La Fisica è una materia ostica, lo so. In realtà meno di ciò che appare. Come diceva il mio insegnante: non esistono cattive materie, soltanto cattivi professori. Basta trovare il grimaldello giusto, e la mente si apre a qualsiasi nuova informazione perché, di natura, siamo tutti curiosi.

E quale grimaldello migliore del Calcio? Quindi mettiamoci comodi perché dobbiamo brevemente parlare di Einstein.

Ma come? Che c’entra Einstein con il Calcio?

Eh lo so, ma fidatevi. Einstein, pure da giovane, con quell’aria un po’ svagata e il capello indomabile, sembrava sempre il tipo che si trovava ad una festa senza essere stato invitato. Poi, a fine serata, ti accorgevi che era l’ospite d’onore.

Albert Einstein nato a Ulma, Germania, nel 1879, è per antonomasia “lo scienziato”, l’icona più riconoscibile degli ultimi due secoli di Storia della Fisica, grazie alle sue teorie sconvolgenti e pluri-dimostrate sulla Relatività, che hanno praticamente donato due occhi nuovi con i quali guardare e capire l’Universo. In due parole, Einstein sta alla Fisica come Maradona sta al Calcio. Più chiaro di così, è impossibile.

Il principio di causalità

Sono certo che molti di voi conosceranno persino a memoria la formuletta, apparsa per la prima volta in un articolo del 1905, che legava in modo sorprendente la massa all’energia: E=mc2.

Tuttavia, oltre a questa, certamente la più famosa, Einstein dedusse tante altre relazioni che capovolsero princìpi ritenuti fino ad allora basilari e che resistevano da secoli, dai tempi di Galileo e di Isaac Newton, tanto per fare un altro paio di nomi importanti (prendeteli come se fossero Crujiff e Pelè).

La teoria della Relatività ha prodotto decine di innovazioni straordinarie, ma non è di queste che vorrei brevemente trattare. Ciò che invece mi preme sottolineare è quello che la Relatività ha lasciato inalterato di ciò che era già stato dedotto in precedenza.  Perché vecchio non significa per forza superato, anche nella Fisica. Bisogna solo stare attenti a non farlo diventare pregiudizio.

Il principio più importante che, nonostante l’apporto di Einstein, continua a resistere in tutta la Fisica si chiama Principio di Causalità e non è nulla di complicato. È un principio con il quale praticamente abbiamo a che fare tutti i giorni. Lo riconosciamo, più comunemente, come principio di causa-effetto. Ogni azione che facciamo produrrà delle conseguenze. Esiste forse qualcosa di più semplice? Probabilmente è la prima lezione che ci viene trasmessa dai nostri genitori, quando siamo piccoli. Corollario di questa lezione, arriva la seconda: se ciò che commetti è una brutta azione, seguirà una punizione. Chi sbaglia, paga. Causa ed effetto.

A quanto pare non è così.

Non dappertutto, perlomeno.

Da Shutter Island a Lost: il Calcio è sempre un'isola

Esiste un luogo in cui questo principio naturale è violato, che vive di regole tutte sue, più sconclusionate di quelle che vigevano sull’isola di Lost (e chi vi parla è un Lostiano convinto) dove un fumo nero di origine e meccanismo sconosciuti turbava i protagonisti.

Come avrete certamente intuito, il luogo di cui parlo è il nostro sistema Calcio.

Eh sì, deve avere per forza delle regole tutte sue un sistema in cui il signor – perché una laurea non ce l’ha, a dispetto di quanto ha falsamente dichiarato nel suo curriculum – Rosario D’Onofrio ha potuto presiedere i vertici della Procura arbitrale, nonostante fosse agli arresti domiciliari per possesso di 44 kg di marijuana. Uso personale, chiaro. E probabilmente ivi sarebbe restato se non fosse incappato in un arresto per traffico internazionale di stupefacenti. Ma sono cose che capitano.

A questo punto, un sistema sano, se ha peccato nel controllo o nelle verifiche, dovrebbe prendere dei provvedimenti. Colui che ha nominato, avallato, permesso la nomina di un criminale in Procura dovrebbe quantomeno rassegnare le dimissioni. «Ho sbagliato quindi mi dimetto». Causa effetto. Ed è così che ha fatto Trentalange… e invece no, non lo ha fatto. Non ancora. Anzi, ha appena comunicato che non ne ha intenzione, nonostante le recenti conferme che inchiodano il direttore degli arbitri alla sua responsabilità: sapeva chi era D'Onofrio e lo aveva nominato anche in virtù della loro amicizia. Ah, ecco perché non usciva mai di casa, avrà pensato. Vatti a fidare degli amici.

Sembrava impossibile trovare un esempio peggiore di quelli citati: D’Onofrio prima e Trentalange poi, avrebbero certamente meritato una medaglia d’oro alle Olimpiadi dell’impunità, eppure, tempo pochi giorni, e vengono superati a sinistra da un’altra coppia inaspettata: Manolo Portanova e il Genoa.

Il primo, appena condannato – ripetiamolo: giudicato e condannato – a sei anni per stupro di gruppo, dapprima viene convocato dal suo club, poi spedito in Tribuna, più per paura di proteste da parte dei tifosi che per una consapevole scelta logica, etica e soprattutto doverosa data la sentenza di condanna.

Ma il Calcio in Italia è questo, un macrosistema che vive di leggi proprie, diverse da quelle di tutti gli altri e per il quale il principio causa-effetto non sempre è rispettato o, se proprio va bene, si prende il suo tempo per essere verificato. Sì, va bene, poi vediamo, è agli arresti domiciliari, ma io non lo sapevo. Si, va bene, è stato condannato per stupro, ma adesso, con calma, vedremo cosa fare. Il Calcio in Italia è un fumo nero che annebbia le decisioni, che sembra di origine metafisica ma che, alla fine dei conti, si scopre essere semplicemente composto dalle storture dell'essere umano. I creatori di Lost evidentemente pensavano a Trentalange e al Genoa quando hanno sceneggiato l'ultima, dibattuta, stagione della madre di tutte le serie televisive moderne.

Adesso: esiste un modo per liberarsi da questa oscurità?

Per rispondere, dobbiamo fare un salto indietro, di svariati miliardi di anni, addirittura alla nascita dell'Universo: riguardo ad essa c’è chi propone una teoria coraggiosa, in relazione ad un’atavica domanda: ma com’è possibile che le costanti della natura, che le leggi della fisica, siano state tutte così precise da permettere la vita, così come la conosciamo?

È difficile pensare che si tratti di fortuna, molti ci vedono la prova dell’esistenza di Dio. Esiste una risposta un po’ diversa però. Forse nichilista, forse saggia.

L'Universo (più) giusto

Ed è quella che dice che forse il nostro Universo non ha nulla di speciale, e che con quel Big Bang (“quel” perché magari nemmeno il Big Bang è un evento unico) siano sorti tanti altri Universi, paralleli al nostro, magari con leggi fisiche e costanti naturali totalmente differenti dalle nostre.

Chissà, magari esiste un Universo in cui la luce non va a trecentomila chilometri al secondo, o la forza di gravità è un po’ più debole, cosicché da sentirci tutti più leggeri. E, magari, in quell’Universo esiste un Calcio in cui chi sbaglia, paga. E chi deve punire lo fa senza esitazione. Un Calcio in cui la leggerezza sta solo nella gravità che decide le traiettorie del pallone, non nelle scelte di chi il Calcio lo comanda.

Magari esiste.

In alternativa dobbiamo aspettare un nuovo Einstein che scopra altre leggi che ci permettano di interpretare questa realtà, che, alla fine, è quella in cui viviamo e tifiamo, sperando che la soluzione però non cada in una zona d’ombra.

Del resto anche il caro Albert aveva il suo punto debole: una Scienza che poi avrebbe avuto mille conferme sperimentali e che, ancora oggi, non quadra perfettamente con la sua Relatività: la Meccanica Quantistica. «Dio non gioca a dadi con il mondo» è la frase-slogan che lui coniò per esprimere la sua diffidenza.

Bohr, un pioniere della Meccanica Quantistica, provò a smentirlo sul suo stesso campo, affermando: «Smettila di dire a Dio dove deve gettare i suoi dadi».

Ecco, a noi non interessa chi debba lanciarli e dove. Non ci interessa nemmeno quale numero debba uscire. A noi tifosi, a noi persone perbene, interessa soltanto che quei dadi non siano truccati.


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