Benvenuti al Jurassic Park
Alla luce di questa meravigliosa striscia di risultati e prestazioni del Napoli, c'è da chiedersi cosa, effettivamente, ci sia dietro. Lecito domandarsi se si tratti di fortuna, ma non si è mai vista la Dea Bendata baciare per così tanto tempo una squadra.
Quindi bisogna spingersi oltre, scandagliare nuovi fondali dentro i quali andare a cercare il perché dell'alchimia perfetta che questa squadra mostra in campo. Competenza? Sicuramente. Saggezza? Anche. Preparazione? Senza ombra di dubbio. Eppure, c'è un ulteriore elemento, tanto ancestrale quanto vivido nelle trame di gioco degli azzurri, al quale necessariamente appellarsi; un aggettivo calzante con quello che tutto il mondo sta ammirando: la magia.
Ecco: questo Napoli è letteralmente magico.
Un Napoli magico o fantascientifico?
Ma la magia, effettivamente, esiste? Possibile che i risultati e le accelerate di questa squadra siano frutto di un incanto? Probabilmente no. Il perché, quindi, è sicuramente da ricercare nella scienza.
La scienza tattica di un allenatore, Luciano Spalletti, capace di plasmare come un guanto il materiale umano a sua disposizione e trasmutarlo - proprio come nell'alchimia - in qualcosa di sublime e (quasi) perfetto. La scienza della tecnica di ogni singola individualità, ringiovanita all'anagrafe e nello spirito, e quindi più leggera. La scienza di una società che si è assunta l'arduo compito e la responsabilità di determinate scelte, senza farsi condizionare dall'umore altalenante e ballerino della piazza.
La scienza, quindi, che diventa fantascienza quando si guarda questa squadra giocare: un meccanismo divino che nel muovere la palla sorride e fa sorridere.
Il parco di divertimenti più avanzato del mondo intero
E quindi quale, tra tutti i film recenti e passati, ha saputo raccontare con così tanta bravura un racconto di fantascienza con quel tocco di magia che lo ha reso intramontabile? Certamente Jurassic Park, pellicola del 1993 diretta da quel mostro sacro di Steven Spielberg.
Il parco di divertimenti più avanzato del mondo intero, integrato con le più recenti tecnologie. E non parlo di giostre e baracconi, quelle ce le hanno tutti – no! – noi abbiamo creato delle attrazioni biologiche viventi, così stupefacenti che cattureranno l'immaginazione dell'intero pianeta!
John Ammond in Jurassic Park
In Jurassic Park i dinosauri non sono un elemento magico, ma scientifico. Sono il risultato della clonazione del sangue raccolto di una zanzara imprigionata in una pietra d'ambra.
Così come il Napoli è frutto della scienza dei preparatori, dell'allenatore e della società. Quello che rende Jurassic Park un film in cui è la magia a essere protagonista, è la regia di Steven Spielberg che, come Spalletti, riesce a miscelare la scienza con la magia senza dover ricorrere ad alcun elemento magico.
La magia, senza la magia. Ma con la scienza. Quella fatta di numeri, dati, idee. Le stesse che Sir John Williams è riuscito a tradurre in note, componendo quel meraviglioso tema il cui riverbero suonerà per sempre negli infiniti istanti del tempo. Indimenticabile, come i risultati finora raggiunti da questo Napoli sempre più magico, sempre più frutto della scienza - o fantascienza - che in pochi credevano potesse diventare.
Gli animatronic azzurri
Nel 1992, l'anno in cui cominciarono le riprese di Jurassic Park, la computer grafica non era ancora molto utilizzata. Prima di allora, fu Terminator 2 ad aggiudicarsi lo scettro di film col maggior uso di computer grafica, peraltro rivoluzionaria. A renderla ancora più gloriosa ci pensò però Jurassic Park, dove la cgi la fa chiaramente da padrona.
Eppure, quasi tutte le sequenze più memorabili del film non sono realizzate con effetti speciali, ma grazie all'utilizzo di animatronic. Gli animatronic non sono altro che pupazzi meccanici, per farla breve. Nella fattispecie, si parlava di dinosauri animatronici, programmati per eseguire determinati movimenti e ripeterli all'infinito. Un po' come il Napoli.
Gli animatronic azzurri, infatti, quando scendono in campo danno la sensazione di mettere in pratica movimenti meccanici così precisi che sembrano essere stati programmati a monte. Un'orchestra - proprio come quella di Sir John Williams - che suona a meraviglia, dove ogni strumento, pur avendo il suo momento di acuto, non sovrasta mai tutti gli altri e insieme creano una melodia destinata a rimanere nella storia.
Gli impressionanti numeri dopo Napoli-Udinese
41 punti su 45 disponibili in Serie A rappresentano una vera e propria dichiarazione di guerra a tutte le avversarie, dove la più vicina dista - almeno - 8 lunghezze. 41 punti collezionati grazie a dodici vittorie, due pareggi e nessuna sconfitta; quindici in Champions League e primo posto, dove gli azzurri si sono imposti in cinque occasioni su sei, escludendo soltanto l'ultima e ininfluente sconfitta ad Anfield Road col Liverpool.
57 gol segnati complessivamente (37 in campionato, 20 in Champions), che si traducono in una roboante media di 2,71 gol a partita, messi a segno dalla bellezza di sedici (16) marcatori diversi - record assoluto nei cinque maggiori campionati europei. Trascinati dall'attuale capocannoniere della Serie A Victor Osimhen, autore di dieci (10) gol complessivi, di cui nove (9) in campionato, nel Napoli hanno praticamente segnato tutti: escludendo i tre portieri, a secco sono rimasti soltanto Mario Rui, Rrahmani, Demme e i giovani Zanoli, Zerbin e Gaetano.
Per loro, però, ci sono ancora 23 partite di campionato e almeno 2 di coppa per aggiungersi alla nutritissima lista: c'è tempo.
Una rosa lunghissima e l'ininfluenza degli infortuni
Sembra passata una vita a causa del calendario fittissimo, ma un mese fa l'infermeria del Napoli accoglieva Amir Rrhamani a causa di uno stiramento procurato nel finale di Cremonese-Napoli. Le sirene nemiche erano già in attesa di vedere come se la cavasse la difesa azzurra senza uno dei suoi leader. Ebbene, nonostante il forfait del centrale kosovaro lo abbia tenuto ai box per tutto il periodo precedente alla sosta mondiale, gli animatronic di Spalletti non si sono scomposti e hanno continuato a vincere e non sentire troppo la sua assenza. Infatti, la media di gol subiti dagli azzurri è passata da 0,64 gol/partita prima del suo infortunio, a 1,11 gol/partita. Un aumento del 73% che, a conti fatti, è diventato totalmente ininfluente grazie ai risultati raccolti (8 vittorie e 1 sconfitta).
Messasi l'anima in pace con Rrahmani, è stato il turno di Osimhen. Anche in questa occasione, gli avversari deponevano i fucili pensando che, almeno in questa occasione, il Napoli ne risentisse. E invece: 16 gol in 6 partite (2,67 gol/partita) prima del suo infortunio, 19 nello stesso numero di partite (3,17 gol/partita) in sua assenza. Assenza che, inoltre, ha permesso ai tifosi azzurri di scoprire per bene le sue alternative (Simeone e Raspadori, autori di ben 11 gol in due) e dormire sonni tranquilli.
Ultimo, e non di certo per importanza, l'infortunio di Kvaratskhelia. Questo era l'ultimo penny rimasto agli avversari per scommettere. E che ovviamente hanno perso, perché tra tra la difficilissima trasferta a Bergamo con l'Atalanta e le ultime due casalinghe contro Empoli e Udinese, il Napoli ha continuato a vincere, convincere e segnare come se il giovanotto georgiano fosse ancora in campo.
Sarà lunga e nostalgica la strada fino al 2023
La sosta, in questo momento, è sicuramente un peccato. Un Napoli così bello da vedere sarà difficile non farselo mancare. E sarà stramaledettamente lunga e nostalgica la strada verso Inter-Napoli del 4 gennaio prossimo. Le insidie sono chiaramente dietro l'angolo perché, alla ripresa, col mondiale Qatar 2022 in mezzo, ci sarà praticamente un altro campionato da giocare. Insidie che, però, valgono per il Napoli e per tutte le sue avversarie. Nel frattempo, si saluta il 2022 in vetta con un nutrito vantaggio sulle altre cinque squadre dello stesso condominio.
Al 2023, quindi. Concorrenti avvisate.