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Napoli è, oramai, una città disincantata. Lo è da tempo, non di certo ora che le cose stanno andando male. Lo era da prima dello Scudetto meravigliosamente conquistato la scorsa stagione. Anzi, l'apice dell'acredine di una buona fetta di tifoseria, era già esploso diciotto mesi fa appena, durante il penultimo calciomercato estivo. Quello che ha portato allo Scudetto.

Da gioia a motivazione di frustrazione: l'eredità di uno Scudetto a Napoli

La vittoria dello Scudetto è stata prontamente cancellata. Anzi, è diventata il movente principale per riversare fiumi di bile e rancore nei confronti di Aurelio De Laurentiis, la vittima preferita verso la quale bersagliare frustrazioni, odio e tutto il malessere social degli ultimi tempi. Sia chiaro, a scanso di equivoci: Aurelio De Laurentiis, in qualità di Presidente del Napoli, è il principale responsabile dello scempio sportivo di questa stagione. Ha fatto una serie di scelte completamente sbagliate, il cui risultato ha portato a questa stagione penosa che si sta cercando di prendere per i capelli, senza nemmeno il briciolo di idee chiare - a quanto pare.

L'amarezza? Ci sta. La rabbia? Anche. L'insoddisfazione? Pure. La ferocia? No, amici tifosi del Napoli: la ferocia, la cattiveria, non ci stanno. Soltanto chi non lavora non commette errori. Ciò che manca a una buona fetta della tifoseria azzurra, più o meno la stessa che diciotto mesi fa appendeva ridicoli striscioni a Castel Volturno o voleva vedere Spalletti lontano da Napoli, è l'obiettività. Amarezza, rabbia e insoddisfazione non sono attenuanti per la mancanza di obiettività e, soprattutto, di accettazione. Accettare che questa stagione, per tanti motivi che possono anche trovare motivazioni disparate, sia andata a farsi benedire a seguito di una lunga sequela di scelte sbagliate, non fa di voi meno tifosi. Anzi.

L'odio per De Laurentiis annebbia l'obiettività del tifo

In vent'anni quasi, questa società si è guadagnata un credito basato sull'ottimo lavoro fatto e ha sempre dimostrato di sapersi rialzare dai momenti bui. Quello più difficile, appena a ridosso del bienno targato dal Covid, ci ha visti dopo sole due stagioni alzare al cielo di Fuorigrotta uno Scudetto che mancava da trentatrè anni. Non è un invito alla rassegnazione, un semplice invito a una presa di coscienza che gli errori li commettono tutti, finanche Aurelio De Laurentiis. Anzi, soprattutto Aurelio De Laurentiis. Ma il problema è proprio quello: al Presidente del Napoli non gli si perdona niente. Occasioni come quelle offerte da questa stagione sono una boccata d'ossigeno per la parte di tifoseria che lo etichetta come nemico. In sostanza, l'occasione fa l'uomo ladro. E quale migliore occasione di questa, per insultare (anche pesantamente) il principale artefice di questo disastro e, contemporaneamente, dello Scudetto?

Napoli pretende un Napoli di alto livello, ma in primis la tifoseria dovrebbe maturare. E invece, dimostra di essere sempre più infantile, viziata e feroce. La verità scomoda è che, alla fine, questa Napoli non si merita il Napoli. Una volta si diceva "Ti amo anche quando vinci", ma non è più così. Quel bellissimo tifo che apparteneva a questa città è morto, soppiantato da una generazione di tifosi troppo legati ai social e al lato oscuro di questi ultimi. Il tifo a Napoli, oramai, esiste solo a convenienza. Perché è nei momenti bui dove si vedono gli amici. E adesso, il Napoli è solo. Come lo era Haku prima che arrivasse Chihiro.


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