Il Napoli delude cogentemente nel Sabato di Pasqua contro l'Atalanta, arrivata al Maradona con il chiarissimo obiettivo di fare tre punti. Calzona messo in difficoltà da Gasperini per tutta la gara, in cui la squadra partenopea non ha mai ingranato la marcia per la riscossa, sbattendo sui pali le proprie frustrazioni.

Di seguto il computo di una mattinata di raro avvilimento per il mondo Napoli.

  1. INERMI AI GOL E LE BELLE STATUINE

Quanto poco e ignobile Napoli c'è dentro la sconfitta mefistofelica contro la dea Bergamasca, che stringe la camicia di forza attorno alla bozza di reazione del gruppo azzurro in una giornata NO, ormai troppo frequente, in cui riesce a fallire tutto quello che era fallibile e forse anche qualcosa in più.

E’ una caduta assurda quella del Napoli che in un diurno di luce fredda e vento sferzante, si ritrova genuflesso al capezzale della rifondazione, malgrado le circostanze apparentemente favorevoli per poter ritornare a remare con il vento in poppa, sospinti dal solito encomiabile pubblico.

La squadra s’imbalsama dentro un corpo unico privo di rabbia agonistica, debole nella lotta, privo di slancio atletico, tecnicamente carente e con una voglia di fare risultato transigente al compromesso del gioco. l'Atalanta surclassa sistematicamente il Napoli occludendo qualsiasi spiraglio di manovra mentre gl’azzurri con la nuova maglia rimangono intrappolati in una gelatina come al solito ben ordita da Gasperini, i cui uomini oltre ad emergere sempre in misura migliore nel contatto corpo a corpo, prevalentemente imbambolano i calciatori del Napoli, che sul primo e sul secondo gol lasciano perplessi anche se stessi per la blandezza con cui immaginano di frapporsi agli avversari e restano immobili. Passivo, che non risluta più aspro perchè Meret sfodera una prestazione da top class su molte uscite garibaldine.

Atteggiamento disgraziato che persiste per gran parte della partita e perimetra tutto il limite di possibilità che il Napoli si è dato questa stagione, che va oltre l'arrendevolezza e certifica la resa di questo gruppo di giocatori.

  1. INEFFICIENZA DEI CAMBI

Un dato di fatto abbastanza lampante è che i giocatori del Napoli subentrati dalla panchina hanno dato pochissimo in termini di efficienza e soprattutto nei numeri statistici che contribuiscono ai risultati della squadra.

Soltanto quattro dei 44 Gol realizzati del Napoli in questa serie A sono arrivati da giocatori subentrati a gara in corso e a questo punto della stagione tale défaiance non suona più come un dettaglio, ma come un elemento diversivo che non si è mai sfruttato.

Nella partita contro i nerazzurri di Bergamo i panchinari entrati nella ripresa fruttano ancora una volta le irrisorietà di nessun valore aggiunto; per quanto il buon Ngonge profonda impegno misto a diletto e Zielinski si sfoga a sprazzi con qualche buona giocata tecnica, colpendo anche un palo, ma Lindstrom a cui si richiederebberebbe un contributo suppletivo alle carenze della squadra in determinati frangenti non perviene e Simeone appare decontestualizzato. Tutti gli altri non sono utili alla causa e mancando Kvara, vi è da interrogarsi oltre che sulla bontà della rosa anche sulla funzionalità di una pletora di calciatori dal bassissimo rendimento, in una squadra che sulla corsa lunga ha dimostrato di non avere i ricambi giusti né nel ruolo nè nell'interpretazione delle partite.

  1. INDULGENZA FINITA

Il pubblico tuona perentorio nei volteggi delle curve dove le frange estreme del tifo si sperticano con acredine in una contestazione quanto mai legittima, suffragata tanto dai risultati non all'altezza delle aspettative e ad un atteggiamento maldestro della squadra, quanto al presappochissimo dei dirigenti con cui si tende di sovente a porsi sul chi va là per il sopraggiungere del riscatto da parte di una squadra che sono tanti mesi che continua a tirare una corda che si è spezzata.

La contestazione molto sonora che lo stadio ha fatto aleggiare nell'impianto di Fuorigrotta a far da colonna sonora alla fine del primo e del secondo tempo e che perseguirà anche nei prossimi giorni, è il pungolo di recrudescenze di tifo e risentimenti per le avite questioni concernenti l’annata ed il sintomo dell' esasperazione di un tifo innamorato, che non si vede contraccambiato.

Se alcune contestazioni sono state nel corso degli anni frutto di contingenze nei confronti della squadra in toto, come nel caso dell'ammutinamento, oppure dei risultati scadenti in controtendenza ai proclami, sebbene la gente di Napoli non abbia mai preteso di vincere ma di volerlo sognare ad occhi aperti, il vero vulnus di negatività che attornia il calcio Napoli ora è che quel sogno cullato per tre lustri, in nome del rispetto (questo sì preteso), stia sconsacrando il valore immenso che il testamento dello scudetto ha lasciato alla squadra e alla città il nome di un amore per la maglia che al pubblico interessa più del risultato.

4. DIFESE AVVERSARIE COMODE

Oltre alle polveri bagnate che gli attaccanti del Napoli patiscono senza micce per ravvivarle, la precarietà dell'offerta di gioco d'attacco volge a totale appannaggio delle difese avversarie, in moltissime situazioni tergiversanti in un blocco basso ben strutturato con una difesa composta da almeno cinque giocatori a cinturare il cono centrale, che abbiano allineamento e sincronia rispetto al tempo di gioco su cui rubare palla o intercettare una linea di passaggio degl’avanti del Napoli; copione troppe volte reiterato.

L'Atalanta nella partita contro il Napoli con la propria maestria nel comporre l'uscita dei giocatori a rotazione sul portatore di palla e attaccare con impatto lo scarico o prevederne l'intento, ha letteralmente annichilito anche le velleità del gioco di Osimhen e compagni.

Quest'ultimo sfruttato solo con lanci lunghi o per le spizzate aeree, dimenandosi a più non posso in un recinto di carneadi che lo hanno massacrato di botte e malgrado ciò è stato il migliore in campo del Napoli. Ciò può voler dire che sfruttare il centravanti principe del Napoli in modo così goffo, considerato come il gioco si accartoccia negli ultimi 20 metri, ed anche così pretenzioso per lui, lascia una difesa ben preparata in una comfort zone nella quale per 90 minuti ingerisce palloni leggibili e può armare il contrattacco nella maniera più ferale possibile.

Ora il Napoli oltre a non saper difendere bene il Napoli probabilmente attacca peggio e i voti alti dei difensori avversari ne sono là consueta contro prova.

5. LINDSTROM SENZA SPINA DORSALE

I 28 minuti scarsi in cui Lindstrom ha calcato il terreno di gioco sostituendo un impalpabile Politano, sono una catarsi di rimproveri. Il Danese riesce nell’arduo compito di sbagliare anche le cose più basilari, confermando la sua totale avulsità da un gioco di squadra e il mancato adattamento al calcio nostrano dopo 8 mesi vissuti in apnea tra panchina e subentri poco edificanti per il suo talento.

6 passaggi sbagliati, un tiro sbilenco, zero contrasti vinti e un cross impreciso sono il suo bottino di battaglia contro agguerritissimi rivali che lo hanno divorato quando ha avuto la palla. In qualche modo tale penuria di soluzioni da egli proposte, giustifica lo scarso minutaggio complessivo in campionato e Champions e una defezione in personalità e motivazione.

Ad oggi, Lidstrom con la sua insufficienza consuntiva nel rendimento sia individuale che modulare, è il peggior acquisto della campagna d’innesti 23/24 del Napoli. A 23 anni, nel pieno dell’esuberanza sportiva e calcistica, non è possibile pensare che il buon giocatore, tecnico ed eclettico, che aveva conquistato la scena in patria e poi in Germania sia già diventato una cometa eclissatasi nell’etere partenopeo.

6. DEA ASSATANATA

L’Atalanta non è squadra morbida, si sà. Quando ha l’obiettivo di far risultato abbranca la preda e la sbrana ed anche se non annovera campioni al portfolio di calciatori, il collettivo ha una forza propulsiva e spesso anche la tecnica sale al potere scoppiettando nel ritmo forsennato di pressing e corsa verticale.

Gasperini ha passato in rassegna negl’ultimi otto anni i giocatori che sotto la sua gestione hanno vissuto le migliori annate della carriera, arrivando ad overperformare contro ogni aspettativa o pronostico. In questa stagione il discorso vale per Scalvini, Zappacosta, Pasalic, Carnesecchi, Koopmeiners, Miranchuk, Ruggieri, Scamacca, Lookman e tanti altri.

Per quanto prevedibile, a Napoli si presenta una Dea non bendata (perchè non attinge da alcune stregoneria o buona sorte per vincere) ma assatanata e semplicemente più forte dei partenopei, capace di futilizzare qualsiasi comportamento tattico in campo e proporsi in poche azione offensive ma tutte d’estrema pericolosità. I giocatori della compagine bergamasca mettono sul terreno di gioco una voglia ferrigna di vincere i duelli individuali, piena cognizione di causa sui punti deboli degl’opponenti e uno sciorinamento di calcio a tratti molto gradevole perchè rapido e funzionale allo stesso tempo, varianado tempi di uscita e rifinitura sulla trequarti, con giocatori diversi che assumono posizioni distinte, tutte orientate a creare smarcamento e superiorità numerica.

L’Atalanta è superiore al Napoli in tutto e forse anche questo lo si sapeva già…

7. LO SPECCHIO RIFLESSO DELLA SQUADRA FORTE, ROTTO

Troppe volte in quest’annata maledetta si è atteso al varco il Napoli per sfoderare prestazioni di altissimo livello, come la squadra nel passato ha dimostrato di saper fare, ma il filo conduttore della stagione in corso è stato rendere in tutti gl’effettivi ben al di sotto delle aspettative e di sovente crollare sotto i colpi dei nemici, che oggi spingono il Napoli nel precipizio di trenta punti nel differenziale con il passato campionato.

La fragilità a cui asserisce Calzona analizzando lo squagliamento delle ambizioni della squadra dopo la partita, è il titolo del necrologio per la Champions del Napoli che ha imprudentemente compiuto l’errore più grande del post vittoria scudetto: non sentirsi più “underdog” come dicono in Gran Bretagna, cioè sottovalutati. 

La convinzione insita in una squadra titolare intenzionata a dominare il gioco sulle due dimensioni, lunghezza e larghezza, di dover replicare (con prevedibilità) la proposta di gioco senza considerare la fase passiva e allentando ogni concetto di armonia e compattezza, è la cartina tornasole di quanto la squadra non fosse pronta a vincere, pertanto quel dominio stoicistico del campionato scorso contro tutti i favori, fatto di opulenza calcistica e senso d’appartenenza, ha sterilizzato ogni desiderio di migliorarsi e continuare a progredire, specchiandosi nel passato e certe volte appare davvero che la stasi sia tangibile.

La curva involutiva era già iniziata quando si festeggiava.

8. CALZONA AL BATTESIMO DELLA SCONFITTA IN SERIE A

Prima sconfitta nella massima Serie da primo allenatore del Napoli per Francesco Calzona. Prima partita anche con nessun goal all’attivo sotto la gestione del tecnico calabrese. 

Quando Calzona parla, lo fa con algida lucidità e pragmatismo, enucleando i problemi e non sottraendosi alla falce della critica, anche mirata.

All’ex secondo di Sarri non vengono imputate responsabilità apicali, essendo arrivato in uno stato emergenziale e con extrema ratio sta cercando di barcamenare la caravella sana e salva in porto. Al momento non gli sta riuscendo, ma la capacità di saper dedurre che il modulo base non possa essere scardinato come schema di partenza, sconfessando che la squadra sia in grado di farlo a partita in corso, è il modo più trasparente per focalizzare un problema mastodontico della squadra: l’incapacità ad adattarsi e cambiare uno stilema di gioco - che non è solo posizionale - cosa che si richiedere esizialmente nel calcio moderno.

Al di là del fine ciclo e del tempo che il mister sta impiegando per “salvare” il Napoli, essendo il terzo tecnico arrivato a capitanare la squadra nella caldera del Vesuvio, ancor più che l’allenatore in prima linea, è l’uomo che Ariostescamente si pone con sguardo caleidoscopico ad osservare i problemi del gruppo squadra dall’alto, e con riso bonario se ne sente imbarazzato, perché sa che questa caporetto poteva essere evitata.

9. INTORPIDIMENTO TATTICO

Lo stato d’imbalsamatura e di fermezza sulle gambe dei calciatori del Napoli è un nodo focale sulla penuria della carica atletica e una sintomatica espressione di desistenza nello slancio atletico.

La topica che coinvolge su tutti, i due centrali Rrahmani e Juan jesus nei goal subiti, con a corollario l’intera squadra, è avvilente. Come se difendere sia un compito sporco, che dia fastidio ai giocatori, in cui lasciare intonse magliette e pantalonici a dispetto di comportamenti leoncini da parte degl’avversari che dominano i duelli individuali e sfavillano d'ardore e creatività.

In aggiunta ad una fase difensiva di pura fantasia, si assomma la ripetitività e il mancato scintillio della fase d’attacco, con palloni che attorniano l’area di rigore con una fluidità di trasmissione palla abbastanza bassa e un crogiolo d'effimere opportunità estratte dalla valigia di avanscoperta in area, che quasi sempre inquadrano Osimehn come unico e solo terminale delle azioni. Gioco forza i marcatori hanno buon gioco nelle contese e nei palloni lenti da smorzare.

La sfiducia che permea ogni ragionamento concernente questo gruppo di calciatori del Napoli, ha palesemente contaminato i calciatori stessi con strascichi difficilmente eradicabili nell’immediato.

10. LA STELLA POLARE DELLA MERITOCRAZIA SVANITA

E’ un principio cardine a qualsiasi livello di classe sociale ed ambiente e soprattutto nei contesti sportivi, quello di esserci per aver meritato di esserci ed è la vera nebulosa sulle regole non scritte che governano il Napoli nel 2024.

Tanti calciatori nel corso della stagione sono risultati insufficienti e avrebbero avuto bisogno o di rifiatare o di essere preservati in panchina per almeno due, tre partite di modo tale da resettare un andamento sinusoidale e ripristinare i veri valori assoluti di ciascuno di essi.

E’ pur vero che oggi i top player non riposano mai, così come anche vero che annoverare i giocatori del Napoli nella categoria ‘top player’ oggi è un'impresa più che ardua ma senza scomodare nessuno in particolare, almeno sei undicesimi dello zoccolo duro della squadra che da un punto di vista senatoriale risulta inamovibile, avrebbe avuto bisogno di un rifocillamento a campionato in corso, funzionale a riconoscersi.  

Invece con la mala dote di Zielinski che lascerà il club per motivi contrattuali ed è stato escluso dall’undici tipo da un traorè che stenta ad accendersi, unita a calciatori fondamentalmente impreparati o inadeguati, i titolari del Napoli anche quando avrebbero meritato di star fuori hanno sempre giocato in qualsiasi circostanza e condizione psicofisica .

Atleti inconciliabilmente spremuti al limite delle loro possibilità che hanno tirato fuori lacune lungamente mascherate dai risultati arridenti.

È una domanda legittima, in un momento di disarmo di tutte le migliori espressioni d'empatia, riconoscenza e gratitudine, se ci sia un diktat all'interno del Calcio Napoli per cui il posto di squadra sia una conseguenza del lavoro quotidiano e non​ di quello​ del passato.