10 Insegnamenti di Bologna Napoli 0 - 0
Un Napoli forsennato a Bologna contro la squadra di Thiago Motta, mal coglie l'opportunità del rilancio in classifica, impelagandosi in un guado pericoloso, quello della dispersione d'energie preziose utili a sollevare la china, che tra sfortuna ed episodi prevaricanti in termini di risultato sfiora la debacle.
Di seguito le cose più indulgenti e significative della partita del dall'Ara finita con un pareggio a reti inviolate:
1) LA VANA SOTTOMISSIONE
Un Napoli che contro il forte Bologna, per 45 minuti pur splendendo di luce propria, mal s'adatta a dominare un gioco senza suggellare il proprio acume, impiegando il tempo e le energie a disposizione con il fine proposito ben ragguardevole d’assaltare la partita con le stoccate migliori, per scalfire un’armatura difensiva felsinea che ben si lascia solo scolpire dalle determinazioni azzurre, senza mai riuscire a tirare la testa fuori dall’elmo.
Se non altro all'inizio finalmente si è visto un Napoli con l’alacre spirito di forte collettività, intento a controllare la partita e non solo dominarla, senza esporsi a contrattacchi, bilanciando le preventive, variando l'uscita del pallone dal centro agl’esterni, in un frullio di cose fatte sommariamente bene ma a cui manca sempre l'encomiabile perfezione. E’ stato certamente confortante e felice vedere il Napoli di Garcia schiacciare il Bologna per tutto il primo tempo inscatolato nella propria metà campo però, a conti fatti, massimizza la frustrazione per una nuova partita giocata come si voleva ma sortendo al novantesimo l'effetto di sempre: disattendere le aspettative e cadere in frustrazione.
2) IL DISAPPUNTO TENDENZIOSO E LA NEVROSI SCENICA
Nelle scenate all'uscita dal campo, un po' corruccianti per chi le vede, c'è l'ingerenza lecita di una sostituzione condita dal torbido inappagamento dei protagonisti, che fulgidamente avevano marcato il passo nella scorsa trionfale stagione ed è spiacevole constatare che gli episodi prima di Kvara a Genova e poi di Osimhen a Bologna, arrivano in un frangente in cui entrambi trovano più coraggio ad indisporsi che a buttare la palla in rete.
Forse perché in questo momento la sfortuna è cieca per lasciare in pace il Napoli, forse perché i due hanno ricevuto degl’input dall'allenatore che non elevano il potenziale del proprio gioco (poco associativo) e forse anche perché il dialogo intimo con i calciatori non è costruttivo. Quando un elemento cardine della squadra uscendo dal campo si lamenta platealmente con adrenalina in overdose nelle vene, si avvolge in un mantello incandescente che lo rende inavvicinabile e dismetterà soltanto il giorno il seguente assieme a tutta la rabbia ingenerata per la propria delusione di non aver lasciato il segno durante il match, veleno addizionale a pungolare le motivazioni e la bramosia di vittoria.
Per questo tali manifestazioni istrioniche di contro pensiero al Deus ex machine della squadra, non possono essere interpretate diversamente dall’ipotesi che indipendentemente dalla ragione insita nel gesto sbagliato e dalla causa scaturente, Kvara ed Osimhen allo stato di cose non s’identificano al 100% nel credo di Garcia, considerando depauperato il proprio potenziale all'interno della squadra, investiti dello status di giocatori migliori a suon di prestazioni lo scorso campionato. E’ evidente che sia una colpa condivisa tra le parti, fratturata tra la protratta irresponsabilità da parte dei due giocatori che non hanno atteggiamenti maturi e, in tema di maturità, da un eccesso di severità (e magari carenza di lucidità) da parte dell’allenatore che combina male le sue istruzioni con l'esecuzione del gioco dei propri avamposti. Due episodi controproducenti che generano disvalore più che malumore.
3) NATAN GIOVANE VETERANO
Malgrado l'inserimento da bradipo nell’undici di partenza e la corpulenza elefantiaca della sua stazza, il debutto dal primissimo minuto di Natan è stato un successo e forse giustifica anche la gradualità con la quale è stato buttato dentro il centrale difensivo brasiliano, considerato a tutti gli effetti una promessa del calcio mondiale nel suo ruolo. Natan ha preferito non esibirsi in efferatezze da repertorio, che sicuramente possiede, mostrandosi oculato manovriere dalle retrovie durante la prima frazione ed abile corazziere nel secondo tempo quando ha dovuto sobbarcarsi qualche contrasto più sopraffine o vincere qualche tackle sulle mezze palle.
Senz'altro l'autorevolezza con la quale si predispone a ricevere a giocare il pallone e la prontezza con cui effettua determinati interventi sono un buon volano per lasciare intravedere che la sua titolarità possa cementarsi nel corso del tempo e farlo salire di livello, fino a diventare anche un punto di riferimento tecnico per la squadra dalle retrovie. Certamente è stato un esordio da titolare complesso per la situazione ambientale che sta vivendo la squadra e per il fatto di essere un extra continentale che vive da vicino la serie A per la prima volta nella sua vita, ma le stimmate improntano ad essere quelle di un giocatore predestinato ad una carriera di buone virtù.
Non è stata consuntivamene (anche versante tattico) una partita indicativa per espletare un giudizio tecnico se non volto solo a trarne una valutazione stilistica, ma la calma e l'utilità con cui ha presenziato in campo, sono la nuova chiave di lettura della difesa del Napoli.
4) IL RIGORE È UNA PENITENZA
Il rigore è un fatto episodico, qualche volta un turning point delle partite, altre volte una macumba. Il Napoli ha sbagliato quasi tutti gli ultimi rigori che si è procurato dallo scorso campionato, antecedentemente due volte Osimehn e Kvara, una Raspadori e persino il prode Lobotka condannò gli azzurri ad uscire dalla tim cup mancando un penalty.
In generale se la lotteria dei rigori è sempre un dare-avere sulla linea del tempo, il Napoli ha festeggiato lo scudetto con un rigore di Osimhen alla Fiorentina e con l’errore di mira dello stesso nigeriano contro il Bologna, nella corsa seppur iniziatica verso lo scudetto 23/24, potrebbe infliggersi una penalità di eccessivo “rigore” rispetto alle ambizioni molto alte del club.
Plausibile in futuro affrontare il vantaggio del tiro libero con una maggiore serenità rispetto al peso che quella palla può avere in misura maggiore rispetto a tutte quelle altre che si toccano durante il match ed è l'unica fonte di guadagno per il prossimo goal dagli undici metri che un calciatore del Napoli si troverà a dover centrare.
5) I DOLORI DEL GIOVANE RASPA
Se è vero che i grandi calciatori possano fare tutti i ruoli non è detto che debbano farli davvero. Il fatto che i giocatori della caratura di Raspadori non si sprechino in Serie A certifica che nel gioco del Napoli Raspadori è sprecato. Il talento di Bentivoglio gioca delle partite avvizzite in partenza, nella temerarietà di non vanificare il potenziale a sua disposizione, in un contrito asservimento alla squadra e al suo scacchiere tattico.
Ma Raspadori non è un esterno d'attacco, non ama attaccare la profondità per caratteristiche, non può crossare dal fondo con continuità e fatica ad accentrarsi per tirare in porta a piede invertito, oltre a fatto di non avere il dribbling nel sangue per sterzare e ripartire. Soprattutto ama giocare con la palla tra i piedi, motivo per il quale provare a farlo convergere di continuo senza che riesca a dettare nelle linee guida, né un gioco verticale né esserne fulcro, denota che il suo utilizzo in questo momento è deficitario ed è una delle responsabilità tattiche di Garcia il fatto di non averlo inquadrato con il diapason.
Ma ci sono anche le corresponsabilità del ragazzo, il quale denota un'insofferenza meramente adattiva a capire qual è la zona di campo che deve presidiare con maggior costrutto e coordinarsi con i compagni. Ad esempio è abbastanza scadente l'intesa con Di Lorenzo, in un vestito tattico sulla fascia destra di piccolissima taglia che alla lunga comincia ad essere uno dei problemi cruciali per il prosieguo della stagione del Napoli, dove una risorsa come Raspadori non può costituire l'intero ammainarsi dell’attacco e il disastro associazione dei compagni di reparto.
Kvara molto spesso nello scorso campionato era solito invertire campo con una sola giocata e cercare l'angolo lungo per un inserimento isolato o di rimpinguamento dell'azione proprio dall'esterno destra, in questo caso Raspadori non attacca mai lo spazio né tantomeno la profondità, così come Osimhen spalle alla porta o fronte alla porta, preferisce offrirgli una soluzione di scarico palla in avanti piuttosto che duettare con lui in orizzontale ed risulta evidente che Raspa continua ad usurarsi le suole nelle rincorse agl’avversari, senza resettare il suo modo di giocare, per tornare a essere determinante.
6) IL SEDIMENTO D'INSODDISFAZIONE DELLA PIAZZA
Il rischio di diventare una polveriera di critiche ingiuste dettate da atteggiamenti scorretti, c’è. Perchè se il pareggio col Bologna fosse arrivato nel bel mezzo del campionato o in un turno infrasettimanale tra i cumuli di fatiche pregresse e le previsioni di quelle successive, nessuno avrebbe storto il naso raccapricciandosi o fatto orecchie da mercante innanzi a risultati e prestazioni, oggettivamente deludenti. Ad inizio campionato la strada sembra già segnata invece per disperarsi.
Perciò ad oggi il calcio Napoli si prostra male dinanzi alle critiche furiose, visto che dall’incapacità a vincere alla disabitudine a vincere passando per uno scudetto, ci sono valutazioni imparziali del pubblico e dell'allenatore stesso, se si proferisce che il Napoli riuscisse a mettere a soqquadro tutte le squadre avversarie nella scorsa stagione e molti giocatori avevano il piacere di esaltarsi in situazioni impreventivabili.
Ora, per una serie di concause unite a fattori anche psicologici, questi accadimenti non si sono ancora reificati e per quanto manchi una degna mano dell'allenatore ed un rimostrato senso di coesione che si percepisce sempre a pelle, è disammirevole che a Napoli non si stia dando tempo al tecnico di svolgere il proprio compito, prescindendo dal fatto che la squadra campione d'Italia abbia il diritto dovere di difendere il tricolore e per quanto l'impegno non stia mancando, vengono fuori man mano caratteristiche deboli o lacune nascoste di determinati protagonisti della passata cavalcata vincente.
Non si può premonire che sia stato effettuato un processo di metamorfosi involutiva degli stessi giocatori che qualche mese fa erano i migliori nel proprio ruolo e che in tre partite gettano a mare il lavoro di mesi, così come a Garcia non si può imputare di essere un distruttore ma neanche di essere un completatore che ha enucleato quali sono stati i punti di forza dell'anno passato. A lui mancano forse dei suggerimenti su quale potrebb’essere l'indirizzamento di un problema di compatibilità e di dialettica che la squadra mal digerisce nel recepimento d’alcune informazioni che per lui sono assodate e per altri magari arrivano con un eco di fastidio.
Dall'esterno si percepisce che la squadra abbia fin troppa forza di volontà e stia sprecando una qualità intrinseca, in favore di una frivola battaglia di nervi a cui nei precedenti successi aveva rinunciato per il gusto di vedere una palla che correva molto più veloce e molto più precisa.
7) BISOGNA AMMAINARE LA BANDIERA BIANCA
E’ un dato incontrovertibile che le statistiche non confutano e che anche una pressapochista analisi visiva mette a nudo quello della forma fisica altalenante che induce il Napoli sistematicamente a prodursi sforzi egocentrici quasi di ribellione a questa situazione, per conseguire un goal e tralasciare tanti piccoli aspetti, tra cui i dettagli che nel calcio fanno sempre la differenza.
Nelle ultime partite si è assistito ad una squadra che spinge molto forte a spron battente e mette sotto l'avversario nel primo tempo, attraverso un predominio territoriale di medio buona fattura e inconcepibilmente nel secondo tempo tira i remi in barca rischiando di disperdere quanto di efficace realizzato.
E’ stato così con la Lazio, si è ripetuto con il Genoa mascherato da due gol che hanno salvato solo il risultato, col Braga il copione si è reiterato e con il Bologna si è avuto il suggello d’una condizione fisica che nella seconda parte del secondo tempo per il Napoli diventa esasperante, deficitaria a livello psicoattitudinale o semplicemente inasprente i problemi di tattico patia che inducono i calciatori a sfilacciarsi tra i reparti e correre in retroazione. E’ l’allarme per una squadra avversaria che attribuisce al Napoli un valore superiore al proprio, vedere in un certo tipo di arrendevolezza per conquistare ancora più forza di quanta ne si dispone.
Il punto focale della riorganizzazione dei piani partita del Napoli è quindi la gestione delle forze, per evitare che la barca anneghi appena dopo salpata.
8) GARCIA VITUPERATO DA TUTTE LE PARTI
A Rudi Garcia ormai non viene perdonato niente; neanche il suo mostrarsi specchiato a discapito d' una profondità di analisi nel merito di questioni che per i tanti critici risulteranno irrisolte e su cui egli continua a glissare. È chiaro che in sei partite giocate il Napoli non abbia fatto bene in considerazione che nelle due vittorie conseguite in Serie A, ha incontrato il Frosinone incompleto e imbarazzato dall'esordio ed il Sassuolo che ha giocato buona parte della gara in 10 uomini. La critica dei tifosi però non verte sempre nel merito delle partite, ma è concettuale.
I più denotano un regresso rispetto al Napoli cristallino dello Scudetto vinto qualche mese fa; vittima di un'inibizione a vincere che in alcuni casi espone volontà retrattili ed il senso d'incompiutezza dei calciatori. Dopo che contro la Lazio la squadra si era totalmente disintegrata, col Bologna si è ravvivata fin troppo da diventare succube dei dirimpettai sul finire del match. La fortuna non arride al tecnico andaluso, la sua gestione della squadra è vagamente salda e burattinata più dai valori morali che da quelli tecnici, ed forse è l'unico fattore da cui prescinde la squadra in questo momento, capace in ogni caso di giocare le partite un po' meglio degli avversari.
Ma se il rancore così generalizzato e invertebrato nei confronti del tecnico, innesca un effetto domino che colpisce di rimando anche i giocatori che di quello stesso ambiente fanno parte, il Napoli continuerà a essere un cane che si morde la coda anche se vincerà qualche partita senza convincere al 100% perchè Garcia è attualmente uno sfiduciato per antonomasia in tutto l'ambiente partenopeo, dove si lesinano critiche che sverniciano qualsiasi tipo di rinnovamento la società si voglia dare anche in termini di comunicazione ed per questo che la campagna denigratoria partita in sordina, è diventata mediatica ed è arrivata a essere frontale da parte dei giornalisti che intervistano Garcia o semplicemente ne parlano, anche nel dopo gara del dall’Ara, con una tecnica unanimemente considerata di stillicidio verbale per mettere alla berlina una persona senza averla neanche conosciuta a fondo.
9) RUI-OLIVEIRA ALTERNANZA A PERDERE
La fascia sinistra del Napoli non è mai stata la parte di campo meglio coperta storicamente e pure di giocatori forti o importanti ci sono stati. A Mario Rui negli ultimi anni è spettato il compito di ben rappresentare il Napoli nel suo habitat naturale da mancino puro, gli stato meritevolmente rinnovato il contratto recentemente, mentre ad Olivera è presumibile che sarà rinnovato il prossimo anno.
In assoluto però il loro apporto alla squadra sembra avere una delineazione sinusoidale, in particolare è raro vedere uno dei due subentrare all'altro ed imprimere il proprio marchio di fabbrica alla partita o risolvere situazioni intricate.
Mario affronta una fase di principio di fine carriera, Olivera veleggia sulla beltà atletica e da lui è lecito aspettarsi qualche cosa in più oltre che da un punto di vista fisico anche tecnico. Pertanto con un volume di gioco così ampio anche i due terzini sinistri sono chiamati di tanto in tanto a svestire i loro panni di gregari di lusso per diventare guerrieri incisivi in difesa e incidenti in attacco. P.S. entrambi ammoniti contro il Bologna ed un solo cross refertato in novanta minuti.
10) FOGA O CATTIVERIA AGONISTICA. COSA SERVE?
Nessuna delle due. Ergo: Politano entra e per prendersi un fallo si accanisce sulla rincorsa al pallone spingendo l'avversario e facendosi ammonire. Esempio lampante di come il Napoli si svuota di capacità nervose e denuda la frustrazione per le prestazioni sotto tono.
Troppo netta ed evincibile la voglia di voler strafare in una perpetua e irrefrenabile voglia di attaccare in surplus, che porta la squadra a sfibrarsi fino a scivolare nelle propaggini della competizione agonistica.
È così che quando la ruota va tanto veloce non serve correre veloce come essa, ma fermarla e ripartire. Serve soprattutto che i calciatori del Napoli discernano nella dicotomia di che cosa sia giusto o sbagliato fare in campo, non solo come atteggiamento ma anche come comportamento, solo i vantaggi da procurarsi nei 90' e oltre, perchè fin ora la sfiducia e il nervosismo hanno consegnato piccole sventure.