Ci sono cose che il calcio sa spiegare meglio delle parole perché le vittorie e le sconfitte scandiscono le ere dell'esistenza con l'esondamento delle emozioni. Il 30 Aprile alle 16:13 hanno vibrato come magneti, la terra e il cuore della gente nel momento quasi apicale dell'era De Laurentiis, il gol che poteva valere il tricolore. Un boato che rimarrà nelle rilevazioni sismiche dell'area Flegrea, Vesuviana, nelle memorie più galvanizzanti e commoventi del popolo partenopeo e che dischuide il futuro dall'abisso di tempo trascorso per vivere giornate del genere. Lo scudetto è ad un amen, ma i festeggiamenti ufficiali sono in incubazione per l'ora X.
Di certo lo spettacolo di colori a tonalità azzurre, che non entra negl'occhi, dei tifosi in ogni angolo, quartiere e rione della città e specialmente dentro lo stadio è stato più che un assaggio di festa.

La Salernitana si rende avversaria crudele ma seria, catturando quasi tutte le fantasticherie della celebrazione post partita e prolunga l'inesorabilità del destino di qualche giorno, mediante una partita guardinga ma di circospezione.

IL MATCH

I granata hanno attuato uno 5-4-1 conservativo nelle misure e nella copertura del terreno di gioco all'indietro anziché provare a pizzicare sulle sponde dell'area di rigore del Napoli.

Azzurri predisposti a sgattaiolare tra le linee, ma i serramenti della saracinesca Salernitana per schermare Ochoa, hanno innescato la condizione per surclassare il peso offensivo di Lozano, Osimhen e Kvaratshkelia, mai puntualmente incidenti nel primo tempo.

Saleritana ad inizio gara a trazione anteriore e presa d'assalto in controffensiva. Si rintanerà per il resto del match


Anguissa ha provato a galleggiare sulle seconde palle per la riconquista e per la rifinitura, finendo per riservarsi la pizzaiola di tiro al minuto 23' ben smanacciato da Ochoa.
Smarcamenti esigui e orizzontalità delle giocate hanno particolareggiato uno spettacolo preponderante sugli spalti e fuori dallo stadio con la sbandierata azzurra che ammantava tutto.

La densità creata dagli uomini di Paulo Sosa a centrocampo ha accentuato la retrosia sugli scarichi di palla in zone meno presidiate da avversari, con il solo Lobotka a fare da trottolino rispetto a un cono centrale di penetrazione dove saltare l'uomo non era più un'alternativa ma l'unica soluzione.

I terzini non hanno spinto a sufficienza nè racimolato il gruzzolo di palloni giocabili in zone nevralgiche dello sviluppo della manovra, accantonandosi specie quando la squadra ha provato a cambiare fronte; spcialmente Olivera, appiattendosi centralmente, non ha fornito un numero sufficiente di sovrapposizioni o di scalate sulla giocata in lungolinea o diagonale a Kvara il quale, fissando l'ampiezza, ha spesso ricevuto palla da fermo e mettendosi in proprio non ha trovato l'intuizione coerente con il posizionamento dei compagni.

La Salernitana non ha fatto bene quando ha avuto il pallone tra i piedi, in ossequio al blocco unico dei suoi terzini ed intermedi di centrocampo, dovuto al fatto che non essendo una squadra abituata a costruire dal basso e richiedendo la palla lunga sull'attaccante, sempre oscurato dai due centrali azzurri, ha preferito sbilanciarsi all'indietro per mirare alla controffensiva che per lo meno nella prima frazione non c'è mai stata, prodoma ad un ipotizzabile cannibalismo azzurro nella ripresa.

Kvara calcia in porta dopo essersi accentrato e guadagna il corner


Gli ingressi di Elmas e Raspadori nella ripresa hanno aggiunto verve ad un coacervo d'idee non perfettamente assemblate, dando alla squadra la parvenza di uno schieramento più armonico propedeutico ad un fraseggio anche nello stretto, atto a liberare al tiro punte esterne e centrocampisti. Il congestionamento a ridosso della terza linea per frangere il filtraggio della palla sui piccoli scatti di Osihmen e sugl'inserimenti a campo invertito o di Kvara o di Lozano si è attorcigliato intorno ad una tela di passaggi articolata sempre con terzino-esterno-centrocampista e palla che si andava a scoprire sull'altro versante di riferimento, provando a scompensare tutto il blocco difensivo della Salernitana.

Raspadori serve con un bel passaggio a pallonetto Kvara isolato sull'altra fascia

L'insistenza viene premiata dall'occasione che comporta il calcio d'angolo e conseguente gol di Olivera, grazie a Raspadori che si mette in azione rapida sullo scarico di petto di Osihmen spalle alla porta e diagonalizza per Kvara pronto a calciare verso la porta. Il goal di testa dell'urugugio da corner battuto dallo stesso Raspa è un cimelio della Serie A per vibrazioni e sussulti di gioia.

L'ostinato assembramento su tutte le posizioni di ricezione palla a 20-25 metri dalla porta dei calciatori del Napoli è stato sicuramente un elemento che ha comportato nervosismo, in quanto la squadra non è quasi mai riuscita a lasciare un giocatore libero di ricevere la palla e poter puntare la porta sulla prima linea di scarico, fatta eccezione per l'occasione in cui Kvara su uno sviluppo in diagonale riceve la palla e per una scelta singolare opta per marcare il percorso con un tiro di sinistro a giro interno, dandogli troppo effetto rispetto alla forza che serviva per battezzare il palo lungo, inspidendo la traiettoria.

Dia salta Osihmen e segna il goal che vale il pareggio


Il gol di Dia spezza l'incanto e rompe le lancette della bussola che segnava ormai la fine del countdown del sogno: Osihmen in ripiegamento, lascia che il giocatore riceva la palla sulla corsa e con estro lo metta fuori bersaglio, ma a difesa schierata in area è il neo entrato Juan Jesus proprio al posto dell'ammonito, protagonista della partita, Olivera, ad accorciare eccessivamente in ritardo sull'attaccante granata in posizione anomala rispetto al suo stazionamento durante tutta la partita.

Due passi sul posto in un caracollare cascante del giocatore senegalese che a botta sicura colpisce con le due dita interne del piede sinistro nella velleità di pescare il jolly, capace di ammutolire per alcuni secondi la tracimazione dei decibel del tifo delle curve.

Kvara e Raspadori combinano per crare una palla goal, ma il georgiano calcia senza pretese sul portiere Ochoa

Il finale di match è un assiepamento asettico all'area della Salernitana, con batti e ribatti privi di convinzione e tiri disarcionati: Kvara su rewind del passaggio di Raspadori 12 minuti prima, spreca ancora una palla goal dalla sua posizione di calcio.

Il solo Cholito Simeone, nella sua zona calda di partita prima del novantesimo, manca il bersaglio della porta in area piccola dopo un tentativo di raddrizzamento delle sorti di tutta la squadra all'assalto finale.

Il punto che manca all'obiettivo principe di tante annate, non è più una chimera. Lo scudetto è la luce sul futuro di città, squadra e società.