Esiste ancora l’epica nel calcio? Esiste, in un momento in cui siamo ormai sommersi di dati, di statistiche avanzate e dettami tattici sempre più maniacali e meticolosi spazio per gesta casuali, che nascono in maniera estemporanea, ma che restano scolpite per sempre nella memoria collettiva? In altre parole: esiste ancora lo spazio per l’impresa, singola e collettiva, oggi che il calcio è diventato inevitabilmente uno sport complesso? Checché ne dicano i laudatores temporis acti, in generale, possiamo rispondere che sì, sicuramente oggi esiste ancora l’epica nel calcio.

E su tutti è valido l’esempio dell’Argentina di Scaloni, trascinata fino alla vittoria del Mondiale dalla rabbia di Leo Messi e dalla grande tenacia dei suoi compagni. Così come si può parlare dello spettacolare dramma vissuto nella passata stagione da Arsenal e Borussia Dortmund, eterne seconde arrivate ad un passo dallo sfilare il titolo dalle mani di avversarie tanto forti da sembrare persino arroganti. Potremmo parlare di impresa sfiorata, in questi casi, ma la dimensione del tragico rende le due vicende immensamente epiche.

Però, siccome anche noi siamo un po’ nostalgici, a Napoli in questo momento viviamo l’assenza dell’épos calcistico: tra la vittoria schiacciante della scorsa annata e la depressione di quella in corso, forse alla piazza (e lo sottolineiamo: alla piazza) serve un’iniezione di eroismo. E allora quando parliamo di Walter Mazzarri ci torna alla mente un tempo in cui gli azzurri erano ancora in grado di compiere gesta memorabili. Una squadra operaia, che ad eccezione di pochi fuoriclasse non aveva chissà che valore tecnico, capace di fare tremare i polsi alle grandi signore d’Italia e d’Europa. Un Napoli garibaldino, capace di far sognare ben al di sopra delle proprie possibilità.

Walter Mazzarri, il fulmine che scosse la stagione 2009-10 del Napoli

Tutto è cominciato il 6 ottobre 2009 quando, per sostituire l’esonerato Roberto Donadoni, Aurelio De Laurentiis annuncia Walter Mazzarri come nuova guida della squadra. La doppietta di Totti all’Olimpico, che aveva ribaltato l’iniziale vantaggio di Lavezzi, aveva convinto definitivamente il patron azzurro a separarsi dall’ex CT della Nazionale.

Lo score di 2 vittorie, 4 sconfitte e 1 pareggio in sole 7 partite, infatti, rappresentava un bottino fin troppo magro per una squadra che, giusto l’estate, prima era stata presentata in pompa magna sulla Costa Concordia, con tanto di arrivo dei giocatori tramite elicotteri e scialuppe e la pubblicazione del nuovo inno, Si’ stato tu, commissionato da De Laurentiis in persona ad Eduardo Bennato (una bruttezza da repertorio che, chi vuole, può ancora trovare sulla rete).

E poi, soprattutto, c’erano stati gli acquisti di Fabio Quagliarella, Luca Cigarini, Hugo Campagnaro, Juan Camilo Zuniga, Morgan De Sanctis ed Erwin Hoffer (proprio lui: la "Freccia di Baden"). Un mix ambizioso di nomi d’esperienza e di giovani di belle speranze come non si era mai visto dal ritorno in Serie A. C’era, dunque, da rimettere insieme i cocci e ripartire e, da questo punto di vista e l’ex allenatore della Sampdoria, che due stagioni prima aveva ottenuto con i blucerchiati la qualificazione in Coppa UEFA, era l’uomo giusto. E, da questo punto di vista, la cura Mazzarri ebbe un effetto immediato: all’esordio col Bologna, il 7 ottobre, Quagliarella e Maggio ribaltarono in extremis l’iniziale vantaggio di Adaìlton. Poi arrivò il successo esterno a Firenze, ancora con gol di Maggio, che fece un inchino ironico sotto il settore ospiti chiuso.

Da quel momento, arrivò la definitiva consacrazione di Mazzarri con due delle rimonte più iconiche che si ricordi nella storia recente del Napoli: il 2-2 col Milan alla 10ª giornata di campionato e (i rossoneri già al 5’ erano avanti due gol grazie alle reti di Inzaghi e Pato, ma poi gli azzurri nel forcing finale riuscirono a riagganciare il match con la strepitosa volée di Cigarini al 90’ e col colpo di testa di Denis al 93’) il 2-3 nel turno successivo con la Juventus, quando la doppietta di Hamsik e la rete di Datolo ribaltarono tra il 59’ e 82’ il doppio vantaggio di Trezeguet e Giovinco.

Nella notte di Halloween 2009, all’Olimpico di Torino gli azzurri ruppero un tabù, quello della vittoria esterna i bianconeri, che durava da ventuno anni. Quelle col Milan e Juve sono state le partite che, senza ombra di dubbio, hanno rappresentato il picco emotivo della stagione 2009-10, che vedrà poi il Napoli piazzarsi al sesto posto grazie a 59 punti totalizzati a seguito di 15 vittorie, 14 pareggi e 9 sconfitte. Si tornò, dunque, in Europa trascinati dalle rimonte (ben 10 quell’anno). Un ulteriore dato confortante fu il ritorno in doppia cifra in campionato dei marcatori azzurri, nello specifico Marek Hamsik (12 gol) e Fabio Quagliarella (11).

La stagione 2010-11: Cavani porta il Napoli di Mazzarri nell’Europa che conta

L’estate 2010 è, forse, uno dei principali tornanti della storia recente del Napoli: Fabio Quagliarella, nuovo profeta in patria della piazza, a sorpresa decise di lasciare gli azzurri (solo anni dopo si scoprì che l’addio fu una scelta obbligata a causa di un brutto caso di stalking di cui Quagliarella era vittima) e fu ceduto alla Juventus in prestito con diritto di riscatto per un totale di 15 milioni di euro, grazie ai quali De Laurentiis poté acquistare dal Palermo Edinson Cavani. Colpita com’era dallo shock e dalla rabbia per Quagliarella a Torino, la tifoseria lì per lì non si rese conto di avere tra le mani un giovane talento che, tra le mani di Mazzarri, era pronto ad esplodere definitivamente.

E proprio il bomber uruguagio inaugurò la stagione dei partenopei con un gol fantasma all’Artemio Franchi di Firenze, aprendo le danze alla prima giornata di campionato (il Napoli poi fu riacciuffato da un bellissimo gol di D’Agostino, il cui nome è legato a uno dei principali tormentoni di calciomercato di quegli anni). Nonostante il solito cammino altalenante in campionato, fatto di grandi prestazioni contro le big e di tonfi deludenti contro le provinciali, si vede che i ragazzi di mister Mazzarri hanno alzato il livello: non solo la rosa era finalmente più profonda e competitiva, ma c’era finalmente un centravanti fuoriclasse che aveva risolto la cronica prodigalità (chiamiamola così) degli azzurri in zona gol. Non a caso, infatti, per buona parte della campionato il Napoli contese lo Scudetto a Milan e Inter, prima di gettare la spugna in primavera.

Insomma, la squadra disputò un’annata esaltante, per certi versi in maniera inaspettata, ma a seguito della quale finì al terzo posto con 70 punti (record da quando la vittoria vale +3 in classifica) e tornando per la prima volta nell’Europa che conta dai tempi di Maradona. È l’anno in cui Cavani, 33 gol in tutte le competizioni, diventa l’idolo assoluto della tifoseria grazie al gol al 93’ nell’1-0 col Lecce, alle triplette nel 3-0 contro la Juventus, nel 4-0 alla Sampdoria e nel 4-3 con la Lazio (partita al cardiopalma, una delle più belle che si ricordi del Napoli di Mazzarri) e alla doppietta nello 0-2 contro la Roma.

Ma è anche l’anno in cui si afferma definitivamente nella memoria collettiva l’iconografia di Mazzarri senza giacca: “A Napoli si dice non è vero, ma ci credo. Una volta mi tolsi la giacca perché avevo caldo e abbiamo vinto. Contro il Lecce ho provato l’ultima carta e mi sono tolto la giacca e abbiamo vinto”, spiegò poi a Controcampo. Quasi un novello Oronzo Pugliese che si sbatte, sbraita a bordocampo, fa gesti scaramantici e si rivolge agli arbitri picchiettando platealmente l’indice sull’orologio da polso. Insomma, un allenatore che aveva conquistato e che, ricordiamo, aveva fatto discretamente bene anche in Europa League: il Napoli superò un girone pazzo (ricordate i pirotecnici 3-3 di Bucarest e Utrecht e il dolceamaro 3-1 di Anfield Road contro il Liverpool?) e dovette fermarsi ai Sedicesimi contro il bel Villarreal di Nilmar e Giuseppe Rossi.

Le ultime due stagioni di Mazzarri a Napoli: il ritorno in Champions, la Coppa Italia e l’addio

La stagione 2011-12, invece, è segnata indelebilmente dalla grande cavalcata in Champions League. Quando l’urna di Nyon disegnò per il Napoli un girone di ferro, sorteggiandolo con Bayern Monaco, Manchester City e Villarreal, in tanti si aspettavano che gli azzurri fossero destinati a fare da vittima sacrificale. L’esordio nella massima competizione europea fu da far tremare i polsi: all’Etihad Stadium di Manchester gli azzurri si trovarono a fronteggiare i vari Kompany, Yaya Touré, David Silva, Aguero, Tevez, Dzeko e Nasri, ma, contro ogni aspettativa, passarono in vantaggio al 69’ grazie al solito Matador Cavani, che trafisse Hart dopo un micidiale contropiede di Maggio (uno dei più iconici dell’era mazzarriana), e furono rimontati solo da una strepitosa punizione di Kolarov al 74’.

Arrivarono, poi, il doppio successo col Villarreal (2-0 e 0-2), il pareggio casalingo col Bayern Monaco (1-1) e l’impresa sfiorata all’Allianz Arena (con la doppietta di Federico Fernandez che spaventò parecchio i bavaresi, in pieno controllo della partita fino al 42’, minuto del gol del 3-0 di Mario Gomez). Ma, soprattutto, ci fu la resa dei conti col City al San Paolo, alla penultima giornata del girone.

Gli azzurri, passati in vantaggio al 17’ grazie a Cavani, subirono il gol del momentaneo pareggio di Balotelli al 33’, ma poi al 49’ ci pensò ancora il Matador a chiudere i conti. Con ben 11 punti, validi per il secondo posto, così il Napoli strappò il pass per gli Ottavi di Champions. L’urna fu di nuovo ingenerosa con i partenopei e li mise sul cammino del Chelsea di Di Matteo, che poi vincerà la competizione. Ricordiamo tutti come andò a finire (il Napoli strapazzò i Blues all’andata, vincendo per 3-1 all’andata, ma poi il ritorno, nonostante il gol dell’illusione di Inler, finì 4-1 per gli inglesi).

In campionato i risultati non furono deludenti, anzi, ma il Napoli riuscì ad arrivare solo quinto. La chiusura di dell’annata 2011-12, però, è contrassegnata dalla vittoria della Coppa Italia: davanti ai 66mila dell’Olimpico di Roma, Cavani e Hamsik regolarono la Juventus, consentendo, così, a Mazzarri e De Laurentiis di vincere il loro primo trofeo. E i ricordi, qui, si soffermano sul giro di campo del Pocho Lavezzi, che nell’estate seguente avrebbe lasciato gli azzurri per accasarsi al Psg.

https://youtu.be/sUWj2HL7SP4?si=QOT2TziAGKNcNeq6

E proprio l’addio dell’argentino lasciò sempre più spazio a Goran Pandev, da tempo diventato il quarto "tenore" di fatto. Il macedone fu tra l’altro protagonista della prima uscita ufficiale della stagione 2012-13, la Supercoppa disputatasi a Pechino contro la Juventus, finita poi tra molte polemiche per la direzione abbastanza scadente dell’arbitro Mazzoleni. L’ex Lazio e Inter segnò il gol del momentaneo 1-2 al 41’ (aveva aperto le danze Cavani al 27’ e poi aveva pareggiato Asamoah al 41’), e poi fu espulso in maniera apparentemente immotivata all’85’, dopo che il direttore di gara aveva già assegnato al 79’ un rigore dubbio ai bianconeri, trasformato poi da Vidal. La partita, dopo i tempi supplementari, alla fine terminò 4-2. Ricordiamo tutti la decisione del Napoli di non partecipare alla cerimonia.

Poco male, però: gli azzurri ebbero modo di rifarsi con un campionato strepitoso, al termine del quale arrivarono secondi con 78 punti proprio alle spalle della Juve di Conte e Cavani riuscì finalmente ad ottenere il titolo di capocannoniere della Serie A con 29 gol (38 quelli totali in stagione). Memorabili, poi, restano il 3-5 esterno contro il Torino (con tripletta dell’ex Dzemaili) e il 4-2 in rimonta contro il Dnipro (uno dei pochi acuti europei di quella stagione, che vedrà il Napoli eliminato a sorpresa ai sedicesimi di Europa League per mano del Viktoria Plzen).

Per il resto, come a preannunciare ciò che si sarebbe realizzato negli anni a venire, Lorenzo Insigne, tornato da Pescara, iniziò a guadagnare sempre più spazio e in EL un certo Dries Mertens guidò il suo PSV nella doppia vittoria (3-0 e 1-3) contro gli azzurri. Nel frattempo, De Laurentiis aveva inviato da tempo segnali a Mazzarri per provare a strappare un prolungamento del contratto: le proverà tutte, fino a proclamarlo come il suo Ferguson (il primo di una lunga serie). Ma il tecnico di San Vincenzo, furbo, aveva già chiuso l’accordo con l’Inter. Con i nerazzurri le cose non gli andranno bene e, anzi, si può dire che l’ultima stagione col Napoli sia stata anche l’ultima ad alti livelli per Mazzarri e il suo staff. Chissà come andrà, adesso, questo nuovo capitolo alla corte di ADL.

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