Il tripudio generatosi in città per essere stati accoppiati al Milan nei quarti di Champions mi dà molto a pensare. E non lo dico per un senso di riverenza nei confronti del palmares rossonero e nemmeno per quel DNA europeo di cui il Milan, a cotanta ragione, si vanta, ma perché la storia di questa competizione ci ha insegnato che nelle sfide ad eliminazione diretta essere considerati i favoriti lascia il tempo che trova.

Non saranno certo i 20 punti di differenza in campionato a darci un vantaggio, perché se la continuità mostrata nell’arco della stagione ha dimostrato che è il Napoli la squadra migliore, nei 180 minuti di questa doppia sfida entreranno in gioco una serie di variabili che finiranno per livellare i valori in campo, fino a poter rendere tutt’altro che scontato il risultato.

Non dirò che quello con un’italiana è il peggior sorteggio che potesse capitarci, ma essere proiettati già verso la finale di Istanbul lo ritengo un atteggiamento immaturo, di chi non ha il giusto carico d’esperienza sulle proprie spalle o peggio ancora di chi non ha a cuore le sorti del Napoli e prova, in maniera subdola, a caricarci di responsabilità, trasformando in ordinario, dovuto, scontato, ciò che rappresenterebbe un evento ai limiti dell’irripetibile per una squadra come la nostra.

E’ stato lo stesso Spalletti a predicare calma, chiedendo di evitare quei facili entusiasmi che in campo finiscono per tradursi in tensione, andando di fatto a complicare le partite. È pur vero che il suo ruolo impone certe dichiarazioni, sia per una questione di sano rispetto nei confronti dell’avversario, ma soprattutto per dare valore e merito al suo lavoro e a quello della squadra, perché è difficile restare insensibili a quanto sta accadendo in città, con una parte della tifoseria che si sente già appagata dal primato in classifica, tanto da non sentirsi sazia, ma addirittura ingorda, al punto da pretendere la gran finale.

Mi chiedo: cosa si sarebbe detto se ci fossimo trovati dall’altra parte del tabellone contro un’avversaria più blasonata? Ci saremmo dovuti sentire già sconfitti perché il Manchester City o il Bayern oltre a godere del favore dei pronostici hanno una rosa migliore?Assolutamente no, avremmo detto che si parte dallo 0-0 e che in 180 minuti può succedere di tutto e allora perché adesso che il sorteggio dice Milan ostentiamo tanta sicurezza? Un atteggiamento che esula dal modo in cui negli anni abbiamo accompagnato e sostenuto le sorti della nostra squadra del cuore, quindi se qualcuno si sente colpito dalle parole del mister, che ha definito incompetenti quelli che parlavano di buon sorteggio, colga l’occasione per un’attenta e sana riflessione.

Ecco che ritorniamo al principio, alla capacità perduta dai napoletani di rallegrarsi e vivere il momento, ma l’ossessiva esigenza di proiettarsi sempre oltre, convinti sia questa l’attitudine di chi vuol forgiare una mentalità “vincente”, allontanandosi dal godere della bellezza del percorso perché offuscati da un malsano desiderio di raggiungere la meta.

Abbiamo dimenticato come si ama e a forza di ascoltare chi voleva nascondere le proprie malefatte, associando le mancate vittorie ad una carenza di indole vincente, parafrasando il nostro Luciano De Crescenzo, abbiamo somatizzato un senso di inadeguatezza che ci ha spinti a diventare uomini di libertà. Eppure, eravamo stati messi in guardia dall’essere pieni di certezze, ma di preferire sempre il dubbio, l’incertezza, il mistero che si cela dietro ogni cosa.

Il 12 aprile non è lontano e spero che per quel giorno l’istinto del popolo napoletano prevalga sulla sterile presunzione di tramutare il nostro motto da “cca nisciuno è fesso” a “i fessi sono in esuberanza”, come ci ha insegnato il grande Totò.