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Papa Francesco e Maradona
Papa Francesco e Maradona

La Gazzetta dello Sport ripercorre la storia d’amicizia che legava Papa Francesco e Maradona.

Papa Francesco e Maradona

Papa Francesco e Maradona: due grandi amici

”La mano di una ragazza giapponese scrisse su una lavagna della facoltà di Filosofia e Teologia Sankt Georgen di Francoforte: “Viva l’Argentina” e Jorge Mario Bergoglio, che era lì per completare la sua tesi di dottorato, scoprì che la Selección era diventata campione del mondo.

Era il 1986, e in Messico, all’Azteca, quello che aveva fatto diversi miracoli si chiamava Diego Armando Maradona. Fu la vittoria della solitudine per Bergoglio, perché non aveva nessuno con cui poteva condividere quel titolo. La gioia senza condivisione non era gioia come poi ha dimostrato al mondo. Come ha sempre fatto anche Maradona, ma con un linguaggio diverso. Entrambi si sono smarcati da Baruch Spinoza che nell’Etica diceva che il controllo dei sentimenti è la maggiore virtù dell’anima, escludendo l’amore dal potere. Molti anni dopo quella solitudine tedesca il Papa chiese a Diego quale fosse la Mano de Dios, per poter capire da dove era arrivata la vittoria sugli inglesi. A unire i due argentini c’era anche la condivisione della sconfitta, Diego ne ha avute tante, e pure Bergoglio prima di volare a Roma da Baires . «Chi vince non sa che cosa si perde. Non è solo un gioco di parole: chiedetelo ai poveri». Perché il Papa considerava la sconfitta come un valore, perché la sconfitta favorisce la meditazione. E Diego ha meditato tanto sulla sconfitta, anche perché nel campo ha più perso che vinto, nella vita poi ha attraversato l’inferno. Ecco il punto di incontro tra Francesco e Diego. Entrambi, come lo scrittore Osvaldo Soriano, hanno continuato a segnare gol che non hanno mai segnato. Per questo potevano amarsi, anche se poi Francesco gli preferiva Pelé , col quale aveva parlato su un volo che lo riportava a Buenos Aires, e dopo aveva aperto uno spazio per Lionel Messi, anche se non aveva visto nemmeno la finale del terzo mondiale vinto dall’Argentina. In fondo la sua idea di calcio nasceva dalla vittoria di un tridente: Armando Farro, René Pontoni e Rinaldo Martino che portò il San Lorenzo de Almagro alla vittoria del campionato argentino, nel 1946. Aveva dieci anni Bergoglio e questa volta era presente, nel vecchio – stadio – Gasómetro dove si sarebbe formata parte della sua identità culturale (88.235 il suo numero di tessera del San Lorenzo). Maradona vide in Francisco – come scrisse sulla maglia che gli regalò – un argentino di cui essere orgoglioso, un uomo di potere che non sembrava un uomo di potere, e che ha applicato una politica di protezione e silenzio a sacerdoti e laici perseguitati o a rischio durante la dittatura, come dirà Adolfo Pérez Esquivel, premio Nobel per la pace nel 1980 per la sua lotta per i diritti umani.

Papa Francesco e Maradona: gli argentini più famosi del Novecento

Diego y Francisco, gli argentini più famosi di questo secolo, caratteri diversi e stessa religione, presenza, calore. Diego con la morte è diventato un santo laico, con statue e altari, alimentando un culto pagano. Francesco in vita ha agito in sottrazione, annullando la distanza, smontando il ruolo che gli era stato dato. Spostando il pensiero della Chiesa, rendendola dinamica, postmoderna. È quello che Maradona ha fatto col calcio. Hanno avuto un rapporto vivo con le masse, strappando punti alla razionalità in nome dello stesso Dio.


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