DNA...POLI
«La Champions è la Champions e il Milan è il Milan» Stefano Pioli.
Odile Speed è un nome estremamente musicale ed immagino non dica nulla a nessuno di voi. Eppure la Storia ha voluto che in qualche modo entrasse nelle nostre vite.
Odile Speed avrebbe potuto essere il nome di una musicista, o addirittura di una canzone, con quella capacità tutta della lingua inglese di scivolare in modo naturale sulle strofe di un componimento. Oppure il nome di una centometrista, in quella curiosa preveggenza che ha accompagnato anche il recordman di tutti i tempi, Usain Bolt, il cui cognome tradotto è Saetta. Più chiaro di così non si poteva.
Odile Speed invece ha scelto la strada della pittura, eppure nessun quadro celebre porta la sua firma. Come mai, dunque, la conosciamo e, soprattutto, che diavolo c’entra Stefano Pioli con la cara Odile? Proviamo ad unire i puntini.
Odile, durante il divampare della Seconda Guerra Mondiale si trovava in Inghilterra quando nel 1945, passeggiando, le caddero dalla borsa dei cavolini di Bruxelles. Un uomo di nome Francis si chinò a raccoglierli per ridarglieli. Da lì nacque un corteggiamento (Francis era un seduttore ed aveva già un matrimonio fallito alle spalle) che portò i due a convolare a nozze e avere due figli…
Sì, ok, ma che cavolo c’entra Stefano Pioli?
Francis non era un uomo qualunque, ma uno scienziato: Francis Crick. Non uno scienziato qualunque, ma un neuroscienziato, biofisico e biomolecolare. Una sera del 28 febbraio 1953 – parliamo di 70 anni fa, per farvi capire: la Coppa Campioni non era ancora nata – tornò a casa con un annuncio potente: affermava di aver «scoperto il segreto della vita»!
Fatto quel clamoroso annuncio, rivolse alla moglie una richiesta apparentemente semplice: disegnare uno schizzo che rappresentasse quel mistero svelato. E come si rappresenta il segreto della vita? si sarà chiesta Odile. Il marito la aiutò a rispondere a quella domanda legittima con brevi indicazioni.
Fu così che Odile, pittrice bohémienne, disegnò senza sapere la sua opera più immortale: la rappresentazione della struttura del DNA, ovvero la classica forma ad elica che tutt’oggi è utilizzata per descrivere ciò che è a tutti gli effetti – aveva ragione Francis Crick – il segreto dell’esistenza.
Il DNA è l’alfabeto che compone la lingua con la quale viene descritto il nostro patrimonio genetico ed ormai è diventato parte del linguaggio comune al punto da essere spesso utilizzato come metafora per indicare qualcosa che fa parte indissolubilmente della nostra identità.
Anche Stefano Pioli l'ha usata l’altro giorno quando, forse un po’ piccato da quanto erroneamente riportatogli circa le reazioni azzurre al sorteggio, ha voluto evidenziare come il Milan, a differenza del Napoli, abbia il DNA da Champions. E guai a trascurare quest'aspetto.
Se volessimo prenderlo letteralmente, Pioli vorrebbe dire che i filamenti del DNA dei giocatori milanisti, entrando in campo in Champions, iniziassero a modificarsi in modi che non possiamo immaginare, magari discostandosi lentamente da quella doppia elica e assumendo la forma della Coppa dalle grandi orecchie.
Chiaro che non intenda questo, anche se non escludo che qualche tifoso possa crederci, ma che voglia indicare quello che nessuno chiama per ciò che veramente è: il potere della narrazione.
La storia del DNA, inteso come una sorta di genetica mistica, perdonate il francesismo, è una mera cazzata, tuttavia... funziona!
Mi spiego meglio: la storia è falsa ma le sue conseguenze sono reali, tangibili. E questo è dovuto alla narrazione e dei suoi poteri taumaturgici, dei quali parlammo in un vecchio articolo a proposito dei mass media, ma adesso è opportuno ritornarci.
Un giocatore del Milan ovviamente non ha un DNA modificato, ma subisce il fascino di questa storia del “DNA Champions” e… ci crede! E siccome nello sport ad alti livelli la testa vale quando la tecnica e l'atletica, se non di più, il continuo ripetere e ripetersi di essere il migliore forse non ti rende tale, ma sicuramente ti aiuta a dare il massimo e anche oltre.
Dunque, non possiamo dare torto a Pioli quando afferma che il Milan è più abituato a questa competizione.
D’altro canto, però, potremmo dire la stessa cosa anche per Ajax e Liverpool, che in quanto a DNA Champions nemmeno scherzano, visto che insieme hanno ben 10 CL in bacheca, 6 i Reds e 4 i Lancieri. 10, come i gol che l’Ajax ha preso dal Napoli tra andata e ritorno; 6, come quelli presi all’Amsterdam Arena; 4 come quelli con i quali anche Klopp e compagnia hanno messo sul groppone uscendo dal Maradona.
Cosa vogliamo dire con questo? Che il Napoli è più forte del Milan e che passerà sicuramente il turno?
Assolutamente no, lo scopo di questo articolo è però di combattere il fuoco delle armi psicologiche con altrettante armi. Alla narrazione si risponde con la narrazione.
Il Milan ha la Storia, è giusto ed avrà un valore quando si scenderà in campo, per le ragioni mentali appena spiegate. Al Napoli dunque toccherà trovare “la storia giusta” da contrapporre. Ne citiamo una, ma è solo un esempio tra tanti: la fame. Anche questo è un semplice racconto, ma allo stesso modo può produrre conseguenze concrete sul campo: la voglia di costruirsela una Storia può fungere da motore per dare il massimo. Luciano Spalletti ha già cominciato a raccontarla, citando "la vena che pulsa sul collo di Kvaratskhelia", vena che non aveva quando era arrivato qui. Sullo stesso Victor Osimhen e sulla sua fame di vittoria le narrazioni si sprecano.
Il DNA non è una montagna immutabile, ma una sequenza di codici in continua evoluzione. Tutto cambia, tutto si trasforma. Il Napoli sta seguendo il flusso della Storia e si sta evolvendo.
In conclusione: non siamo i favoriti, ma non lo sono nemmeno loro. Il Milan giocherà per rinverdire i fasti che furono, il Napoli per inseguire un sogno che accompagna le nostre notti dall’inizio di questa impensabile – inenarrabile mi verrebbe da dire – stagione.
E poi se è vero che la Storia ogni tanto qualche messaggio lo lascia, possiamo cullarci nell’idea che colei che disegnò per prima il DNA si chiamava Odile che, nell’antica lingua celtica, significa “Amica dell’Acqua”. Qual è la creatura che, per antonomasia, è amica dell’acqua? La Sirena. Come Partenope, sulle cui spoglie, secondo la leggenda, nacque Napoli.
Magari il Napoli, la squadra che rappresenta una Città da sempre amica dell’Acqua (ma anche del Fuoco, vero amico Vesuvio?), potrà trovare nell’Acqua, della quale tutti noi siamo composti in gran parte, un po’ di quel DNA Champions che serve per diventare leggenda.
È solo una favola, lo sappiamo bene, ma finché non ci svegliano, facciamo finta di crederci.
Potrebbe funzionare.