degli ultimi vent’anni e tra i migliori di sempre, non fa differenza. Ti annebbia e ti annienta. Non puoi guardare in alto nei momenti duri, non puoi pregare. Perché Maradona non l'ha fatto. Lui ci è riuscito perché il talento donato era volere di Dio.

Ma proprio da quel 25 Novembre 2020 la storia è cambiata. Maradona non è più umano. Anche se di umano ha sempre avuto poco. Ma era lì, lo potevi vedere, lo avvertivi. Lo toccavi. Dal quel giorno non più. Da quel giorno potevi rivolgere la testa al cielo per chiedergli qualcosa. Proprio come si fa con Dio. Tipo quando Montiel, onesto calciatore argentino, si avviò ad andare a calciare l'ultimo rigore della finale mondiale. Messi non guardava il campo ma il cielo. Ed invocò Maradona.

Così come a Napoli su quasi tutte le bandiere, striscioni, cori. Maradona c'è sempre. A matematica acquisita, in modo del tutto naturale allo stadio gremito partí il coro per lui. Napoli ha pensato a Maradona anche quando ha vinto senza Maradona. Come gli argentini che invasero Buenos Aires al triplice fischio contro la Francia erano pieni di immagini di Diego. Ma è un pensiero diverso da prima. Ora le menti sono libere, Maradona è sereno. E se è sereno Lui, sono sereni tutti.

È la potenza inaudita di Diego Armando Maradona. Che ha fatto la differenza da vivo e pure da morto. Come solo i geni assoluti sanno fare. Perché il lascito della morte di Maradona è stato quello di poter andare a vincere. Perché Diego non è più quel muro alto quanto un grattacielo. Diego non è più il Vallo di Adriano.

Ora Diego non è più "ho visto Maradona", ma "ho pregato Maradona". Ora Maradona è un fantasma positivo. Perché prima arrivavi dalle sue parti e ti fermavi. Ora ci si passa attraverso. Proprio come si fa con i fantasmi.