Conte non ha ereditato macerie, ma un Napoli già ricostruito
"Conte ha ereditato macerie" è il mantra per giustificare l'improvvisa conversione di Napoli al risultatismo. In realtà l'angelo del fango è stato il mercato faraonico di De Laurentiis. Ma guai a dare meriti al club.
"Conte ha ereditato macerie". Ci sarebbe da scrivere un libro su questa frase che ormai spopola in città, nelle viuzze del centro fino a raggiungere la vicina periferia.
È il mantra di chi si è scoperto, all'alba del campionato, come fautore del "vincere è l'unica cosa che conta", slogan tra i più contestati della storia partenopea (non solo calcistica, ma proprio nazional popolare).
Le medaglie appese al petto per tanti anni, proprio quelle del bel gioco, quelle che rappresentavano la presa del palazzo e delle sue segreterie oscure, sono state riposte nei meandri più nascosti dei cassetti dell'anima. Oggi non conta più nulla.
Si deve solo vincere e poco importa come. Tant'è! Chi scrive sa benissimo che ci sono tanti modi per provare a vincere. Sia se giochi "alla Guardiola", sia se giochi "alla Ancelotti" (si, proprio lui), sia se lo fai "alla Allegri" (si, proprio lui, quello più preso per i fondelli per il suo modo di soffrire anche con oneste squadre di bassa classifica).
Le macerie, dicevamo. Spazzate via da Antonio Conte come il vento fa con la cenere sul bordo di un tavolino. Aurelio De Laurentiis in questa storia sembra quasi c'entri niente. Colui il quale non sa trattenersi, il despota nemico, il male fatto persona. Il tiranno. Colui il quale ha incassato nulla ma speso 150 e passa milioni di euro solo di cartellini cash, liberando lo spogliatoio e l'ambiente da scorie di post scudetto così negative che lasciavano rabbrividire.
Il tira e molla con Victor Osimhen perdendo fior di quattrini che oggigiorno nemmeno il Real Madrid può permettersi di perdere. Ristabilendo, in una sola sessione di mercato, l'ordine non naturale delle cose, ma quello a cui siamo lietamente abituati.
Basti vedere il post Verona e le parole di un intelligentissimo Conte: "ha ragione Aurelio, questa rosa va rifondata". Oppure le parole sempre di un portentoso Antonio dopo Empoli.
Questa è l'unica città al mondo dove se le cose vanno bene è merito di Tizio e se vanno male è demerito di Caio. Anzi no, in quel caso non di Caio, ma di Caino. La perenne contrapposizione del Bene e del Male che non lascia scampo. Se provi a ragionare, a dire la tua, a essere seppur leggermente controcorrente vieni tacciato di essere anti una qualsiasi forma di figura.
Ma anche basta. La verità è che l'azienda Napoli funziona una meraviglia e che commette errori come in ogni società del globo. La grandezza sta nel capirli. Il Napoli li ha capiti in una sola sessione di mercato. Anche prendendo un allenatore da 20 milioni l'anno col sui innumerevole staff.
Le macerie sono state ricomposte dalla società. Il resto lo sta facendo una grande guida tecnica. Le cose, guarda un pó, possono stare tranquillamente nella stessa frase.
Anche se si crede che senza Conte, non c'era speranza e futuro. Se il buon Antonio si fosse accordato con qualsiasi altro club in Europa, oggi il Napoli sarebbe nelle acque agitate tra Monza e Venezia, probabilmente.
È proprio vero, come disse Edmund Burke: "chi non conosce la storia, è condannato a ripeterla".