Il Napoli che tocca 50 punti al giro di boa ha la forza di Victor Osimhen, le geometrie di Stanislav Lobotka e le pennellate di Mario Rui. Sono probabilmente loro il manifesto di questo primato, il simbolo di una squadra partita tra lo scetticismo generale e che oggi domina il campionato, con le avversarie tramortite e incapaci di tenere il passo.

Ma cosa accomuna questi calciatori? Hanno tutti dovuto scrollarsi di dosso un morboso pregiudizio che, agli occhi distratti di una larga parte di tifoseria e carta stampata locale,  li vedeva non adeguati tecnicamente, piuttosto che atleticamente. Inutile star qui a ripetere cosa hanno dovuto sopportare nel corso degli ultimi anni, con vere e proprie offese, spesso ben al di sopra dei reali demeriti e senza che venisse loro concessa la benché minima attenuante.

Esiste questo fastidioso malcostume di creare eroi ai quali viene perdonato tutto, per poi vessare quei calciatori che per un motivo o un altro non sono riusciti da subito a far breccia, catalizzando su di loro le cause di eventuali insuccessi. Tra questi calciatori, chi si sta prendendo la sua personalissima rivincita, c’è sicuramente Eljif Elmas.

Il macedone arrivò a Napoli per 16 milioni dal Fenerbache nel luglio 2019, quando aveva 21 anni e l’appellativo di diamante. Era il secondo anno di Ancelotti alla guida degli azzurri, quello dell’ammutinamento che portò poi all’esonero del Carletto nazionale e l’arrivo in panchina di Gattuso. Il mister di Reggiolo lo segnalò a Giuntoli per proseguire il processo di ringiovanimento della rosa, ma evidentemente qualcuno nello spogliatoio non aveva intenzione di passare il testimone e forte del consenso popolare remò contro lo staff tecnico fino ai noti fatti.

Di questa incertezza tecnica non giovò il giovane Eljif, che nei primi due anni a Napoli fu sballottato da una parte all’altra del campo, spesso subentrando negli ultimi minuti in situazioni di svantaggio, in una squadra con più di un problema di equilibrio. Questa sua capacità di ricoprire più ruoli, unita a qualità tecniche superiori alla media dei pari età, da una parte gli permise di acquisire minutaggio, ma allo stesso tempo lo limitò nelle certezze, rallentando il suo processo di crescita e trasformandolo agli occhi di alcuni in un ibrido.

Qualcuno sentenziò che fosse fumoso e senza una precisa collocazione in campo, marchiandolo come incompiuto agli occhi dei tifosi, senza approfondire quella che era stata la sua carriera in Turchia o quali fossero le reali potenzialità che riusciva ad esprimere in nazionale, dove da leader riuscirà a conquistare una storica partecipazione agli Europei.

Con l’arrivo di Spalletti, Elmas ha finalmente avuto la possibilità di trovare quella continuità tattica in grado di affinare le sue skills, diventando uno dei calciatori più utilizzati in stagione e mostrando spiccate doti in fase realizzativa. Il primo anno sotto la guida del tecnico di Certaldo, infatti, si concluderà con 46 presenze in tutte le competizioni, per un totale di 2.338’ giocati, impreziosite da 6 assist e 7 gol, come quello da 3 punti a S.Siro contro il Milan o la doppietta al Leicester in Europa League che permise al Napoli di superare i gironi.

Ma nonostante questo importante biglietto da visita anche questa stagione era partita carica dei soliti pregiudizi, con chi vedeva Elmas poter vestire al massimo la casacca di qualche medio-piccola e il macedone costretto a dimostrare più degli altri di valere la sua presenza nella rosa azzurra. L’inizio era stato di buon auspicio, con un gol al Lecce a bagnare l’esordio da titolare, per poi trovare solo pochi minuti da subentrante nei match successivi. La svolta a Bergamo, quando l’assenza di Kvara gli lascia la titolarità della fascia mancina e l’opportunità di esprimersi in una grande prestazione e nel gol vittoria del 2-1 su assist di uno scatenato Osimhen. Da allora è stato un continuo crescendo, fatto di un totale di 4 gol e 1 assist nelle ultime 7 partite, ma più in generale di prestazioni convincenti, con continui sprazzi di fantasia, giocate da applausi e una costante consapevolezza e partecipazione attiva al gioco.

Anche contro la Salernitana è riuscito a mettere la firma sulla partita, con un mortifero tiro a giro respinto dal palo e trasformato in gol da un famelico Victor, non facendo rimpiangere ancora una volta il crack della serie A Kvaratskhelia e meritandosi gli elogi di mister Spalletti.

Chi ha sempre creduto in lui sa che è doveroso aspettarsi ancora tanto, in fondo parliamo di un ragazzo di appena 23 anni che deve ancora perfezionarsi nella gestione nell’arco dei novanta minuti, evitando di disperdere giocate e qualità. Ma magari anche lui da oggi non sarà più vittima preventiva di chi sa solo puntare il dito, lasciando però uno scomodo interrogativo su chi sarà il prossimo.