Il Napoli per sfidare la Dea Atalantina sale sul ring del Diego Armando Maradona con l'elmo dei poderosi anfitrioni che padroneggiano la scena e arringano la folla. A 12 partite dalla fine e 18 punti di vantaggio sulla seconda, l'energia sferica degli azzurri sta caricandosi per esplodere nel più grande dei boati.

Ma sbrogliare la matassa avviluppata da Gasperini è stata impresa quasi titanica. Orobici venuti a Napoli con l'atteggiamento standardizzato della marcatura personalizzata a campo aperto azionata mediante una sfrontatezza da squadra matura e razionale. Nello specifico Gasp ha inibito la trazione anteriore del Napoli coprendo sempre palla avanti la difesa, con un eclettico 3-4-1-2 dove Zapata ha fatto da boa calamitica al centro avanzato e da raccordo basso con la catena di fascia sinistra, costringendo Politano a qualche rincorsa in più per scalare all'indietro sulla perdita del possesso o su qualche sparuta impostazione dal basso con Scalvini e De Roon.

Inversione temporanea di ruoli di esterni e centrocampisti per costruire l'azione e creare spazio dietro il centrocampo.

Il primo tempo nella fattispecie è vissuto sull' altalenanza di occasioni non nitide, nella ricerca delle istruzioni per l'uso della partita da parte del Napoli, che ha faticato a trovare contromisure alla densità asfittica dell'Atlanta sulla seconda linea di campo, sempre molto attenta a spezzare il gioco, Pasalic a taccheggiare i potenziali palloni di Lobotka, ed Ederson e De Roon fissi ad ombrare rispettivamente Zielinski e Anguissa.

L'11 tipo di Spalletti non si è ritratto in toto per appesantire la fase di non possesso, piuttosto ha tenuto ampiamente a bada attaccanti ed eventuali incursionisti dagl'intermedi della difesa bergamasca, con una linea a quattro perfetta e sincronismi eccellsi sulle uscite addosso al portatore, specie quando a farli si tratta di Kim, uomo scavato nella criptonite.

Ottima interpretazione per tutta la partita di Kvaratshkelia e Politano, che come di consueto da punte esterne si sacrificano nell'aiutare il gemello del reparto affianco, provando ad essere ficcanti con la palla. Tireranno in porta 3 volte nei primi 45', tutte su sviluppi lineari di azione orchestrata. Infatti non potendo mandare al tiro le mezz'ali di centrocampo, spesso fronte alla porta e con limitata visione di gioco, anche nello stretto, la squadra ha cercato l'orizzontalità per sfrangiare i braccetti contrapponenti l'articolazione del gioco per poi venire al limite dell'area e liberare al tiro l'esterno a piede invertito.

Politano calca in porta servito da Kvara in accentramento

Altra occasione arrivata al 32' dalla singolare traiettoria cercata da Di Lorenzo a difesa schierata per mandare in area Osimhen, mal intercettata dal nigeriano e poi culminata con il primo stantuffo da fermo di Kvara on the line, abile a seguire la dinamica dell'azione dal suo lato, sempre con l'intenzione di attaccare lo spazio in funzione della fruibilità della palla e della soluzione 'in più' da offrire alla squadra.

Di Lorenzo lancia lungolinea per Osimhen

Un risvolto tattico che anche nella ripresa identifica la propensione degli azzurri a sfondare sugli esterni, con Politano che per due volte mette Osimhen in condizione di segnare, senza la necessità di portare tanti uomini in zona sviluppo azione, ma tenere le posizioni di riferimento dove questa può essere chiusa. Si veda che anche in tale circostanza, Oliveira a sinistra aveva metri di margine fuori area per arrivare a rimorchio incontrastato a tirare.

Politano volteggia sulla destra e poi crossa per Osimhen che rovescia verso la porta

L'azione del goal è tutt'arte della controffensiva. Zielinski, Lobotka ed Anguissa sono ben piantati fronte alla porta a pochissimi metri dai dirimpettai schierati a triangolo: Pasalic, De Roon e Ederson. Quest'ultimo percepisce di dover farsi attirare in zona a palla per dare lo scarico al terzino e rimbucare palla in avanti dopo la fluttuazione di Zapata a venire incontro in una strappata all'indietro molto tipica dell'Atlanta. Anguissa sicuro anche della presenza ravvicinata dei compagni in caso di sussiego del pressing, legge bene la dinamica e si fionda a controbattere l'azione di alleggerimento atalantino per eludere tutta la linea di centrocampo. Mossa fin troppo azzeccata, perché la sua tenacia restituisce il pallone al Napoli in avanti.

Anguissa ruba palla e lancia in contrattacco Osimhen e Kvaratshkelia

Osimhen da attaccante vero è scaltro e già predisposto a mettere in ombra la palla sull'impennata addosso di Demiral, fare perno con il corpo e squilibrare la linea atalantina che si srotola all'indietro sparpagliata - come in caduta senza paracadute - in un rinculo dei blocchi che attiva Kvaratskhelia ad attaccare lo spazio con l'intuito dei migliori, avendo almeno 15 metri da percorrere per ricevere palla senza marcatura e puntare la porta.

Kvara all'ora esatta di gioco entra nella stratosfera calcistica, corre verso il destino e fa tremare la terra. Nel suo slalom in area fatto di 5 secondi e altrettanti tocchi, irretisce tutte le intenzioni di otto giocatori atalantini avanti e dietro di lui, che sbandano ad ogni sterzata come svistati dalle scosse telluriche del suo incedere, fa passare il filo per la cruna dell'ago e con virulenza sfoga il suo talento (mai visto negl'ultimi anni) sotto la traversa perforando le mani di Musso. Il calcio del georgiano, vario e futuristico, ha un ascendente nel Napoli moderno e sulla fascia sinistra sparge i crismi della sua forza mentale, che per un paradosso pare superiore a quella fisica, anche stavolta. Kvaratskhelia è l'uomo che va contro tutti e vince, il super calciatore che Napoli aspettava da tanto tempo, troppo bello da vedere per essere vero.

Rotta la sbarra, passato il treno del goal, il Napoli conquista anche fiducia per arrembare l'avvinta Atalanta in un crogiolo di scorie da tenuta difensiva contro l'onda d'urto partenopea, che si elonga in orizzontale per poi ricercare verticalità, storcendo l'asse centrale su cui Gasperini aveva tarpato le ali inzialmente a centrocampisti e terzini di Spalletti. Infatti Oliveira e Di Lorenzo vengono a convergere meglio e senza marcatura a uomo sullo sviluppo del gioco e schiacciano bene sulla linea difensiva quando la squadra deve coprire le zone perimetrali per non far entrare calciatori in bianco dentro l'area.

La difesa del Napoli è assestata per contenere le offensive degli attaccanti dell'Atalanta.

Il 2-0 da Corner con scelta di tempo perentoria di Rrahmani su cross di Elmas, è un bel loeb di testa direzionato sul palo opposto su cui Musso tocca ma nulla può, per esecrare la contesa a favore del Napoli; seppur con 10 minuti da gestire, come la squadra di fatto riesce a fare, subendo solo il tiro in porta di Ruggeri parato da Gollini.

L'89% dei passaggi completati contro una squadra che ha la peculiarità di distruggere le linee di passaggio altrui, denota l'elevata capacità del Napoli ad offendere con criterio ed anche discreta intensità, non insistendo con un impostazione classica del metodista per aprire il gioco sui laterali o in verticale ma variare estemporaneamente l'assetto con un palleggio corto e poi lungo con Di Lorenzo e Oliveira, centrocampisti aggiunti a schermare i preposti del ruolo o favorirli in esecuzione. Infatti Anguissa finirà come spesso accade, la partita in crescendo ed anche Elmas e Ndombelè neo entrati, figuravano bene a ranghi schierati, senza sprecare mai il possesso della sfera. Nota di merito: Il Napoli ha tirato verso la porta 18 volte, una media di un tiro ogni 5 minuti contro la terza squadra del campionato a concedere occasioni.

Emozionante il Napoli che vive la perdizione del sogno sedimentato nei decenni, e ad ora di tramonto, accende il Maradona come un alba. Ora il quadro è pronto e la cornice pure. Andrà messa la firma degl'artisti quando la galleria sarà aperta al pubblico di tutta Italia, costretta a sbattere le mani incredula.