Alex Meret e Napoli: quando la cultura del lavoro vince il pregiudizio
"Il tempo è galantuomo". Con questa breve massima, il filosofo Voltaire voleva evidenziare la capacità del tempo di ristabilire la verità, curare le ferite e rimediare ai torti. Ad Alex Meret ci sono voluti circa sette anni. Anni di pregiudizi, di polemiche, di accuse sopra le righe. Anni però affrontati sempre a testa alta. Con l'orgoglio tipico dei friulani che alle parole preferiscono i fatti.
Per i preparatori che hanno seguito la sua crescita non c'è mai stato un dubbio: Alex è un predestinato. Lui che ha vestito da protagonista la maglia azzurra della nazionale in tutte le categorie. Premiato come miglior portiere del Campionato Primavera nel 2015 e dell'Europeo U19 nel 2016. Al primo anno tra i pro, in Serie B con la Spal, vince il "premio speciale rivelazione". Sembra l'inizio di una carriera inarrestabile, ma il fato sa essere crudele. Prima la frattura del polso e, nella seconda e ultima stagione in cadetteria, un problema muscolare e un infortunio alla spalla lo tengono fuori per quasi tutta la stagione. Ma il Napoli si accorge di lui. De Laurentiis vede in quel ragazzo dalla faccia pulita il numero uno del presente del futuro. Bussa alla porta dell'amico Pozzo e lo porta a Napoli per 26 milioni di euro, la cifra più alta mai investita dal club partenopeo per un portiere.
Più forte della sfortuna
L'inizio non è dei migliori. Nei primi giorni di ritiro ancora una frattura, questa volta a fare crac è l'ulna del braccio sinistro. Alex resterà fuori per più di 4 mesi, chiudendo la sua prima stagione in azzurro con 21 presenze in tutte le competizioni. E' il Napoli di Ancelotti. Gli azzurri erano ripartiti dalla forte delusione per uno scudetto sfuggito nonostante i 91 punti e in campo la squadra non riuscì a replicare la grande bellezza che aveva caratterizzato il triennio sarriano. L'ambiente inizia a mugugnare. Il carattere riservato e mai sopra le righe di Meret mal si sposa con quello di parte della tifoseria, ancora legata a un personaggio carismatico come Pepe Reina. E poi a fargli da chioccia c'è David Ospina, "El Patron", arrivato dall'Arsenal e agli occhi della piazza molto più affidabile e dalla personalità estroversa. La stagione successiva Ancelotti punta ancora su di lui e Alex si mette in mostra in Champions, guadagnandosi il premio di miglior portiere della fase a gironi, grazie a veri e propri miracoli a respingere i tentativi dei vari Salah e Haaland. Ma per il Napoli è un anno da dimenticare. L'anno dell'ammutinamento. Ad Ancelotti succederà Rino Gattuso e Alex si vedrà scavalcato nel ruolo di titolare. Qualcuno dice sia stato il prezzo che, i senatori della squadra, gli avrebbero fatto pagare per non aver appoggiato la scelta di disertare il ritiro. Quell'anno si concluderà con il Napoli fuori dal piazzamento Champions, ma vincitore della Coppa Italia, dove Meret sarà decisivo respingendo un calcio di rigore a Paulo Dybala.
Seguiranno due stagioni difficili, dove non verrà risparmiato da una piazza esigente, ma che elegge i suoi beniamini e di contro crea dei mostri sui quali scaricare un malcontento troppe volte ingiustificato. Un pò come accaduto al "Maestro" Mario Rui, capace di riabilitarsi agli occhi della tifoseria solo nell'anno dello scudetto. Ecco, nemmeno un'annata storica come quella 2022/23, nella quale Meret è riuscito a ritagliarsi un ruolo da protagonista, ha spazzato via i dubbi sul suo conto. Una situazione grottesca, per certi versi paradossale. Di cosa lo accusano? Non parla, i compagni non lo seguono, non è bravo con i piedi, ma il leit-motiv è: non ha personalità.
L'essere non ha bisogno di dimostrare
Perchè in troppi confondono la personalità con il carisma. Perchè in troppi credono che avere personalità voglia dire sovraesporre la propria figura. Perchè in troppi credono che avere la faccia da bravo ragazzo sia un difetto e non un pregio in un calcio dove l'apparire ha più valore dell'essere. Meret ha dimostrato di avere fin troppa personalità miei cari. Ha ingoiato quotidiani bocconi amari e lo ha fatto in silenzio. Lo ha fatto con la dignità dei giusti. Lavorando su se stesso e cercando sempre di migliorarsi. Perchè, al peso della corazza indossata per difendersi dalle continue critiche, ha dovuto aggiungerci quello di una maglia che non tutti sono in grado di indossare. Perchè quel posto tra i pali se l'è conquistato quando nessuno credeva in lui. Capace di non esaltarsi per una grande parata e soprattutto di non deprimersi quando ha commesso qualche errore. Perchè tutti i portieri sbagliano, anche i migliori. Alex ha vissuto la sua carriera sempre sul bordo di un precipizio. Incurante di chi, lungo la riva del fiume, attendeva di scorgere il suo cadavere.
E oggi, alla soglia della sua maturità calcistica, vive il suo prime professionale senza alcun sentimento di rivalsa. Potrebbe parlare, oggi che l'Inter pensa a lui. Togliersi qualche macigno dalle scarpe. Ma non è nel suo carattere. Perchè la cultura che ha abbracciato, da quando per la prima volta ha indossato guanti e scarpette, non si piega alla vendetta. Perchè avere personalità implica un forte carattere, autenticità, coraggio e integrità. E Alex ne ha per tutti.