La magia dei Pink Floyd accende la Campania
I Pink Floyd e la Campania: un rapporto solido che affonda le radici negli Anni Settanta. Era il 1971, infatti, quando la band inglese, diretta dal regista scozzese naturalizzato francese Adrian Maben, registrò il monumentale documentario “Live At Pompeii”. Un’opera unica nel suo genere la cui idea nacque in maniera quasi casuale.
Si narra che nella torrida estate di quell’anno il regista, nel tentativo di recuperare il passaporto che credeva di aver smarrito durante una visita al sito archeologico di Pompei, tornò all'imbrunire nell'antico anfiteatro romano dove ebbe una folgorazione: far suonare i Pink Floyd in una location scevra dal pubblico. Qualcosa che contrastasse con le folle oceaniche che avevano animato manifestazioni come Woodstock o l'Isola di Wight.
Grazie a Ugo Carputi, un docente dell'Università di Napoli conoscente di Maben, fu possibile sbloccare le pratiche burocratiche presso la soprintendenza che diede il benestare per effettuare ben sei giorni di riprese nell'ottobre dello stesso anno.
Inizialmente si pensò di far esibire la band in playback. I quattro non ne vollero sapere e registrarono rigorosamente dal vivo, come dimostrano alcuni errori d’esecuzione (appositamente non tagliati) commessi da Nick Mason in “One of These Days”, quel brano che in Italia abbiamo imparato a conoscere anche perché è stato sigla della storica trasmissione di approfondimento sportivo Dribbling.
I Nick Mason’s Saucerful of Secrets illuminano di suggestioni il Belvedere di San Leucio di Caserta
Proprio Nick Mason è stato il protagonista di una serata avvolta nella magia di un’altra location mozzafiato della nostra straordinaria Campania: il complesso monumentale del Belvedere di San Leucio di Caserta. Si tratta dell’ultimo di una serie di sortite nella nostra regione dei membri della band che negli anni si sono esibiti sia nell’anfiteatro romano di Pompei (con pubblico presente e pagante) che in altri palcoscenici più convenzionali.
Non poteva quindi mancare la nostra amata terra nel tour dei Nick Mason’s Saucerful of Secrets, la band concepita nella line-up e guidata dal drummer di Birmingham che porta in scena il primo materiale dei Pink Floyd, quello psichedelico che apre le porte, in una trasformazione perpetua (The River of Constant Change, per dirla alla maniera dei Genesis), al progressive rock che ha caratterizzato gli Anni ‘70, il decennio che si chiude con il monolitico “The Wall”, il doppio concept ideato da Roger Waters che tutt’oggi è oggetto di continue rivisitazioni e rappresentazioni.
Il concerto svoltosi ieri sera nel complesso museale di San Leucio si discosta dalle esibizioni oceaniche dei Floyd. Una serata introspettiva dinanzi a un pubblico più raccolto. La giusta condizione per godere di opere atemporali eseguite da Nick Mason (batteria e percussioni), Gary Kemp (chitarra e voce), Guy Pratt (basso e voce), Dom Beken (tastiere e cori) e Lee Harris (chitarra e voce).
La scaletta propone canzoni del primo periodo dei floydiano per arrivare alle porte di “The Dark Side Of The Moon” che non viene mai menzionato nell'esibizione. Una scelta rigorosa ma coerente con il messaggio che il musicista intende veicolare. Mason ha voluto valorizzare pezzi che gli ex colleghi David Gilmour e Roger Waters tendono a non eseguire nei loro concerti oceanici. Una scelta che si dimostra vincente anche perché permette ad autentiche perle di riaffiorare ed essere riascoltate nella loro abbacinante bellezza.
Lo spettacolo ha inizio con una sezione audio curata direttamente dal tastierista Dom Beken, che comprende musiche ed effetti d'atmosfera dal sapore floydiano. Le immagini proiettate sul fondo del palco accrescono la suggestione in un impasto perfetto con la musica. Si fa subito sul serio con "Astronomy Domine", il capolavoro psichedelico tratto da “The Piper at the Gates of Dawn”, il primo lavoro dei Pink Floyd datato 1967.
Le prime canzoni dello show sono firmate da Syd Barrett la cui presenza accompagna le oltre due ore del concerto con continui rimandi filmati e citazioni doverose per un genio folle la cui carriera è durata troppo poco. La band è in forma e ne esce un tributo che emoziona chi è cresciuto leggendo storie ai limiti dell’assurdo del “Diamante Pazzo”.
Mason, alla fine di questa sezione d’apertura, raccoglie il microfono e ringrazia Syd, con il pubblico che regala un caloroso applauso all'artista scomparso nel 2006. Sullo schermo passano una serie di fotografie di Barrett che vanno dall'infanzia fino ai primi anni '70. Alcune delle quali mai viste prima di questi concerti. L’emozione è palpabile.
Questa parte viene archiviata e si passa ai lavori più floydiani, quelli che perdono l’influenza barrettiana che viene diluita dalla presenza di David Gilmour e da una nuova vena compositiva dei quattro che iniziano a piegarsi al rock progressivo, di cui saranno tra i più grandi esponenti.
"Obscured By Clouds" e "When You're In" sono perfetti pezzi-ponte tra le ere suddette. Un ritorno al passato si ha con “A Saucerful Of Secrets”, che Pratt suona con il basso Rickenbacker che non può non attirare lo sguardo di chi, come il sottoscritto, è cresciuto e si è formato nel mito di Chris Squire, probabilmente il bassista più legato allo storico marchio americano.
Uno dei momenti più alti della serata, che non ha conosciuto discese stilistiche né tecniche (da annotare un Mason più scolastico ma decisamente "metronometrico", non una cosa scontata data l’età dell'interprete), è il medley tratto dall'album “Atom Heart Mother” del 1970. Quello con la mucca in copertina, per rendere l’idea ai meno conoscitori della band. La mini-suite comprende una prima e una seconda sezione del brano "If", che fa da apertura e chiusura a una versione breve della strumentale "Atom Heart Mother".
L'esecuzione è potente anche se mancano gli archi che caratterizzano la versione incisa 54 anni or sono. È un dolce tuffo nel passato progressive dei Pink Floyd che manda in visibilio la platea. Per gusto personale è uno dei momenti da incorniciare della serata.
"Set The Controls For The Heart Of The Sun" chiude la prima parte del concerto riportandoci alle atmosfere del Live at Pompeii tra penombra e tamburi colpiti con i mallets.
Nella seconda parte, senza soffermarsi su ogni singolo brano eseguito, spicca "Fearless", alla cui coda c’è la celebre "You'll Never Walk Alone", inno del Liverpool. Il momento più atteso è rappresentato da uno dei brani più amati della discografia floydiana: "Echoes".
Sarebbe superfluo e forse tedioso descrivere il tourbillon di emozioni che suscita questa suite che nella sua versione originale si distende per 23 sognanti minuti. I Saucerful non la troncano, lo eseguono per intero in una variante più attualizzata ma non meno evocativa.
Troppo spesso si abusa del termine “capolavoro”. Ma non è questo il caso. "Echoes" è un lungo viaggio introspettivo accompagnato da suoni e atmosfere oniriche. Uno dei tanti punti apicali della carriera dei Pink Floyd che Nick Mason e la sua crew hanno rievocato portando per mano il pubblico campano in un’esperienza musicale irripetibile.
Al termine della lunga interpretazione - anche se è sembrata breve per come è scivolata via - gli spettatori sono letteralmente saltati in piedi in preda a un tripudio quasi estatico. Una meritata e sentita ovazione ai cinque musicisti che ringraziano e lentamente lasciano il palco per poi tornare per i canonici bis.
"One Of These Days", con l'esplosione sonora del finale, quasi violenta, fa tremare le pareti dello storico palazzo che cinge palco e platea. Una raffica liberatoria che apre a una versione compatta di "A Saucerful of Secrets", un capolavoro strumentale tratto dall’omonimo album del 1968. Gary Kemp sale in cattedra in questo epilogo regalando altre emozioni al pubblico che segue il cantato allora intonato, nella versione pompeiana, dal compianto Richard Wright. Un momento della serata che nobilita una location straordinaria.
Così si chiude l’esibizione. Quella di Mason, per tracciare un rapido bilancio finale, non è ascrivibile a una semplice operazione nostalgia con risvolti commerciali. Il musicista si lancia invece nella riscoperta di un frammento di una delle più belle e culturalmente segnanti stagioni della musica rock. Una sorta di manifesto per le nuove generazioni che magari sono più avvezze ai maggiormente noti “Wish You Were Here”, “The Dark Side of The Moon”, “The Wall”, e che così hanno potuto gustare pietanze sonore altrettanto rinomate ma meno cucinate.
La scaletta selezionata da Nick Mason è un tributo struggente a una stagione in cui il processo espressivo era libero, de-vincolato da regole incatenate, e poteva dunque liberarsi laddove l’immaginazione non poneva confini, creando mondi più o meno possibili nei quali perdersi e ritrovarsi a ogni ascolto. Più che un concerto, è stato un tuffo in un passato ancora pulsante e capace di emozionare.
Nick Mason’s Saucerful of Secrets, setlist Caserta 23/7/2024
Set 1
- Astronomy Domine
- Arnold Layne
- See Emily Play
- Remember Me
- Obscured by Clouds
- When You're In
- Remember a Day (Syd Barrett)
- If
- Atom Heart Mother
- If (Reprise)
- The Nile Song
- Set the Controls for the Heart of the Sun
Set 2:
- The Scarecrow (Syd Barrett)
- Fearless
- Childhood's End
- Lucifer Sam
- Echoes
Bis:
- One of These Days
- A Saucerful of Secrets