Circa un anno fa Napoli Network, nata da pochissime settimane, irruppe su Twitter con i suoi primi articoli, che spesso – in uno stile che sarebbe poi diventato proverbiale – usavano il Cinema come termine di parallelo per affrontare le questioni più spinose del calcio nostrano.

Uno dei pezzi che suscitò più interesse nella platea social, intitolato Serie A Island, era liberamente ispirato al film di Martin Scorsese, Shutter Island. Il tema era la questione plusvalenze & manovra stipendi, che vedeva la Juventus imputata, e noi pazzi che sapevamo già tutto da tempo.

Di quel pezzo, oggi, ricorderemo soltanto la chiosa, che citiamo testualmente:

Il calcio italiano oggi è un Mostro. O muore e – forse – rinasce, oppure continua a vivere, ma lontano dalle persone perbene.

A distanza di un anno abbiamo scoperto come è andata a finire la questione Juventus: un gigantesco buco nero nel quale la Lega di Serie A ha risucchiato tutte le nefandezze compiute dai vari club coinvolti, facendo finta che l’alone luminoso attorno a esso non fosse il famoso orizzonte degli Eventi, anticamera della morte di ogni cosa – luce compresa – ma anzi la rinascita e la salvaguardia del calcio in Italia, il famoso Brand.

Già questo avrebbe dovuto farci aprire gli occhi e agire come scritto in quell'articolo: da persone perbene, allontanarsi.

 Ma, si sa, il calcio è un oppiaceo, come le religioni. Ma non era una fede? Oh sì, certo, è un modo romantico di vedere la questione, ma a una lettura cinica vedrete che il paragone più calzante è quello di immaginarlo come una droga, o una dipendenza in senso più ampio. Anche nel trovare sempre una scusa per averne ancora un po'. Tutte maledettamente plausibili, in fondo. Pensiamo a noi tifosi Azzurri, per esempio.

"Voglio continuare a seguire il Calcio perché voglio vedere ancora uno scudetto del Napoli!". Questo valeva prima. Adesso: "come possiamo mollare proprio ora, dopo uno scudetto tanto atteso ed una squadra ancora più ambiziosa? "

Non è possibile, non si può. Bisogna trovare un modo per resistere. Una maniera per farci piacere il tutto.

Abbiamo deciso quindi di restare, tutti noi. Di continuare a fare parte del gioco. Se così non fosse, questo pezzo non sarebbe stato scritto e voi non lo stareste leggendo.

Non ci siamo fermati nemmeno quando la Lega Serie A ha deciso di svendersi all’Arabia Saudita per una SuperCoppa che vale quattro lire. "Perché dovremmo? Magari poi il Napoli quella SuperCoppa la vince pure, e festeggiare è sempre bello." Che ci frega delle nefandezze, quella è pura retorica. Pure questo pezzo lo è. Del resto ci siamo fatti piacere pure i Mondiali in Qatar a Dicembre, con Messi che anziché alzare la Coppa più ambita con indosso l’unica maglia che fino a quel momento lo aveva reso meno Supereroe e più umano (= perdente) ha preferito lasciarsi avvolgere da una tunica scura. Scura, come un buco nero, pure quella.

É passato circa un anno e l’ultimo arrivato in questo piacevole mondo è il fenomeno Calcioscommesse. I media sono tempestati dalle dichiarazioni di un pluripregiudicato che ha dato il via a un nuovo filone di indagini, mescolando verità e menzogna, usando tv, radio e social come burattini al proprio servizio. Con la TV di Stato che lo paga, anche profumatamente, per fargli raccontare ciò che sa o fa finta di sapere.

Quello che fa più male, ma che non fa meraviglia, è che nessuno dubita che ci sia parecchio di vero in ciò che racconta Corona. Ha soltanto scoperchiato un fenomeno che, a quanto pare ciclicamente, si ripresenta, o che, più probabile, ciclicamente ricordiamo che esiste, perché nel frattempo non ha mai smesso di esserci. Il marcio del Calcio è come l'IT di Stephen King che periodicamente torna a mietere vittime. Lo volete un palloncino?

Ci ha mostrato, senza specchi deformanti, il sottobosco che popola la Serie A, che tutti facevano finta di non vedere (che novità!) e che invece a quanto pare era il segreto di Pulcinella. Giocatori, campioni, procuratori, società sportive, presidenti, forse addirittura arbitri, tutti protagonisti o coprotagonisti di queste realtà parallele che permeano il backstage del calcio. Tutti che non sapevano nulla prima e che sanno un po’ di tutto e un po’ di tutti adesso. Tutti pronti a trattare i colpevoli come vittime, andando in cerca delle attenuanti generiche o specifiche.

Le regole del Serie A Club

 Tutti che però badano bene a rispettare le regole. Le loro, però. E quali sono?

La prima regola della Serie A è salvaguardare il Brand.

La seconda regola della Serie A è... salvaguardare il Brand!

La terza regola è: se qualcuno grida Basta! mettiamo la polvere sotto il tappeto. E salvaguardiamo il Brand.

Vi ricorda qualcosa?

Siamo pronti a scommettere (...) che anche stavolta finirà tutto in una bolla di sapone, i pesci piccoli pagheranno pene spropositate, quelli più grandi una pena minima, si faranno operazioni di facciata per ripulire l’intonaco mentre dentro resterà il marcio.

Ma noi non abbiamo più diritto di superiorità dinanzi a questo calcio. Gli alibi sono finiti, anche per noi.

Non siamo più puliti di loro, di questi presunti protagonisti. Siamo complici.

Siamo tutti noi, abbracciati, con maglie diverse, dentro uno stanzino buio a guardare i grattacieli del pallone che cadono uno dopo l’altro, uccidendo lo Sport e lasciando le macerie. E non alziamo un dito. Anzi, se proprio vogliamo essere onesti, siamo sempre stati noi a tessere le fila, sempre noi ad avere il pulsante del detonatore in mano. Ma non lo premeremo mai. In questo non siamo come Tyler Durden in Fight Club.

Preferiamo restare qui. Nello stanzino. A guardare i grattacieli cadere. Applaudendo quelli nuovi che ergeranno, su fondamenta ancora meno stabili. A ricomprare, sotto forma di sapone per lavarci l'anima, il grasso che ce l’ha sporcata.

L’alternativa, aprire gli occhi, farebbe troppo male. E soprattutto: non conviene a nessuno. Forse.