Una linea sottilissima divide il fazioso da colui che ha sacrificato la propria professionalità sull’altare del servilismo. Trattandosi di calcio, lo sport che forse più di tutti raccoglie passioni e sentimenti variegati, ci si può aspettare dal tifoso una narrazione di parte, ma cosa succede quando questa arriva da chi, per deontologia professionale, dovrebbe anteporre la verità alla propria fede? Possibile che il morbo del fan pallonaro colpisca in maniera così profonda da inibire qualsivoglia forma di giudizio?

Ci dispiace, ma non lo crediamo possibile, poiché riteniamo che questo fastidioso malcostume sia riconducibile ad un bisogno egoistico, quello di conservare i propri privilegi e occupare poltrone che probabilmente verrebbero negate senza seguire dettami prestabiliti.

Ed ecco che negli anni, una buona parte dell’editoria sportiva ha abbandonato la ricerca della cronaca per trasformarsi nell’espressione non edulcorata della controparte calcistica per cui patteggia. Giornali che di nazionale hanno solo la tiratura, ma che si comportano da veri e propri “organ house”, mistificando addirittura la realtà pur di soddisfare i propri lettori.

Capiamo che in un’epoca dove i siti di settore, più o meno professionali, spuntano come funghi, dove un ragazzino con una webcam ed una buona connessione può raccogliere migliaia di followers, c’è bisogno di crearsi una clientela fidelizzata come in una qualsiasi realtà commerciale. La differenza sostanziale sta nel fatto che, nel caso dell’informazione, non si dovrebbe anteporre il “vero” al profitto, perché vendere un prodotto “falso” non solo non è eticamente corretto, ma lede anche i propri lettori. Un atteggiamento degno dei governi di regime e che rischia solo di creare squilibri nel mondo del tifo calcistico.

Con queste premesse è normale avere anche nelle TV nazionali, in chiaro o PPV, rappresentanti delle tre maggiori squadre italiane (Juventus, Milan e Inter) travestiti da opinionisti super partes, ma che finiscono per tradire in maniera anche goffa, la propria incrollabile fede. E quindi l’intervento di Milik sulla tibia di Lobotka “non è mai fallo”, nonostante la stessa ammissione in campo del polacco al compagno Di Maria. E che dire di Gatti che da carnefice si trasforma in vittima, con il povero Kvaratskhelia reo di non avere i centimetri in più necessari per evitare che il gancio del bianconero lo colpisca in pieno viso.

Se non avessimo ascoltato in diretta TV certe affermazioni probabilmente penseremmo ad uno scherzo, ad una delle tante fake news che inquinano il web e invece la realtà riesce ad andare ben oltre la tristezza. Consideriamo tutti inammissibile che in programmi della tv nazionale vengano ingaggiati certi personaggi a spese dei contribuenti, permettendo loro di mistificare la realtà del campo, col pericolo di fomentare gli animi dei più facinorosi con conseguenze anche serie per l’ordine pubblico.

Tuttavia si tratta di ex bandiere che non riescono a staccare quel cordone ombelicale che li lega alla casa madre, ma cosa dire dei professionisti dell’informazione che provano con un linguaggio ricercato a camuffare le menzogne? Si arriva addirittura a scomodare il sofismo ellenico, col povero Zenone che oggi si sarà rivoltato nella tomba, pur di disconoscere la bontà della scelta del VAR di richiamare l’arbitro alla OFR in occasione del gol annullato a Di Maria.

Non amiamo essere malpensanti, ma permetteteci di credere che chi è coinvolto in prima persona nelle intercettazioni dell’inchiesta Prisma, ha più di un motivo per sostenere la tesi di una Juventus defraudata e afflitta.