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Durante il processo che vede imputati sette professionisti sanitari per la morte di Diego Armando Maradona, l'avvocato Víctor Stinfale, ex legale e amico personale del campione argentino, ha espresso forti critiche nei confronti dell’equipe medica che si occupò del ricovero domiciliare di Maradona dopo l’ultima operazione.

"Preoccupati più per le dipendenze che per il cuore"

Stinfale ha dichiarato che i medici si concentrarono eccessivamente sulle dipendenze dell’ex calciatore, tralasciando però condizioni ben più gravi:

“Erano preoccupati per la dipendenza di Diego e non per il suo cuore. Andavano a controllare che non bevesse alcolici, ma è morto per problemi cardiaci.”

Accuse dirette all'organizzazione sanitaria

L’avvocato ha definito “barbara” la gestione sanitaria riservata a Maradona negli ultimi giorni:

“Che Diego sia morto perché nessuno si sia accorto che il suo cuore non batteva bene e che fosse tutto gonfio... non è giusto, è barbaro.”

Secondo Stinfale, nonostante Maradona fosse seguito da diversi specialisti e da un medico di base, Leopoldo Luque, mancò una supervisione efficace:

“In teoria aveva un medico per tutto, e Luque che doveva intervenire se qualcosa non funzionava. Con un po’ di attenzione in più, credo si sarebbe potuto salvare.”

L’allarme ignorato sulla frequenza cardiaca

In aula, Stinfale ha raccontato anche un episodio significativo:

“Un’infermiera disse che Diego aveva una frequenza cardiaca di 110 a riposo. Se fosse stato vero, sarebbe stato folle non ricoverarlo. In simili condizioni si chiama un medico, un’ambulanza, si fa qualcosa.”

Questo dettaglio è centrale nel dibattito processuale, poiché mette in discussione la decisione di mantenere Maradona in ricovero domiciliare, piuttosto che in una struttura medica adeguata.

Fonte: CDS


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