Nel salotto di SkyCalcioClub ieri sera Fabio Caressa ha posto la più classica delle domande ai suoi abituali ospiti: qual è il segreto del successo di questo Napoli?

Ognuno ha detto la sua, senza allontanarsi troppo da ciò che chiunque di noi avrebbe pensato, ovvero fornendo i nomi gettonatissimi di Luciano Spalletti, Osimhen e Kvaratskhelia, Lobotka. Uno di loro però, Marco Bucciantini, ha dato la risposta più affascinante e meno comprensibile, almeno al primo ascolto.

Bucciantini, dopo aver risposto “l’anima”, resosi conto di essere stato troppo metafisico in quella disamina, ha aggiunto un più apparentemente criptico: “I debiti”.

A ben riflettere, è una risposta davvero interessante.

Galleggiare o rischiare?

Quel che infatti Bucciantini voleva fare, come poi ha spiegato rapidamente, era sintetizzare ciò che il Napoli ha dovuto attraversare durante il periodo più complesso della sua storia recente. Infatti, complice il doppio anno senza Champions e soprattutto l'imprevisto della pandemia da Covid, per la prima volta, il Napoli di ADL ha temuto di perdere la sua storica solidità strutturale, che aveva prodotto un'inesorabile ascesa ai vertici nazionali, ma che, allo stesso tempo, complici anche le ambiguità della Serie A, gli aveva sempre impedito di mangiare la ciliegina sulla torta.

Questa improvvisa ed imprevista paura ha messo De Laurentiis e i suoi dirigenti davanti ad un bivio: proteggere il club perdendo in qualità, provando a galleggiare sul livello medio alto nazionale acquistando degli usati sicuri, oppure rischiare e giocarsi il tutto per tutto?

Il Napoli, come sappiamo, ha deciso di rischiare. Ha deciso di cedere tutti i giocatori manifesto della quasi gloria recente e non li ha sostituiti con dei semplici buoni giocatori, ovvero quelli che garantissero una resa all’interno di un range consolidato: insomma quei giocatori che sapevi che non sarebbero scesi sotto il 6 ma anche che non avrebbero superato mai l’8.

Nossignore, ha puntato su Kim (sul quale chi vi scrive era scettico, lo ammetto), su Kvaratskhelia (sul quale chi vi scrive era meno scettico), su Olivera. Prima ancora, in piena era Covid, su Anguissa. E, nonostante l’assenza della Champions, ha continuato a credere su Victor Osimhen che, ricordiamo, avrebbe potuto cedere quest’estate in cambio di quel che restava di Cristiano Ronaldo più tantissime paccate di milioni. Ha provato a prendere, o a mantenere in rosa, quei giocatori che potevano rivelarsi dei clamorosi bidoni nella peggiore delle ipotesi oppure dei veri e propri fuoriclasse, se la ciambella fosse uscita con il buco.

Lavoro, intuizioni e coraggio

La nuova linfa ha avuto come conseguenza, come per magia ed in cascata, che anche altri giocatori, che avevano stampata già da tempo l’etichetta di “perdenti di successo” cambiassero la loro storia calcistica. Mario Rui, Piotr Zielinski per citare due della vecchia guardia. Luciano Spalletti soprattutto. Il perdente di successo per antonomasia, che a parere di chi scrive ha perso uno scudetto forse anche più facile da vincere l'anno scorso, e che in qualche modo poteva essere la pietra tombale sulle sue aspirazioni, ha invece trovato nuova linfa nell'allenare i purosangue di razza che si è trovato in squadra quest'anno, per usare una metafora ippica tanto cara a quell'altro allenatore simbolo della mancanza di coraggio delle idee.

Ho scritto magia ma la parola reale è quella che ha pronunciato Luciano nell’ultima conferenza stampa: Lavoro.

Ecco che quell’unica ed apparentemente brutta parola, sintetizzata da Bucciantini in “debiti”, diventa trina: Lavoro, Intuizioni, Coraggio.

Il Napoli ha usato i debiti per investire (ecco un'altra bella parola nella sua accezione non automobilistica) in queste tre caratteristiche. E ha vinto la sua scommessa, diventando, scriviamolo in stampatello, un MODELLO per tutte i club italiani.

In fondo è anche una questione di stile. C’è chi i debiti li ha nascosti sotto il tappeto imbrogliando e chi, invece, li ha trasformati in motore per cambiare. Rinnovare. Migliorare.

E vincere.