Il metamercato del Napoli è un concetto di cui sappiamo spaventosamente poco.

Nonostante un’esperienza ormai ultradecennale, continuiamo a farci le stesse domande: Chi siamo? Dove andiamo? Perché tutti i club del mondo comprano e noi no?

Il metamercato del Napoli è il luogo in cui i “sogni” restano tali, un posto fatato dove non si partecipa ad aste, dove vige la regola del vendere e poi comprare, dove i contratti sono validi “nell’universo”.

Il metamercato del Napoli è un luogo freddo, disincantato, razionale fino a fare rabbia e provocare dolore. Una fitta di eterna insoddisfazione che sfinisce, prosciuga energie, toglie lucidità, colpisce ai fianchi.

Per il resto dei tifosi, le giornate estive continuano a durare 24 ore, per i supporter azzurri, invece, il percepito è circa il doppio per i meno ansiosi, fino a cinque volte superiore per gli isterici.

È indubbiamente un lavoro difficile essere tifosi del Napoli nei mesi di luglio e agosto. Il bambino viziato che ognuno custodisce dentro di sé è irrequieto. Vede gli amici andare al mare, tornare tardi la sera, vantarsi delle fugaci conquiste, mentre lui è in casa a fare i compiti per le vacanze.

Il metamercato del Napoli, però, è anche il luogo in cui uno sconosciuto diventa tra i migliori giovani d’Europa; dove tre pacchetti da 10 euro, improvvisamente valgono circa 70 milioni; dove vanno via 6 top player e ritorna lo Scudetto dopo 33 anni; un posto dove chi non sa stoppare, poi finisce per buttare le porte a terra.

È nel metamercato che il club di Aurelio De Laurentiis ha deciso il suo destino. Ha scelto di abbinare il rigore al talento. Una campana di vetro in cui rinchiudersi, come la hall di un albergo mentre fuori c’è l’inferno delle proteste. Un embargo emotivo vero e proprio, perché quando si fanno scelte che determinano il futuro occorrerebbe avere la sana abitudine di chiudere il cuore in una teca. Se non lo hai meglio ancora, perché potresti rinnovare capitani poco gloriosi o confermare gli idoli bolliti di una piazza che soffre la sindrome dell’abbandono.

Mentre gli altri spacciano il "mettere una pezza" come colpo di mercato, il Napoli osserva, sceglie, scarta, valuta, attende, incassa e poi spende. Dal primo al 15 luglio qualcuno dovrebbe pagare la clausola di Kim. Solo dopo arriverà il sostituto. Perché così si fa, non prima di averlo individuato da tempo. Perché il metamercato del Napoli è regolato da due dogmi: competenza e programmazione. Anzi, tre: saper stare al mondo.


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