Prima di scrivere questo articolo, mi sono domandato a quale delle sette arti il Napoli potesse essere paragonato. Cinema? Argomento già trattato in questi lidi, spesso. Letteratura? Altrettanto. Pittura? Ci sono pochi collettivi che mi vengono in mente, quindi la scarterei. Scultura? Non sono un esperto. Musica?

Ecco. L'ultima idea è quella che subito mi è piaciuta. Da qui, poi, è nato immediatamente un nuovo interrogativo: a quale gruppo può essere avvicendata la banda Spalletti? La risposta, in realtà, è stata fin troppo semplice e immediata: i Led Zeppelin, cioè la migliore rock band di tutti i tempi, per il sottoscritto.

Il gioco del Napoli nella musica dei Led Zeppelin

Prima di sviscerare qualsivoglia analisi applicata ai componenti della band, la naturale prosecuzione dell'avvicendamento è dato dal paragonare il gioco del Napoli a un singolo brano dei Led Zeppelin. Stairway to Heaven sarebbe la risposta più scontata, perché forse questo rappresenta il brano più conosciuto del gruppo inglese, ma andando più in profondità e cercando di dare un criterio più oggettivo alla questione, la scelta non è stata affatto semplice. Francamente: scegliere un unico brano tra l'immenso lascito che la band di Robert Plant e soci hanno regalato alla storia della musica planetaria, non è affar semplice.

Tra tutte, però, il brano che più somiglia al tipo di partite che il Napoli gioca in campo, per il sottoscritto, è Gallows Pole. Tratto dal loro terzo album, Led Zeppelin III, Gallows Pole riprende in realtà una ballata folk inglese pubblicata alla fine del XIX secolo da Francis James Child, intitolata The Maid Freed from the Gallows.

https://www.youtube.com/watch?v=CmxaT37yeOs

Il testo del brano non è nient'altro che una supplica di una ragazzo sul patibolo al proprio boia, un tentativo di ritardarne l'esecuzione. Una sequela di scuse e di tentativi per ritardare l'arrivo dell'esecuzione. Il protagonista potrebbe quindi essere paragonato a una qualsiasi avversaria del Napoli, mentre il boia sarebbe proprio il Napoli stesso. Spoiler: il testo termina malissimo, a differenza della ballata folk dalla quale prende spunto, e si conclude con l'inevitabile morte di colui che supplica.

Oh, yes, you got a fine sister
She warmed my blood from cold
She brought my blood to boiling hot
To keep you from the gallows pole, pole, pole, pole, yeah
Your brother brought me silver
Your sister warmed my soul
But now I laugh and pull so hard
And see you swinging on the gallows pole, yeah

Parte dell'ultima strofa di Gallows Pole, Led Zeppelin

Il Napoli è esattamente quel boia sadico che ha preso l'oro e l'argento dagli amici e parenti del protagonista, ma che, ciononostante, tira lo stesso la leva per giustiziarlo. Con gusto. Ridendo, così come hanno meravigliosamente descritto nel testo Robert Plant e Jimmy Page.

Il Napoli scende in campo ogni volta con la stessa bellezza del banjo di Page e del tono vocale di Plant. Il ritmo aumenta sempre di più (il brano passa da 82 bpm a 107 bpm verso la metà), arrivando all'ingresso del basso di John Paul Jones e, inevitabilmente, a quella marcetta di sottofondo tra un pestone su un crash e l'altro dell'indimenticabile John "Bonzo" Bonham. A ogni supplica il ritmo diventa sempre più incalzante, così come il Napoli mette all'angolo il proprio avversario: dominandolo psicologicamente, costringendolo al terrore per ogni tentativo di sortita offensiva. Alla fine, è game over. Il Boia-Napoli vince.

Il quartetto azzurro

Tolto il dente più complicato, paragonare i membri del quartetto inglese ai calciatori in campo è certamente una passeggiata. Kvaratskhelia, per esempio, è paragonabile per estro e fantasia ai virtuosismi di Jimmy Page alla chitarra. Le triplette alla batteria di Bonham, un vero e proprio marchio di fabbrica del miglior batterista rock della storia (mia opinione, ndr), sono invece paragonabili al ritmo forsennato, alla foga e all'apprensione che mette addosso a ogni difensore Victor Osimhen. L'eleganza di John Paul Jones, sempre presente con meravigliose linee di basso entrate nella storia, ma in sottofondo così come confà per caratteristica lo strumento che suona, è paragonabile a Kim Minjae: sempre nelle retrovie, ma sempre presente.

Ultimo, e non di certo per importanza, Robert Plant. Inutile spendere parole superflue sulle sue capacità canore o di scrittura: si tratta di una delle voci più belle della storia (Rolling Stone lo ha messo al quindicesimo posto della sua top 100) e un fuoriclasse nel song writing. Insomma, Robert Plant non può che essere l'artefice di questa meravigliosa band chiamata Napoli, colui che dirige e ci mette letteralmente la voce in campo: Luciano Spalletti.