Un campionato, come ben sappiamo, è composto da 38 partite: nulla di più basilare da comprendere, se solo fosse così semplice. Basta però pochissimo a contestualizzare partite, momenti, umori e condizioni, perché in fondo questo è uno sport creato da umani e giocato da umani (salvo rare eccezioni per numeri 10 riccioluti nati a Lanùs a fine ottobre del '60). Ed ecco che, tutto d'un tratto, lo stadio Ferraris di Genova diventa ostica galleria per il Napoli di Garcia. Quando pochi giorni fa appariva all'orizzonte come semplice svincolo da archiviare. Prima uscita? Un bis da sogno.

Una sosta per non dimenticare

Quanto visto al Maradona due sabati fa ha attivato molteplici campanelli d'allarme. Per comprenderlo a fondo, però, bisogna fare qualche passo indietro e sviscerare le certezze che trascinavano dirompenti il Napoli nel gruppone delle favoritissime.

  • Il gioco, camaleontico e ricco di alternative ma sempre identitario.
  • La compattezza tra reparti, vero punto di forza dell'armata stracampione d'Italia.
  • La lucidità, con una squadra matura, affamata e capace di assorbire i momenti.

Nelle due precedenti sfide, seppur in misura minore, si era già notata un'involuzione estetica ed un'impronta maggiormente votata a valorizzare la profondità e le qualità di Osimhen. Forse Garcia ha ragione nel dire che non bisogna dipendere da un solo giocatore, ma il tecnico transalpino sembra aver solo spostato il "problema", che problema diventa solo quando Lobotka non rende quanto prospettato. Togliendo il pallino del gioco allo slovacco, infatti, la componente estetica persa non è il problema maggiore: il 68 si estranea dal gioco e appare confuso, non riuscendo a svolgere in maniera ottimale il suo ruolo da collante tra centrocampo e difesa. Inoltre i lanci sono spesso imprecisi, poiché provenienti da giocatori inadatti. Può una squadra con così tanto talento in campo ridurre il proprio gioco ai lanci lunghi e, più in generale, alle giocate individuali?

La sconfitta contro la Lazio ha evidenziato, tra le altre cose, un errore da matita blu che divenne quotidianità nella gestione Gattuso e nell'ultimo sciagurato periodo di Ancelotti: la completa mancanza di collegamento tra reparti, il segreto della vittoria per 1-2 contro il Milan che segnò l'inizio della cavalcata trionfale del Napoli di Spalletti. Lo schermo formato da Lobotka e Anguissa a pochi metri di distanza dai centrali complicava la manovra degli avversari, spesso costretti ad affidarsi alle vie laterali dove incappavano nel forsennato raddoppio delle ali o nei precisi blitz in rifinitura di Zielinski. Il Napoli visto sabato? Acqua da tutte le parti, anche durante i suoi 45' di gloria. In occasione del secondo gol, la palla persa sulla fascia sinistra dal polacco (forse il migliore in campo) nei pressi del centrocampo circola liberamente tra le linee azzurre, dove Luis Alberto può addirittura permettersi un velo per accomodare il sinistro a Kamada. Da stanza 101 il gol annullato a Zaccagni, con un pietoso Juan Jesus alla ricerca del pallone in un'uscita improbabile a centrocampo. Risultato? Imbucata scolastica, palla in rete. Qualcosa non è andato. E qualcosa di troppo ci è andato bene, perché in certi casi non c'è nulla di più terapeutico di una scoppola.

Ultima, ma non meno importante, la tematica che più ha toccato nel profondo i tifosi azzurri: dopo il secondo gol dei biancocelesti, i partenopei non sono mai stati in grado di produrre una palla gol pulita. Il Napoli si è spento, ma non perché Osimhen non volesse vincerla o perché ad Anguissa proprio non andasse giù di saltare il suo sabato sera ai baretti: la partita è stata il risultato di un piano tattico kamikaze, le cui colpe sono tutte da attribuirsi a mister Garcia. E non si parli di calcio d'estate, poiché a chi scrive non risulta che Roma si trovi in un altro emisfero. Giocare un primo tempo a mille all'ora, dopo una preparazione atletica ricca d'infortuni (non a caso il primo a crollare è stato il camerunese, reduce da un infortunio muscolare e con alle spalle una sola partita da titolare), significa mettere in conto un drastico crollo. Riassunto? O chiudi la partita nel primo tempo o subisci un'imbarcata. Il Napoli non ha corso di più, ha corso 9 km in meno della Lazio e con velocità medie inferiori. Ha corso male. Il resto lo hanno fatto le sostituzioni, tra Lindstrom mandato in pasto ai lupi e l'assenza di cambi a centrocampo nonostante la plateale sofferenza dei tre in mediana. Ah sì: una sostituzione non è stata usata. Il Napoli ha fatto quattro sostituzioni. Mamma mia Rudi...

Genoa, l'esame di recupero

Il Genoa, dal canto suo, non se la passa benissimo. Nonostante l'ottimo livello dell'organico a disposizione, Gilardino ha donato ai suoi tifosi nulla di più elevato di un catenaccio che avrebbe fatto rumore anche negli anni '60. Nelle prime tre partite ha racimolato tre punti, segnando due gol e subendone cinque. La partita contro la Fiorentina ha lasciato l'amaro in bocca agli entusiasti tifosi, perché la miglior azione rossoblù è stata il gioco di luci del prepartita durante l'inno. Il gol di Biraschi arrivato sullo 0-4, frutto di una mischia, non ha minimamente attutito il colpo. A Roma, contro la Lazio, gli unici tre punti della stagione che coincidono con le uniche occasioni create in queste tre partite: un palo di Johan Vasquez e il gol del famelico Retegui, il più lesto sulla ribattuta nell'area piccola. 0-1 che si è ripetuto speculare nell'ultima giornata a Torino contro i granata, dove solo una giocata da campione di Radonjic negli ultimi istanti di gara ha abbattuto la muraglia eretta dinanzi a Martinez. Episodi, compattezza e centimetri. Quale peggior avversario per il Napoli?

Tra due giorni, a Marassi, il Napoli dovrà fare i conti contro una squadra predisposta ad accentuare i difetti mostrati contro la Lazio. I liguri hanno prodotto la miseria di 0,76 gol previsti se consideriamo tutte e tre le partite, pur andando a segno due volte e portando a casa una vittoria: per intenderci, i partenopei nella sola partita scorsa ne hanno prodotti 1,10. Ancora più interessante la media del possesso palla, intorno al 33%, di fronte al 60% degli azzurri. 7 i tiri in porta totali del Genoa, 8 quelli degli azzurri nella sola partita d'esordio. Passare in svantaggio contro i rossoblù sarebbe una condanna e occhio a lasciare gli stessi buchi a centrocampo, perché Malinovskyi è tra i migliori tiratori da fuori in Europa e difficilmente grazia il portiere in caso di occasioni ghiotte. Juan Jesus o Natan che sarà, non avrà un cliente facile: la presenza di Retegui è ingombrante e difficile da gestire.

Gli esami di recupero, si sa, si svolgono a settembre e il Napoli è rimandato dopo le prime tre: esame per restare nella classe delle favorite programmato a Genova il 16 settembre. E il prof è severo, assicurano...