Il Napoli non ha iniziato bene questo campionato. Dopo quattro partite, non proprio irresistibili, i campioni d'Italia in carica hanno 7 punti, già a 5 lunghezze dalla capolista Inter e a 3 dalla seconda classificata Juventus. Nulla di clamoroso, a leggere i numeri. Ma quello che preoccupa è l’incredibile e inaspettata involuzione del gioco e, soprattutto, dell’atteggiamento avuto nel secondo tempo contro la Lazio, che aggiunti ai primi sconcertanti 70 minuti a Marassi compongono chiaramente più di un campanello d'allarme.

Eppure il Napoli delle prime due gare (Frosinone e Sassuolo), con i primi 50 minuti di Napoli Lazio, è stata la squadra in Italia ad aver tirato più di tutte le altre nello specchio della porta, quella ad aver avuto la maggior percentuale di possesso palla e quella che ha subito il minor numero di tiri in porta, solo 3, tutti trasformati in gol subiti.

Numeri e dati che avrebbero fatto sperare in qualcosa di diverso, nonostante alcune variazioni di dettami tecnici e tattici sono sotto gli occhi di tutti. E invece no. Il Napoli a Genova ha avuto una caduta che è molto più importante del misero punto guadagnato.

Perché avrebbe meritato di perdere la partita, perché è sempre arrivata seconda su tutte le palle e non ha mai dato impressione di voler tirare in porta. E, soprattutto, non ha mai vinto un duello in mezzo al campo.

Il post gara è stato, volendo essere benevoli, anche peggiore della prestazione, in quanto Garcìa ha dato chiara impressione di non saper che pesci prendere e cosa dire a delle domande che iniziano, giustamente, ad essere abbastanza scomode. Perché è assolutamente inevitabile paragonare il Napoli di Spalletti con quello attuale.

Anche se non è giusto, ma è normale.
Garcìa al momento non si assume la responsabilità di questa involuzione di gioco, anzi, parla e si comporta come se volesse passare la palla ai giocatori, colpevoli di non seguire le sue indicazioni e soprattutto di non riuscire a ritrovare la cattiveria agonistica che aveva fatto innamorare quasi tutta Europa solo alcuni mesi fa. Almeno fino a marzo.

Da quella sosta post Torino sponda granata, il Napoli non è più tornato sulla scia conosciuta. Chiaro che quel calo fu fisiologico e soprattutto mentale, perché i punti di distacco erano insormontabili e tutte le energie residue furono giocate nei quarti di finale di Champions league contro il Milan.

Poi la festa durata un’eternità per un club ed una piazza non abituati a vincere. Festa continuata anche per Napoli Sassuolo e Napoli Lazio, prima del gol di Kamada che ha fatto tornare tutti sulla terra.

Garcìa deve cambiare sicuramente registro, non è scontato per nulla che a breve ci sarà un faccia a faccia con la presidenza. È già successo, sia con Sarri, sia con Ancelotti. Anche in quei casi, tutto nacque da questa sorta di allergia da parte dei calciatori di cambiare metodologia di lavoro e di applicazione.

La domanda, quindi, sorge spontanea: ma questa squadra è destinata a giocare sempre allo stesso modo per rendere al massimo? Appena viene variato un dettaglio, si va incontro a queste prestazioni al limite della decenza?

La storia dice di si, non è la prima volta. Con Sarri dovette intervenire De Laurentiis che obbligò il 433 dopo il pari di Empoli, mentre con Ancelotti si imposero i calciatori con lo storico quanto provinciale ammutinamento.

Poi ci sarebbe da discutere sulla motivazione. Al di là delle dichiarazioni che possono essere di facciata, quanto questo Napoli è motivato? Quanta adrenalina hanno ancora in corpo i calciatori?
Saremo sempre grati ai campioni d'Italia, calciatori fortissimi che compongono la rosa più forte d'Italia (o la seconda dietro l'inter). E vista la straripante stima che nutriamo nei loro confronti, ci aspettiamo da loro in primis una maturità differente. Di andare a lottare su ogni palla e avere la stessa fame negli occhi dello scorso anno.

Garcìa dovrà essere bravo a fare questo, prima di imporsi con le sue idee. Perché oggi questa scelta non sta pagando. Il francese dimostri di essere umile, che è l'unica prerogativa per essere credibile in uno spogliatoio un pó svuotato che è convinto di saper giocare solo in un modo.