Con il ritorno di Walter Mazzarri sulla panchina del Napoli si riapre il dibattito sul 433. A rintuzzare l'ambiente, l'Intervista all'agente di Igor Tudor che svela il retroscena dietro il mancato accordo con il tecnico croato. L'ex Marsiglia non avrebbe dato disponibilità assoluta a praticare lo schema che Aurelio De Laurentiis reputerebbe indispensabile per valorizzare la rosa dei campioni d'Italia.

Il condizionale è d'obbilgo. Il motivo è semplice: l'incaponimento del Presidente sul 433 è una sintesi giornalistica. Un tormentone che non ha nessun riscontro con il reale pensiero dell'area tecnica del Napoli, dell'intera area tecnica del Napoli: è bene ricordarlo.

I parametri del casting estivo e di quello invernale sono i principi di gioco: difesa alta e riaggressione. Il patron lo ha detto in estate e lo ha ribadito un mese fa. Ma, a quanto pare, molti avevano l'orecchio a folle.

Un cambio di guida tecnica è sempre un trauma e poi non ci sono in giro tanti allenatori che praticano il 4-3-3 con la difesa alta, come con Sarri e Spalletti.

Aurelio De Laurentiis post Napoli Fiorentina 1-3

Idee di gioco che restano applicabili con ogni modulo. Ma c'è anche un altro aspetto da valutare: la costruzione della rosa. Il club, negli anni, è riuscito a mettere in piedi un gruppo omogeneo, basato sul principio delle coppie evolute. Due giocatori per ruolo che propongono interpretazioni diverse. Luciano Spalletti, più di Maurizio Sarri, è riuscito a trarre il meglio da questa irripetibilità tecnica.

Oggi, il 433 è una necessità

In questo senso, il 433 è una necessità per preservare la rosa nella sua interezza. Non è una cieca convinzione, figlia della limitata conoscenza calcistica di chi comanda. Ma una scelta condivisa dall'intero, numeroso, esperto, competente comparto tecnico. Ed è soprattutto lo strumento individuato per tenere lo spogliatoio unito, affidando a ogni singolo componente la titolarità dei suoi minuti, nel riconoscimento della sua unicità tattica.

Le coppie del Napoli con il 433

A Rudi Garcia non è riuscito neanche per sbaglio. Tra i tanti errori della sua gestione, questo è stato il più grave in assoluto. Quello che ha proiettato il Napoli in una crisi dalla quale non era possibile uscire. Errore che De Laurentiis ha vissuto come un tradimento, tanto da non spendere un solo carattere sul suo profilo X per salutare il tecnico dopo l'esonero. Totalmente ghostato. Non è un caso.

Il lutto per l'abbandono di Spalletti andava sopito con le certezze di un immediato passato. La confusione del francese nella redistribuzione dei ruoli ha fortificato la depressione di un gruppo giovane, non abituato a gestire in autonomia la propia fame agonistica.

Oggi, il 352 è una forzatura

Al momento, rosa alla mano, il 352 non darebbe sicurezze. I punti critici sono molteplici. E vanno tutti nella direzione della gestione, più che dei principi. In difesa non ci sono i numeri necessari per una linea a tre. Sono quattro i centrali. Adattando Giovanni Di Lorenzo, cinque. Ne manca ancora uno.

Sulla sinistra, solo Olivera ha la gamba per coprire l'intera fascia. Mario Rui, per età e caratteristiche non sarebbe un'alternativa valida.

Stesso discorso sulla corsia opposta: Zanoli è pittato per arare tanto campo. Si andrebbero però a perdere le caratteristiche di partecipazione associativa alla manovra che ha sviluppato il capitano sotto la gestione precedente.

Le coppie del Napoli con il 352

Il centrocampo sarebbe il reparto che nel gioco delle coppie del 352 subirebbe meno traumi. Resta però l'unico settore che - anche con il 433, in realtà - non garantirebbe il principio delle coppie evolute. L'innesto di Cajuste ha fornito una valida alternativa ad Anguissa. Resta però il nodo Lobotka, unico vero insostituibile sia per caratteristiche che per interpretazione.

In attacco, la situazione si complica. Troppo. Le coppie scoppiano. Sei uomini per due posti. Non basterebbero 10 sostituzioni a partita per integrarli tutti. Uno spreco di risorse che in brevissimo tempo porterebbe disagi inimmaginabili.

In sintesi, nel calcio tutto è possibile. Non esiste una ricetta universale. Ma il progetto deve sempre tenere conto della globalità di una stagione. E di ogni aspetto umano correlato. Con questo materiale a disposizione, sarebbero più i contro che i pro.

Il Napoli progetta, non improvvisa

Il Napoli è un club che progetta. Non improvvisa neanche sotto tortura. Anche quando sbaglia. E l'opzione Mazzarri va in questa direzione. Invece, si confonde volutamente una scelta - che si è rivelata errata nei risultai - con l'incapacità di gestire un post scudetto già difficile di suo. Aggravato dal mancato rispetto dei contratti, in contemporanea, da parte di due dirigenti apicali. Rudi Garcia ha tradito le regole d'ingaggio oltre ogni più catastrofica aspettativa.

La narrazione che vuole il 433 come imposizione presidenziale non ha ragione di esistere se non per alimentare il mito del padre padrone che non conosce il calcio e che riduce tutto a freddi numeri. Il Napoli cerca idee e principi di gioco definiti, che possono essere applicati con ogni modulo. Ma i moduli sono uno strumento per valorizzare la rosa in ogni sua componente.

Credere che il 433 sia una gabbia imposta è l'ennesima sintesi maliziosa di chi non ha passione per un gioco che vive di dinamiche umane e non di soli schemi. I moduli si costruiscono attraverso il mercato. Non sono pazzielle da riporre nel cassetto quando si è annoiati.

Occorre ritornare a guardare il calcio con gli occhi di chi ama questo sport. Dedicandogli tempo. Fuggendo dalle sintesi. Perché il pallone è semplice solo quando si vince.

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