Napoli, euforia e depressione dei tifosi non spostano punti
Nel calcio, euforia e depressione dei tifosi non spostano punti. Diversamente, la Roma vincerebbe scudetti in serie e il Napoli di Spalletti non sarebbe mai stato campione.
Dall'euforia alla depressione. Così si potrebbero riassumere gli ultimi giorni all'ombra del Vesuvio. Dal presunto dominio del campionato a un brusco risveglio. Complici i tre gol orobici al Maradona durante il pranzo domenicale.
Una partita con poche storie, dominata in lungo e in largo dall'Atalanta, con buona pace delle statistiche che raccontano di un match equilibrato. Dal vivo la differenza è parsa notevole, con un coraggioso e scaltro Gasperini che ha sfruttato l'assenza di un importante Stanislav Lobotka per piazzare Mario Pasalic tra le linee e fare a pezzi il malcapitato Billy Gilmour.
Al triplice fischio, la piazza si è divisa. Non totalmente come in passato, ma considerevolmente. C'è chi dà ragione al tecnico leccese e chi no, chi si aspettava un Napoli più propositivo in termini di gioco e chi invece ritiene giusto questo tipo di percorso, in quanto vi erano altri punti, importanti ugualmente, da recuperare, come l'aspetto mentale e fisico dei ragazzi.
Tutte le "teorie" possono essere giuste, se ben argomentate.
La piazza, dicevamo. Troppa euforia prima, fin troppo depressa oggi. Due peculiarità che mai sono servite alle squadre di calcio. Così fosse, la Roma dei Friedkin dovrebbe vincere ogni anno almeno lo scudetto per le manifestazioni d'amore a ogni acquisto e per la forza dello stadio Olimpico, riempito in ogni settore alla cieca.
Oppure il Napoli di Spalletti, nato sotto la più becera delle contestazioni estive (che portarono la scorta a De Laurentiis) che non avrebbe consentito il dominio dello storico terzo scudetto.
Le squadre di calcio, gli ambienti, gli equilibri crescono quando la sana (sia chiaro, sana) critica (sempre sia lodata) è senza malizia o figlia di un pregiudizio ideologico.
E, soprattutto, quando le città alle spalle (e Napoli è una metropoli con una sola squadra di calcio) non si illuminano di immenso davanti a un curriculum, se pur potente. Ben venga la critica, ben venga la divisione di idee. È lì, in quel pertugio, che si costruiscono grandi imprese. La sana critica è una manna dal cielo. La storia lo insegna.