Professore ordinario in automatica e robotica alla Federico II di Napoli, vincitore dell’Engelberger Award for Education – massimo riconoscimento nella sua disciplina – autore di quella che viene unanimemente riconosciuta come la “Bibbia della Robotica”: lo Springer Handbook of Robotics, ma anche della definizione di Robotica che potete leggere sull’enciclopedia Treccani. Tutto questo e tanto altro è Bruno Siciliano. Ah, dimenticavo un aspetto cruciale: è un tifoso sfegatato del Napoli. 

Il professore è il primo ospite di questa rubrica e con il suo racconto attraverseremo idealmente Napoli e il Napoli, il calcio e la robotica, la passione e la scienza, lungo un percorso emozionale che ci porterà inesorabilmente all’ultima domanda: Cunusce a Lello, tu?

Professore, partiamo da una domanda secca: lei in passato ha affermato che la sua passione per la robotica è nata anche grazie ai romanzi di Isaac Asimov, quindi le chiedo, da lettore di Asimov quale anch’io sono, qual è il suo preferito?

Senza alcun dubbio: Io, Robot. Anche se non mi è piaciuta la trasposizione cinematografica, perché è priva di quel dilemma etico che è parte fondamentale della letteratura fantascientifica legata ai robot e più in generale alle AI. Ecco mi sembrava un po’ una cosa stile Mazinga. Invece ho apprezzato molto, sullo stesso tema, un altro film: “Ex-Machina” dove il tema dell’intelligenza artificiale è stato affrontato in maniera più profonda e interessante.

Mi sembra un’ottima scelta, e dato che siamo già dentro la sua materia, approfitto per un’altra curiosità: anni fa lei assurse agli onori della cronaca per aver realizzato, attraverso il suo PRISMA Lab, il primo robot pizzaiolo: RoDyMan. Per farlo, è partito dalla replicazione dei movimenti tipici di un pizzaiolo napoletano. Come “modello” scelse il famoso Enzo Coccia. La mia domanda è: se oggi le chiedessero di realizzare un robot calciatore, su chi applicherebbe i sensori?

La risposta facile sarebbe il nostro grande Victor, anche perché proprio di recente ho avuto un dono molto apprezzato: un robottino proprio con le sue sembianze, realizzato da un ragazzino. In realtà però credo che Osimhen rappresenti il trionfo dell’istintività nel calcio, e quindi non credo sia il “modello” più adatto allo scopo. Anzi, sa che le dico: sceglierei proprio il calciatore robot per eccellenza: Cristiano Ronaldo.

Come mai?

Il trionfo dell’atletismo, dell’applicazione pura, di movimenti replicati all’infinito fino alla perfezione. Se ci fosse un anello di congiunzione tra l’atleta umano e un cyborg nessuno meglio di lui. Osimhen non è così. Il gol alla Roma dell’andata, quello al Sassuolo dalla linea laterale, persino il gol fatto all’Ajax a tempo scaduto sono istinto puro.

Ed eccoci quindi catapultati al nostro amato calcio. Professore, lei è un luminare della robotica, ha vinto innumerevoli premi (ndr la parete del suo ufficio sito nella sede di Via Claudio alla facoltà di ingegneria, di fronte allo Stadio, naturalmente, tappezzata di targhe ed onorificenze, rappresenta un riflesso solo parziale della sua carriera) eppure nel mondo “social” è riconosciuto soprattutto per la sua ineguagliabile passione per il Napoli.

È così, io non sono un tifoso, sono un malato del Napoli. È diverso. E non capisco chi è napoletano e non tifa Napoli.

Cosa intende?

Per me tifare la squadra è un modo per sentirsi parte integrante della nostra cultura, vivere un senso di appartenenza. Anzi, ho notato una curiosa quanto indicativa coincidenza: il tifoso napoletano che vive all’estero sente un attaccamento diverso alla città, al punto che, appena la vita o il percorso professionale glielo consente, cerca di ritornarvi quante più volte è possibile. E questo invece, almeno per le esperienze che ho vissuto, non accade per una categoria particolare: il napoletano juventino. In quei casi ho notato quasi una crisi di rigetto, dovuta a non so cosa. E la cosa paradossale è che ciò non accade per napoletani che tifano per altre squadre. Ho tantissimi amici che tifano per Inter, Milan, Torino, anche Sampdoria. Anche perché, in fondo, quello che ci accomuna è la passione per il Calcio, tanto è vero che quando per lavoro ho iniziato a girare per gli Stadi…

Come?

Ecco, un lapsus quasi freudiano. Intendevo dire: quando ho iniziato a girare il mondo per i convegni, non perdevo mai occasione di andare a vedere una partita allo Stadio della città in cui mi trovavo.

Qual è lo Stadio che più l’ha affascinata?

Le faccio tre nomi: l’Emirates dell’Arsenal: un’atmosfera straordinaria, anche se ci abbiamo perso due volte, poi Wembley, che è proprio una Stadio “da finale” e infine, come tifo, il muro giallo del Dortmund: fantastico. Purtroppo mi manca la Bombonera del Boca, in Argentina. L’ho vista ma non durante una partita. E mi manca anche vedere il Clasico Real Barcellona.

Per chi parteggia tra le due grandi rivali?

Barcellona. Per tanti motivi ma gliene dico solo uno, che basta e avanza: ci ha giocato Diego.

Beh, questo è un anno speciale per Diego. l’Argentina ha vinto il Mondiale, Il Barcellona la Liga, noi lo scudetto. Il Siviglia è in finale di Europa League... (ndr quando è stata realizzata l'intervista la finale di Europa League non era ancora stata disputata. A proposito: ha vinto il Siviglia!)

Ah glielo dico senza mezzi termini: nelle finali europee tiferò Manchester City per la Champions, il Siviglia in Europa League e la Fiorentina in Conference.

Come mai?

Beh, ho tanti amici che tifano la Fiorentina, poi mi piace che Firenze sia un’altra città, seppure più piccola di Napoli, dove c’è una sola squadra a rappresentarla. Sull’Inter, penso che il City meriti di più il titolo, però sono stato contento della vittoria dell’Inter sul Milan, anche perché quegli arbitraggi gridano ancora vendetta.

Cosa non le è piaciuto in particolare?

Tante cose, i cartellini gestiti malissimo all’andata e poi al ritorno credo fosse evidente una sudditanza del VAR nei confronti dell’arbitro: ha avuto paura di dire a Marciniak di aver visto male sull’episodio del fallo da rigore a Lozano. Avrà pensato “come posso contraddire un arbitro così importante? Avrà ragione lui…” E invece non aveva per nulla ragione. Certo, le parole di ADL poco prima del match forse non hanno aiutato…

Approfittando di questo sfortunato episodio, lei dunque cosa proporrebbe per migliorare il calcio?

Il VAR a chiamata, senza dubbio. E poi non mi dispiacerebbe il tempo effettivo.

E, sempre pensando al Calcio e a come migliorarlo, non ho potuto fare a meno di notare che il nome del suo Laboratorio è lo stesso di una famosa inchiesta molto attuale che coinvolge la Juventus…

PRISMA! Sorride. Ma sa che molti miei colleghi quando è uscita la notizia mi hanno chiamato dicendo che doveva esserci certamente il mio zampino? Però dovremmo trovare un acronimo accattivante. Nel mio caso PRISMA sta per Progetti Robotica Industriale di Servizio Meccatronica Automazione. Nel caso della Juventus dovremmo trovare qualcosa che oggettivamente dia un’idea di cosa pensiamo di quest’inchiesta…

Ci pensiamo un po’ e alla fine arriviamo ad una conclusione, per la quale vi rimando a fine intervista.

Prima aveva fatto cenno a De Laurentiis, cosa pensa di lui?

Penso che chi non gli riconosca i meriti di questo percorso non sia oggettivo. Se anche volessimo concentrarci solo su quest’anno e dare i meriti massimi a Spalletti e Giuntoli, uno dovrebbe chiedersi: Sì, va bene, ma Spalletti e Giuntoli chi li ha scelti? Certo, poi in alcuni comportamenti non è irreprensibile. Per esempio, mi è dispiaciuto molto non vederlo ad Udine il giorno del tricolore.

Era allo Stadio a presiedere la festa…

Sì, ma secondo me un presidente deve seguire la squadra, specie in un momento storico come quello. Non conosco le dinamiche interne, ma non mi meraviglierebbe se anche quell’episodio possa aver contribuito alla frattura tra lui e Spalletti, che comunque sarà nata per motivi più profondi.

Entro a piedi uniti sul tema allenatore e le propongo un gioco. Si ricorda “indovina chi?” quel gioco anni 80 in cui bisogna indovinare un personaggio ponendo domande sulle sue caratteristiche per poi procedere per esclusione?

Certamente!

Ecco, facciamo lo stesso gioco ma rivolto agli allenatori. Proviamo a ragionare per esclusione, seguendo alcuni criteri, fino ad arrivare al suo candidato ideale. Lei cosa propone?

Direi di ragionare seguendo i criteri economici, perché sappiamo che il Napoli deve rispettare certi parametri, poi un criterio di continuità tattica, ed infine… dobbiamo andare un po’ di creatività. In fondo è come la robotica, dove logica e creatività vanno di pari passo.

Perfetto, allora le sottopongo la lista (la figura che potete vedere qui sotto) e procediamo.

Indovina chi? Coach Napoli Edition

Il Professore da una scorsa a tutti, effettua i suoi ragionamenti ed alla fine ottiene un trittico finale.

Questi sono i miei tre candidati: Luis Enrique perché è quello che coniuga più tutte le caratteristiche, Thiago Motta perché tra le scommesse è quella che mi sembra più interessante e poi, anche se logicamente è dura, mi lasci coltivare il sogno.

Chi?

Jurgen Klopp. Secondo me in una realtà calda come Napoli calzerebbe a pennello. Del resto Dortmund e Liverpool hanno diverse somiglianze con Napoli come ambiente.

Mi dica la verità, sta pensando a Klopp perché vuole la rivincita in Champions?

Eh, un po’ sì…

Mi da l’occasione per una domanda netta. per l’anno prossimo cosa sceglierebbe: la possibilità di giocarsi la finale Champions, con la prospettiva però anche di perderla, o fare il bis scudetto?

Finale Champions, assolutamente. Adesso il livello dell’asticella si è alzato. Poi a me piace seguire la squadra ovunque, in casa e in trasferta, e non vedo l’ora di ricominciare a girare per l’Europa.

Ecco, a proposito del suo andare per gli stadi, devo farle una domanda, che mi piacerebbe rivolgere anche ai prossimi ospiti della rubrica. Immagino che lei abbia sentito spesso il famoso coro “Vesuvio erutta”…

Certamente, l’ho sentito in trasferta come coro di discriminazione, ma adesso le confesso candidamente che mi piace cantarlo insieme ai nostri tifosi, proprio perché così mi sembra di togliere le armi ai razzisti.

Ha fatto caso che uno slogan che va molto di moda oggi come giustificazione dei razzisti sia “vengono a toglierci il lavoro”. Sa qual è un’altra categoria universalmente bersagliata da questa forma di discriminazione?

Mi dica…

I robot!

Il professore sorride.

Ha ragione, è proprio così! Le persone temono che i robot un giorno toglieranno loro il lavoro.

Mi convinca che non è così.

Mi fa sorridere perché io ho proprio scritto la definizione di robotica per la Treccani. E al suo interno (ndr me lo mostra) compare la parola umanità. Sa perché?

No, me lo spieghi.

Vede: Il robot fa un lavoro per conto dell’uomo. E ci sono lavori che l’uomo non vuole fare, giustamente, perché sono estremamente faticosi, o pericolosi, o hanno costi proibitivi. Il robot serve a migliorare la nostra condizione di vita. Anzi, le dirò: il robot aiuta l’uomo ad essere più “umano” perché sottraendo tempo a certi lavori, ci permette di dedicarne altro al nostro miglioramento intellettuale. Insomma: ci darà più tempo per pensare, per creare, per reinventare la nostra vita giorno dopo giorno. È chiaro che ci sono effetti collaterali, come per qualsiasi altra invenzione dell’uomo, come internet o i social, ma i pro superano grandemente i contro.

Mi ha convinto. E tornando ai social, e in particolare al loro essere megafono della parte “sbagliata” dell’umanità, come il razzismo poc’anzi accennato, le faccio una domanda provocatoria: mettiamo che il desiderio tanto agognato dai razzisti avvenga: Il Vesuvio effettivamente erutta e tutta Napoli è distrutta! Lei ha facoltà di poter salvare una sola cosa di Napoli, che può essere un luogo, una caratteristica, anche una qualità dei napoletani, quale sarebbe?

Il professore ci pensa un po’, poi gli si apre un sorriso come se gli si formasse un’immagine davanti agli occhi e risponde.

I colori. Dice, semplicemente. I colori. Gli chiedo di spiegarsi meglio.

I colori di Napoli, sono fantastici. Se il Vesuvio dovesse eruttare si formerebbe una cappa grigia che rischia di far svanire quello spettro di sfumature magnifico che avvolge chiunque metta piede qui. Ecco, vorrei salvarlo. E poi per colori intendo anche quelli che caratterizzano la molteplice natura del napoletano. Il colore rappresenta anche un’emozione in fondo, e noi siamo un’anima colorata. Dev’essere salvata!

È proprio innamorato di Napoli.

Lo sono. E le confesso che a volte mi dispiace nel constatare che ho visitato Napoli meno di quanto meriti. Non ho ancora visto tutto della mia città, mentre quando viaggio per l’estero sono quasi bulimico nella ricerca di ogni minimo anfratto. Mi manca ancora vedere le sagome dei calciatori sui quartieri, per esempio, e in generale immergermi negli striscioni del centro storico o anche dei quartieri meno turistici, più veri, come la Sanità.

Lei ha vissuto tutti gli scudetti, in due età diverse. C’è qualcosa che pensava allora e che pensa ancora adesso su Napoli, oppure qualcosa alla quale invece non crede più?

Più che una diversità di ideali, quello che è cambiato è il bagaglio di esperienze che ho accumulato. Per Napoli ho rinunciato anche a importanti occasioni lavorative. Ero un precario. Ho anche rimandato il matrimonio perché volevo avere maggiore stabilità. E lo scudetto arrivato in un periodo di incertezza ha indirizzato anche la mia vita lavorativa, credo. Mi piace perlomeno credere che sia andata così.

Mi faccia capire…

Il primo scudetto è stato un successo insperato, un evento quasi impossibile, proprio perché non era mai avvenuto prima. Una gratificazione emotiva enorme. E quest’esempio mi ha dato la determinazione giusta per pensare: Se il Napoli è arrivato a vincere, allora anche Bruno Siciliano può farcela. Ed ho travasato quella positività nella mia vita.

Mi sta dicendo che Bruno Siciliano ha iniziato a pensare che per emergere nel suo mondo non doveva per forza andare alla Stanford University, il “Real Madrid” della ricerca, ma poteva benissimo farlo anche restando a Napoli?

Esattamente, e difatti poco dopo i due scudetti, nel 1991, ho avuto il mio primo incarico editoriale per una rivista importante e poi è stata tutta un’ascesa, nel 1999 ho avuto la promozione a professore ordinario della Federico II, sono stato nominato presidente della Società Internazionale di Robotica ed ora sono un bel po’ di anni che gli studenti di tutto il mondo studiano dal mio libro di testo. Alcuni colleghi scherzando mi chiamano il Maradona della robotica! Ne sono lusingato e responsabilizzato, ma devo ringraziare gli scudetti del Napoli.

Crede molto in questo dualismo calcio-cultura, così come in quello tra passione e scienza.

Moltissimo. E si vede anche nel mio modo di essere. Io sono lo stimato professore ma anche il tifoso che esclama senza problemi “Afammokk”, da scugnizzo della strada. E anche questo lo devo a Napoli, che mi ha permesso di crescere e vivere con qualsiasi ceto, dal figlio del professionista fino alla persona più umile. Non ho mai avuto la puzza sotto il naso.

È arrivato il momento di porle l’ultima domanda, che è anche quella che da il titolo alla rubrica. Come dice il personaggio di Lello in “Ricomincio da tre”: chi parte sa da cosa fugge ma non sa che cosa cerca. Lei ha deciso di restare, come è evidente. Perché?

Perché io non sarei diventato ciò che sono se non avessi vissuto a Napoli. La robotica, come ho spiegato anche in diversi talk internazionali, richiede estremo rigore e logica ma anche estrema creatività per arrivare a risolvere i problemi che ti pone. Per avere creatività è necessario avere grossi stimoli. E gli stimoli non possono che derivare dall’ambiente esterno, dalla città in cui vivi, dalle persone che frequenti. E Napoli e i napoletani sono stati la mia prima fonte d’ispirazione. Vivere a Napoli e vivere, per esempio, a Columbus nell’Ohio, non fornisce gli stessi stimoli. Insomma, Napoli è un’altra storia, ed io non possono che essere grato e fiero di farne parte.

Non credo esista pensiero migliore per chiudere questa chiacchierata. Grazie mille professore.

Grazie a lei!

Post scriptum. Il professore ed il sottoscritto eravamo in debito di un acronimo. Ci abbiamo pensato e l’abbiamo trovato. Eccolo.

Plusvalenze

Rigorosamente

Inventate

(e)

Stipendi

Manomessi

Artatamente.

Che dite? Si capisce cosa ne pensiamo della Juventus?