Giampiero Boniperti
Giampiero Boniperti

Impossibile avercela con Conte. È il suo fan club che spaventa.

Una fetta consistente di napoletani si è svegliata improvvisamente bonipertiana. Viene quasi da pensare che, per i più esagitati dopo la vittoria di rigore a Empoli, siano stati anni duri gli ultimi dieci.

Napoli oramai è una piazza ambiziosa solo quando si tratta di spendere soldi sul mercato. Sul campo ogni buco è purtuso e vincere è l'unica cosa che conta. 

A quanto pare, il decimo posto dello scorso anno ha fatto danni anche all'autostima di una tifoseria che aveva fatto già fatica a riconoscere la grandezza del percorso intrapreso dal club, per poi urlare al miracolo quando si è scoperta campione d'Italia a maggio del 2023.

Nessuno sputa su una vittoria sofferta, sia chiaro. A patto che non sia un'abitudine. Anzi: qualora lo diventasse, e portasse risultati a lungo termine, sarebbe anche eccitante e potrebbe rientrare in una categoria stilistica che comunque meriterebbe rispetto.

Ma non è il caso del Napoli di Conte, almeno non ancora. Una squadra per larghi tratti in balia di avversari modesti ma ben organizzati. Salvata da episodi - e da un mercato faraonico - che avrebbero potuto indirizzare partite e classifica in altra direzione.

È successo con il Verona, con il Parma, con il Como, con il Cagliari e con l'Empoli. Senza considerare che a Torino, contro la Juventus più insipida e innocua degli ultimi anni, non si è mai riusciti a pensare ad altro che non fosse portare a casa un punticino.

La relativa solidità difensiva è più una conseguenza del sacrificio globale e della rinuncia all'offesa, ma anche di una consistente dose di culo. Gli azzurri non è che lasciano il possesso palla agli avversari per strategia condivisa, è proprio che non riescono a tenere il pallone.

Inutile aggrapparsi ai punti percentuali degli XG per trovare conforto. Le partite si sentono. Si guardano con gli occhi, ma si pesano con il cuore e con l’adrenalina che esse producono. E i dati in nostro possesso sono inconfutabili. Lasciamo le statistiche a chi approccia al calcio come se fosse una scienza esatta.

Una parte di Napoli soffre di risultatismo precoce

Non è il caso di partecipare a battaglie ideologiche e dialettiche, ma occorre ricordare che grazie al bel gioco il Napoli di De Laurentiis è riuscito a superare i propri limiti e quelli di un sistema che strizza l'occhio ai brand a strisce.

Puntando sullo spettacolo, il Napoli è riuscito a creare valore tecnico e, nel tempo, questo gli ha permesso di diventare ricco senza rinunciare a vincere. Un percorso che inizia da Benitez, passa per Sarri e trova la catarsi con Spalletti.

Facendo il circo sono stati vinti due scudetti (2018 compreso), quattro coppe nazionali, 14 anni di fila in Europa, raggiunto un quarto di Champions, una semi finale di Europa League e creato le condizioni affinché arrivasse Conte. Forse in città qualcuno mangia e si scorda. 

Il risultatismo precoce di cui soffre parte dell'opinione pubblica napoletana è un campanello d'allarme da non sottovalutare. È un'illusione collettiva dalla quale Conte dovrebbe smarcarsi al più presto. E in parte lo ha già fatto in conferenza stampa, ieri.

Mentre il suo fan club lo difende con editoriali che suonano come il più classico dei dispetti “gne gne gne gne”, lui ammette che la strada che ha in mente non è quella tracciata fin qui. Amen. Ma sulla sua onestà intellettuale non abbiamo mai avuto dubbi.

Il Napoli, per ora, è guarito sul mercato, nell'organizzazione societaria, in quella tecnica e nel coraggio dei suoi dirigenti apicali. Ma non ancora in campo.

C'è tempo. L'investimento Conte merita tutto il tempo necessario. Ma, nel frattempo, è importante non prendersi per il culo da soli. 


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