Una parte di Napoli ha storto il naso per l'arrivo del francese Rudi Garcìa, avendo già fatto la bocca per Vincenzo Italiano prima e Cristophe Galtier poi, dopo aver cominciato da Luis Enrique e dall'immotivato sogno chiamato Jurgen Klopp. Nemmeno il francese arrivasse qui con l'obiettivo di fallire o, per meglio dire, avesse un curriculum e un trascorso diverso da quello dell'uscente Luciano Spalletti. Per chi ancora non lo avesse capito: il livello del Napoli (soprattutto economico), Scudetto compreso, è quello di Spalletti. E ora Garcìa.

Con la scelta del francese, Aurelio De Laurentiis dimostra ancora una volta che dell'umore e delle chiacchiere dei tifosi se ne frega altamente. E finora questa è stata la strada vincente. Adesso, checchè se ne dica, si è preso l'ennesimo, grande rischio del suo percorso non assecondando le idee dei tifosi. Lo Scudetto non rappresenta un un clamoroso upgrade di dimensione del Napoli. E in questa dimensione, Garcìa è perfettamente in linea, così come lo è stato Spalletti. Anzi, il francese è la sua naturale prosecuzione.

Tra Spalletti e Garcìa cambia nulla

Discorso che non vale per il campo: quello dirà dove interverrà e cosa modificherà il francese. Diffile dirlo, adesso, avendo negli occhi la caratura tecnica della rosa e qualche sprazzo di gioco garcìano visto qui e lì. Molto probabile che lo stesso si adatti alle caratteristiche dei calciatori e che provi a continuare sulla scia del suo predecessore, costruendo pian piano una propria identità tattica basata sul lavoro e sul materiale umano a disposizione. Non sarà di certo un distruttore.

Tra Spalletti e Garcìa cambia nulla per quanto riguarda il trascorso, il percorso che li ha portati al Napoli. Spalletti è arrivato da perdente (o eterno secondo, o vincente solo in Russia), con una prima parte di carriere estremamente esaltante (l'Udinese e la prima panchina a Roma) e una seconda appena sufficiente (la seconda panchina a Roma e la parentesi Inter).

Stesso dicasi per Rudi Garcìa, dove è partito benissimo col Lilla vincendo addirittura il campionato (nell'epoca in cui, però, non c'era ancora il Psg degli sceicchi), continuando sulla stessa scia a Roma con due secondi posti e il record di punti storico della Roma (momentaneo prima del ritorno di toh!, Luciano Spalletti), mentre questa seconda parte di carriera è stata abbastanza altalenante (una semifinale di Champions con l'OL e una finale di Europa League col Marsiglia). Spalletti veniva da due anni sabbatici, mentre Garcìa da due anni di pensione dorata all'Al Nassr.

Garcìa sia giudicato dal campo, non a priori

Comprensibile che una parte della tifoseria (ma in realtà anche degli addetti ai lavori, ndr) abbia perso di vista la dimensione partenopea, lasciandosi ingolosire dal fantomatico appeal tricolore che, alla fine dei conti, non ha spostato di molto lo status del Napoli che non è di certo cambiato con la conquista dello Scudetto, ma è stato il frutto di un lavoro che lo ha portato poi al trionfo. Il Napoli ha costruito il suo appeal negli ultimi dieci anni, non con la vittoria del campionato che è stata solo la ciliegina sulla torta.

Inutile adesso sbilanciarsi in ipotesi e presagi: l'unico giudice supremo, così come lo è stato per Luciano Spalletti, Gennaro Gattuso, Carlo Ancelotti, Maurizio Sarri, Rafael Benitez e Walter Mazzarri prima di lui, è soltanto il campo. Sarà il rettangolo verde a suggerire, a posteriori, se la scelta coraggiosa del Presidente De Laurentiis sarà stata giusta o sbagliata. Al momento, chiacchiere e tabacchere e' lignamm o' banco 'e napule nun ne 'mpegna.