Un migliaio di persone è in grado di paralizzare una città, mettendola a ferro e fuoco? Evidentemente sì.

E' quanto accaduto due giorni fa, nelle ore che hanno preceduto il ritorno dei quarti di Champions League tra Napoli e Eintracht. Una vergogna europea che una città del livello di Napoli si sia trovata in balìa di facinorosi, animati da un generico quanto autentico fascismo, cimentandosi in scene di guerriglia urbana indecorosi.

Dobbiamo dire le cose come stanno: quanto accaduto ieri, nei pressi di Piazza del Gesù e negli immediati dintorni, rappresentano una sospensione dello stato di diritto. Ed è un miracolo che non vi sia scappato il morto.

La catena di responsabilità è lunga: una trasferta di tale portata, alla luce dei riscontri investigativi emersi, che testimoniavano l'intenzione di un rendez-vous tra gruppi ultras in occasione dell'incontro, era da governare con un dispendio di forze molto più efficiente e preparato.

Abbiamo visto Napoli, ed il resto delle nostre città, militarizzate in occasione di eventi politici ed istituzionali di rilievo internazionale: l'abbiamo vista presidiata in ogni angolo, ben oltre la dovuta diligenza, nei mesi di lockdown, alla ricerca di mascherine indossate male.

Oggi, nel marzo 2023, una decina scarsa di celerini costretti a beccarsi sampietrini, lacrimogeni, petardi, sedie in faccia e mazze in faccia, abbandonati a loro stessi nella sottovalutazione generale.

Ora, chi vi scrive è, per indole e vocazione, anti-reazionario: ogni compressione della libertà personale, anche di girovagare per una città con fare minaccioso, andrebbe accompagnata da attente valutazioni sull'opportunità e sulla possibilità di soluzioni alternative.

Ma, e qui viene il brutto, questo non è stato possibile: perché si è arrivati a vietare la trasferta dei tifosi tedeschi, che da mesi hanno acquistato biglietti aerei e alberghi, solo 4 giorni prima della partita.

Le tempistiche, dunque, hanno portato ad un precipitarsi della situazione: il vietare la trasferta, per certi versi, ha forse inasprito il clima provocatorio delle centinaia di tifosi dell'Eintracht che, aizzati anche da una società poco incline al dialogo, hanno deciso di sfidare leggi e divieti e di presenziare all'evento, imponendo con la forza la propria presenza.

Aggiungiamoci pure la complicità del ventre molle di un sistema istituzionale polifonico, dove il presidente della massima autorità sportiva europea stigmatizza misure di ordine pubblico che, seppur tardive, segnalavano la pericolosità della vicenda e si caratterizzavano come l'estremo tentativo di evitare un disastro annunciato.

L'obiettivo dichiarato era quello di entrare allo stadio. O di presidiarne l'esterno. Cercando lo scontro fisico con le frange più volente degli ultras napoletani.

Scontro che, inevitabilmente, si è verificato. Dapprima, proprio nel pomeriggio, dove un numero esiguo di poliziotti non ha potuto evitare il saccheggio di esercizi commerciali e l'inizio della guerriglia tra le due fazioni.

E poi, in ultimo, nel post-gara; quando altri napoletani hanno fatto irruzione a via Chiatamone, nei pressi del punto di raccolta destinato ai tifosi tedeschi, sperano di rinnovare lo scontro fisico.

I problemi dunque: dapprima, la tardività della decisione di vietare la trasferta. Non sappiamo perché, forse in esito a interlocuzioni finite male con le autorità tedesche ed il club sul Meno. Sta di fatto che la misura non ha prodotto effetti.

Poi, medio tempore, l'incapacità di governare i flussi, scortandoli, in cordoni efficaci che evitassero l'approdo in spazi consoni alla dispersione.

E d'altra parte, un presidio costante delle aree di potenziale contatto, mediante l'utilizzo di forze di polizia, per scongiurare la discesa anche dei napoletani.

Infine, logisticamente, la mancata predisposizione in zone al di fuori della città, di un'area dedicata ai tifosi tedeschi, dove garantirgli, nel caso, la visione del match, ma altresì il trasferimento immediato verso l'aeroporto per il rientro.

Tutto questo non è avvenuto. Abbiamo assistito a scene di guerra, al devasto, alle auto incendiate e ai danneggiamenti: un clima pesante, indegno sia del momento storico calcisticamente parlando, sia di una capitale europea quale è Napoli, punto di riferimento del Mediterraneo.

In un paese eticamente orientato, la conferenza stampa di ieri si sarebbe conclusa con le dimissioni di Ministro, Questore e Prefetto. E con tante scuse.

Non abbiamo avuto nemmeno quelle.