"Nessun giocatore è più grande del club"

Josè Mourinho

Così parlò lo Special One, quando ancora era Special. E mi sembra di buon gusto lasciare che ad introdurre un frammento di rabbia analizzata e rielaborata in una delle notti più difficili da un anno a questa parte, sia la frase di una delle più importanti personalità della storia del calcio. Già, la personalità. L'alone etereo che separava i tuoi atteggiamenti quantomeno burrascosi dalle critiche. Poco importava, eri intoccabile. Avresti potuto mandare a quel paese chiunque per un passaggio mal calibrato o mai partito, nessuno te ne avrebbe fatta una colpa. Era abitudine. Un'abitudine dannosa prima per noi e poi per te, hai finito per sentirti grande, potente, intoccabile. Ma, caro Osimhen, sei sicuro di esser grande da solo? A me risulta che fossimo grandi assieme.

Ed in questo momento dovremmo tornare grandi assieme, dovresti tenderci la mano. Come abbiamo fatto noi quando segnavi 10 e non 30 gol. Quando passavi più tempo in infermeria che in campo. E invece cosa hai fatto (o hai permesso che facessero)?

Hai gettato benzina sul fuoco su una situazione già caotica, come se non avessi affrontato situazioni ben più importanti nella tua vita. A 24 anni col tuo passato dovresti ragionare da uomo, non da ragazzino incapace di gestire le proprie emozioni. E in un attimo hai deciso che fosse finita, per quella che voglio sperare sia una futile incomprensione e non un archibugio per prendere il primo volo per l'Inghilterra dove sì, lì il problema del razzismo non si riduce ad uno stupido trend su TikTok dove si è accostati ad una noce di cocco, chiedere a Saka per maggiori informazioni. Come in una semestrale storia d'amore tra liceali, hai fatto scomparire indignato tutte le foto dal tuo profilo Instagram. Come se non dovessi a Napoli quanto Napoli deve a te, caro Osimhen... e non è poco.

Victor, ma tu sai cos'è il Napoli?

"Guagliò rassegnati, perché 'na cosa accussì bella nun a verimm' cchiù e nun t'o ddico sulo pecché teng 'na cert'età!"

Zio Franco, 06/05/2023

Se chiunque, a qualunque ora del giorno, mi chiedesse cosa sia il Napoli e come spiegarlo a chi non si lascia inebriare dalla irrefrenabile libido di pallone di questa città, risponderei articolando un discorso ricco di ridondanti sprazzi di riscatto storico-sociale, di passione, di vita. Ora, però, mi rendo conto che sarebbero parole al vento. Basterebbe fare l'esempio di un mio zio materno, insomma, uno dei 500 Zio Franco presenti in una famiglia napoletana.

Da bambino pensavo candidamente che il suo nome si proferisse tutto d'un fiato. "Lozziofranco", dicevo. Osservandolo, capii ben presto che il suo stato d'animo non fosse sfiancato dai dolori figli d'una certa età. Macché. Figlio di una generazione che ha conosciuto le lamentele solo in terza persona. Lo zio aveva e ha una sola malattia: il Napoli. Sempre intendo a lucidare una vecchia Vespa, con il santino di Maradona di fianco alle fotografie di chi purtroppo non ha potuto godere dell'apoteosi azzurra di qualche mese fa. I nostri incontri sono compassati e ridotti alle monotematiche chiacchierate che, quando sono di visita ai nonni materni, nascono nell'androne del palazzo. In una delle nostre ultime chiacchierate, con gli occhi lucidi, proferì la frase sopracitata.

E che occhi.

Lo zio ha condiviso per intero i suoi quasi novant'anni col Napoli. Lui, una vespa e l'azzurra casacca. Così fu al vecchio stadio Collana, fu per le molteplici delusioni, fu per Dio in veste d'uomo riccioluto e complicato. Recita a memoria la formazione del Napoli di Krol e tuttora mastica amaro pensando a cosa sarebbe potuto essere il compianto Musella. Poi, uno sguardo al cielo ed un sorriso: "Ci siamo divertiti proprio assai con Diego, nun può manc' immaginà!". La discesa ripida e la complicatissima risalita non lo hanno mai neanche avvicinato al terrore di non riuscire a vedere per questioni di tempo il terzo Scudetto. "Mo pozz' pur' murì...", dice e io non posso fare a meno che ammonirlo, pur sorridendo.

E tu, caro Osimhen, saresti più grande di tutto questo? Meriteresti di indossare questa sera la maglia azzurra legittimando un capriccio da primadonna?

Caro Osimhen, sicuro di voler archiviare quest'avventura?

Caro Osimhen, faremmo il tuo stesso errore a negare il tuo straordinario e immortale segno scolpito nella storia del Napoli. Perché figlia di questi tempi è la asfissiante tendenza al revisionismo storico, perché in questo mondo al primo segnale di distacco il contributo fondamentale a ciò che fu di glorioso diventa generico in men che non si dica, un dettaglio quasi scomodo. Napoli non dimentica e non ti odierà mai, hai contribuito a regalare a tanti padri di famiglia l'opportunità incalcolabile di rivedersi nei loro padri in quei flashback (per chi ne ha) di indefiniti secondi che li legano ad un mitologico ricordo dei trionfi passati. Mi hai regalato, sedicenne, una gioia difficile anche da provare a ripercorrere, che lascia tuttora segni sulla mia pelle. Ora l'hai fatta grossa e infantile il tuo futuro è lontano da qui, per il nostro bene e per il tuo bene. Ma tu hai il cuore d'un bambino (non solo i modi, per fortuna) e sono sicuro che riguarderai nostalgico nel tuo archivio i post coi momenti che ci hanno resi immortali.

Ah, hai fatto scoppiare a piangere papà. Non ci era mai riuscito nessuno, sai?