Il settore giovanile è da sempre un argomento di dibattito in terra partenopea. Anche oggi, a scudetto vinto e con una società di alto livello sempre in pianta stabile tra le prime 20 d'Europa, è motivo di contestazione per gli ultimi reduci dell'asedicismo. Che ricordiamo è sempre pronto a riesplodere, come abbiamo visto con Danso dove sono stati tantissimi i "supporters" a godere sul video del Lens, o come stiamo notando in questi giorni con Gabri Veiga (che se non dovesse arrivare, apriti cielo!).
Come se il Napoli avesse l'obbligo di rivincere il tricolore dopo che nemmeno con Maradona in rosa ci riuscì.
Se sull'aspetto tecnico e tattico, gestionale e comunicativo il Presidente ha lasciato le briciole ai suoi contestatori, il settore giovanile resta uno degli ultimi baluardi a resistere.

"Una grande società ha un grande settore giovanile". Questo è il mantra. Ma andiamo nel dettaglio degli ultimi anni, considerando i top club italiani: Juventus, Milan, Inter e Roma.

I bianconeri sono quelli che hanno investito di più, addirittura riuscendo ad avere tra i professionisti una squadra di giovani: la Juventus Under23.
Negli ultimi anni, dal loro settore giovanile abbiamo visto emergere calciatori come Immobile, Criscito, Palladino, Marchisio, Fagioli, Miretti e Giovinco, tra gli altri. È evidente che, escludendo Marchisio, gli altri abbiano inciso nulla o quasi nella storia juventina. Immobile, ad esempio è sì esploso, ma altrove.

Del Milan ricordiamo Donnarumma, Calabria, Darmian, Cristante, Aubameyang, Matri, De Zerbi, Locatelli, tra gli altri. Calabria è diventato il capitano del Milan e, a detta della piazza, l'anello debole della difesa. Donnarumma, il nome forse più altisonante, è stato perso a zero. Nessuno di questi nomi è stato decisivo, o parzialmente decisivo, nel Milan. Tranne forse proprio Calabria, autore di un buon campionato nell'anno dello scudetto.

Restando in Lombardia, sponda Inter, negli anni abbiamo visto crescere Di Marco, Bonucci, Zaniolo, Balotelli, Pinamonti, tra gli altri. A parte Balotelli, che è restato nel limbo tra il fenomeno e il sopravvalutato, nessuno ha inciso nei risultati sportivi dei nerazzurri. Addirittura preferirono puntare su Ranocchia e non su Bonucci. Di Marco è ritornato alla base con discreti risultati.

Capitolo a parte la Roma, che "guida" questo elenco con Totti e De Rossi. Un fuoriclasse assoluto e un grandissimo calciatore. Emersi 30 e 20 anni fa. Possiamo ricordare anche Florenzi, Aquilani e Pellegrini, tra gli altri, in tempi recenti. Nessuno di loro ha inciso più di tanto, anzi. Pellegrini è titolare in pianta stabile, mentre Florenzi e Aquilani sono stati più i rimpianti che le soddisfazioni.

Ciò scritto, è evidente che i calciatori che hanno fatto o fanno la differenza emersi dai settori giovanili dei top club italiani(e che in essi sono rimasti) si possono contare sulle dita di una sola mano. Centinaia di milioni di euro investiti per poi andare sempre a pescare altrove. Perché sia Juventus, sia Milan, sia Inter hanno vinto i loro scudetti (e le loro finali di champions nel caso di bianconeri e neroazzurri) con calciatori acquistati a suon di milioni, oppure a zero ma con ingaggi altissimi, altrove.

La domanda quindi è: conviene investire fior di milioni di euro nel settore giovanile? Leggendo i dati, assolutamente no. Meglio pescare all'estero calciatori giovani, in rampa di lancio, che hanno fame e voglia di confrontarsi nei campionati che contano. E magari pure vincerlo, come avvenuto a Napoli. Perché in Italia, nei settori giovanili, non esiste un Kvara. È palese.

Le criticità sono anche altre, come ad esempio la difficile "convivenza" con le famiglie, sempre più convinte di avere tra le mani il nuovo Pelè e che solo per colpa della incompetenza degli allenatori delle giovanili che i loro figli non arrivano tra i grandi. Ci sarebbe anche un problema di "attesa" del calciatore giovane, ma questo è un problema culturale non solo napoletano.

Al netto di tutto, ad oggi non conviene investire parte del fatturato nel settore giovanile. È un punto da affrontare in futuro, magari con dinamiche differenti, ma oggi no. Oggi le priorità sono altre, come ad esempio lo stadio.

Rendere il Maradona più innovativo (in ogni settore), eliminare la pista d'atletica, ripristinare i parcheggi sotterranei dovrebbe essere il prossimo obiettivo azzurro. Si sta lavorando per avere la concessione, così da renderlo pulsante 7 giorni su 7. Ma questo non dipende solo dal Napoli. Sarebbe anche ora che la politica dia credito serio ad una azienda che si è dimostrata una assoluta eccellenza per la città. Con i fatti, non con le chiacchiere.


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