La FIFA ha di recente pubblicato il calendario della prima edizione del mondiale per club. Competizione che vedrà impegnato, tra giugno e luglio 2025 negli States, il gotha del calcio mondiale. Una splendida occasione per far crescere il movimento direte voi, ma ci si è chiesti quale sforzo richiederà a club e calciatori?

In principio era stato Maurizio Sarri, tecnico della Lazio e ex comandante del Napoli dei record, a lamentarsi degli impegni ravvicinati che negavano la possibilità di allenare, ma questa estate anche Pep Guardiola ha mostrato insofferenza per tutti gli impegni extra, derivanti dalle vittorie dei trofei.
Insomma, si gioca troppo e a discapito della necessaria preparazione delle partite e della salute dei calciatori, sempre più sollecitati.

Negli ultimi anni il numero di calciatori fermi ai box per problemi muscolari o ai legamenti è aumentato vertiginosamente, un incremento non casuale e che stona con le moderne tecniche di allenamento e di monitoraggio a cui gli atleti sono sottoposti. Si gioca troppo e alle competizioni per club si aggiungono le partite da disputarsi con la nazionale, con i club che spesso si vedono restituiti dalle varie federazioni calciatori spremuti o rotti. Il Napoli ne sa qualcosa.

Un club italiano che partecipa, arrivando in finale, a tutte le competizioni (mondiale, Champions, Coppa Italia e Supercoppa) arriverebbe a disputare 69 partite in stagione. Senza voler considerare che la finale del mondiale per club si giocherebbe a metà luglio, proprio quando le squadre affrontano solitamente il classico ritiro e che la stagione dovrà chiudersi in anticipo perché nel 2026 ci saranno i Mondiali per le nazionali.

Un calendario ingolfato, con il rischio di non riuscire nemmeno a trovare un buco per eventuali “recuperi”, il tutto a discapito dello spettacolo.
Perché i tifosi pagano anche per divertirsi, per vedere in campo i propri campioni e beniamini. Ma cosa succede quando questi sono in infermeria?

Bisogna trovare una soluzione, magari aumentando il numero di calciatori da poter inserire nelle varie liste o diminuire il numero di squadre dei campionati. Una soluzione che non piacerà ai piccoli club, ma che renderebbe la Serie A più competitiva con un sistema che ne permetterebbe l’accesso non solo per meriti sportivi, ma a patto di essere in possesso di alcuni parametri (fatturato, stadio, ecc ecc).

Sarebbe un modo per incentivare gli investimenti e restituire anche a livello internazionale un’immagine migliore del nostro calcio. Ma capiamo che per un campionato che accetta consapevolmente le briciole per i diritti televisivi, l’idea di investire va annoverata nella sezione fantascienza. Andremo avanti così: spremendo gli atleti e fornendo un prodotto sempre meno qualitativo. I club intascheranno qualche soldino in più per tentare di ripianare i debiti e tutti vivranno felici e scontenti.


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