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Anguissa Neres Lukaku
Esultanza Napoli

La prestazione del Napoli contro il Genoa ha messo in evidenza tre verità che, per quanto scomode, non possono più essere ignorate.

Primo punto: la preparazione fa la differenza

Sabato scorso non è stata l’Udinese a cedere fisicamente nel secondo tempo. La differenza, piuttosto, risiede in chi sa costruire una squadra capace di reggere i ritmi alti e in chi invece dovrebbe considerare altre carriere, magari nei tornei di bocce. Ogni riferimento a Rudi Garcia è voluto, anzi doveroso. A dirla tutta non ci mancava la sua voce, ma la realtà è che il suo periodo alla guida del Napoli è stato un esempio lampante di come non gestire, né preparare, una squadra campione d’Italia.

Oggi, invece, il Napoli di Conte mostra cosa accade quando il lavoro paga. La squadra ha completato il rodaggio dei carichi estivi, è fluida, veloce e a tratti impeccabile. I dialoghi tra i reparti e le catene di gioco funzionano con una naturalezza che rende il calcio non solo efficace ma anche spettacolare. La dimostrazione è evidente: la preparazione atletica e tattica ben curata si riflette inevitabilmente sul campo.

Secondo punto: la rabbia e l'orgoglio

Antonio Conte si è mostrato tanto soddisfatto per l’intensità e la qualità espressa dalla sua squadra nella prima frazione di gioco, quanto contrariato per l’approccio più timoroso e remissivo manifestato dopo il gol di Pinamonti. Un contrasto evidente che evidenzia i passi avanti fatti dalla squadra, ma anche i limiti psicologici e tattici su cui lavorare.

Non è la prima volta che il tecnico leccese sottolinea l’importanza di un percorso di crescita che, come ribadito più volte, richiede pazienza e dedizione. "Noi dobbiamo difenderci gestendo il pallone e attaccando, queste devono essere le nostre prerogative," ha affermato Conte nel post-partita, tracciando chiaramente la filosofia che vuole inculcare nei suoi giocatori.

Queste parole sono un ennesimo schiaffo morale a chi lo critica etichettando il suo calcio come conservatore e anacronistico. È un errore semplificare il suo approccio tattico e confonderlo con il catenaccio o altre versioni arretrate del calcio italiano. Conte non sarà Rinus Michels, l’innovatore del calcio totale, ma di certo non è il Giovanni Trapattoni di turno – con tutto il rispetto che si deve a una leggenda del nostro calcio.

Terzo punto: i giocatori devono essere funzionali al sistema di gioco

Qui si entra in un tema cruciale. La partita di Genova ha messo in luce quanto il Napoli necessiti di imprevedibilità. David Neres è il prototipo del giocatore che serve a questo Napoli: rapido, creativo, capace di rompere le linee avversarie con un guizzo. Al contrario, Kvaratskhelia, pur dotato di grande talento, appare meno adatto a un calcio verticale e diretto come quello che Antonio Conte sembra voler implementare. La sua tendenza a gestire il pallone e il ritmo rallenta il gioco e fa perdere tempi preziosi.

È qui che si deve fare una riflessione: l’efficacia deve prevalere sul sentimentalismo. Vado controcorrente, ma ve lo dico lo stesso: i tifosi possono amare un giocatore per ciò che rappresenta, ma un allenatore deve scegliere in base alla funzionalità e all’utilità concreta per la squadra. Il cuore, in certi momenti, va lasciato fuori dal campo, qualora Conte decidesse di cambiare le gerarchie preposte non bisognerà, per forza di cose, recepirlo come un affronto: né dalla platea né dal calciatore.

gol Anguissa
Genoa Napoli

La partita di Genova è stata una lezione sotto molti aspetti: chi sa preparare la squadra con intelligenza ottiene risultati, e chi sa leggere i bisogni tattici del gruppo può davvero fare la differenza. Il Napoli sembra aver trovato la sua strada. Ora non resta che proseguire su questo cammino, tenendo a mente che il lavoro e la coerenza pagano sempre.


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