A Bologna è andato di scena un Napoli migliore rispetto alle uscite precedenti. Ma questo non è bastato per tornare a casa con i tre punti. Ha pesato tanto l'errore di Osimhen dagli 11 metri. Ma, in generale, pesa tantissimo anche la mancanza di incisività di Kvaratskhelia, ormai a secco da marzo e in estrema difficoltà a ritornare ai fasti di un tempo. Ma restiamo sul rigore sbagliato. Un bonus che il Napoli, col suo uomo immagine, non ha saputo sfruttare per mettere in ghiaccio la vittoria. Ma il dato peggiore non è tanto questo, ma la (non) reazione al post penalty.

Il Napoli l'anno scorso ha dominato il campionato per tanti motivi, molti dettagli che sono venuti tutti a favore. Se vinci uno scudetto, è anche normale. Ma i dettagli più importanti sono stati senza ombra di dubbio le continue reazioni ad episodi sfavorevoli. Il Napoli ha sempre reagito alle difficoltà. Con fame, tecnica, ferocia, ha ribaltato i momenti negativi. Come accadde a Glasgow, Bergamo, col Bologna in casa, a Roma con la Lazio, ad Amsterdam. E sicuramente manca altro. Gare in cui ci sono stati uno o più episodi sfavorevoli prontamente rivoltati a favore.

Oggi pare non essere così. Il Napoli di Garcìa appena le cose girano male, si spegne. Anzi, si demotiva, smette di crederci.
E su questo il tecnico francese non sta aiutando i ragazzi con le sostituzioni, che sembrano sempre mettere il freno a mano anziché l'acceleratore. Il Napoli sa e deve giocare mantenendo il pallino del gioco, con possesso palla reiterato e baricentro alto. Soprattutto in questa fase dove la fiducia nei propri mezzi scarseggia.

Garcìa lo deve capire in fretta. Come l'avrebbero sicuramente capito Luis Enrique, Vincenzo Italiano e Thiago Motta, allenatori cercati in estate ma che per vari e diversi motivi hanno rifiutato quella che era, ed è tutt'ora, una vera e propria patata bollente. Lo spagnolo aveva il Psg in testa, mentre i tecnici di Fiorentina e Bologna hanno declinato più per timore che per altro. Se il Napoli, paradossalmente, l'anno scorso avesse chiuso il campionato al secondo posto, avrebbe avuto la fila a giugno per essere allenato. Anche Spalletti, probabilmente, ha preferito cambiare aria per la difficoltà assoluta di ripetersi, dichiarando un anno sabbatico trasformatosi in un mese. La scelta, quindi, cadde su Garcìa. Non è un segreto.

E il francese non è uno sprovveduto, anzi. E voler caricare ogni responsabilità sulle sue spalle è una forzatura. Certo, sta commettendo errori. Sia di comunicazione, sia di tecnica. E certamente li sta commettendo di "motivazione". Perché probabilmente non ha toccato le corde giuste a ragazzi un pó svuotati dal tricolore. Non tutti gli allenatori, e i manager in generale, sono bravi tatticamente e, contestualmente, anche degli ottimi motivatori.
In tante aziende esiste una figura ancora un pó sottovalutata, che però può cadere a pennello per il Napoli attuale: un Mental Coach. Affinché i Kvaratskhelia, Osimhen, Anguissa, Lobotka, Rahmani, Rui ed altri liberino la mente, si sblocchino e tornino a calcare i campi con determinazione. Perché il mental coach lavora sul potenziale del materiale umano a disposizione. Ed il potenziale è sicuramente di alto livello. Dovesse così essere, il resto dovrà farlo Garcìa. Se riuscirà. Ovviamente si spera di sì.