Caro Ministro ti scrivo, così mi distraggo un po’
Il degrado del calcio italiano sembrava aver avuto il suo apice nel 2006 con calciopoli, e fu solo grazie alla nazionale di Lippi - riuscendo nell’impresa di conquistare la coppa del mondo - che riuscì ad interporsi e frenare un fiume in piena che era pronto, e agguerrito, nell’intento di voler spazzare via tutto. Abbiamo gioito tutti per quella vittoria, ma probabilmente senza di essa oggi non saremmo costretti a rivedere le stesse scene. Cambiano gli attori, ma scenografia e regia restano le stesse. A distanza di 17 anni al centro delle indagini della procura federale c’è ancora una volta la Juventus tenere banco e, ancora una volta, gli strascichi delle sentenze ce li porteremo dietro ancora per molto tempo. C’è chi la vuole cotta e chi la vuole cruda, noi ci sentiamo solidali con il Ministro per lo Sport, Andrea Abodi, quando afferma che “il sistema calcio deve farsi un profondo esame di coscienza”. Anche quando aggiunge che “leggendo anche un po’ i social, ho idea che si pensi che il ministro possa fare tutto, decidere tutto, intervenire su tutto”. Certo, siamo ancora gestiti da un sistema basato sulla democrazia e sul garantismo e di questo dovremmo vantarcene, le funzioni ministeriali sono importanti per il paese e vanno coadiuvate, non lasciate al destino di una singola voce. Siamo inclini al suo giudizio, specialmente quando si esprime su due concetti probabilmente fondamentali: “Il primo tema è il rispetto dei ruoli, della differenza dei ruoli”. Non riusciamo, però, a comprendere il commento che ne è scaturito: “Certe cose non si fanno da soli. I tecnicismi vanno spiegati anche all’opinione pubblica, che deve comprendere. Il rischio, è di mettere la questione sul piano di una partita di calcio dove c’è chi non capisce, ma si lamenta”.
Caro Ministro, questa non l’abbiamo capita, il rispetto dei ruoli lo si relega in base alle competenze, e chi meglio della Corte d’Appello Federale - munita di cotanta magistratura al seguito - può dare migliore spiegazione all’opinione pubblica? Quali migliori tecnicismi ancora devono essere forniti affinché si comprendano le motivazioni che hanno portato alla sentenza su una singola squadra? Il tema che lei stesso ha toccato è di fondamentale importanza: il rispetto dei ruoli. Parliamo della Corte Federale d’Appello, un organo competente preposto nel giudicare in ultima istanza quanto previsto dai regolamenti federali. Non esattamente pizza e fichi o un triccheballacche qualsiasi. Come si suol dire in gergo, più competenza e rispetto dei ruoli di così si muore. Ebbene, i signori succitati si sono espressi, e sentenziato, nei confronti della Juventus Football Club su episodi di illecito disciplinare “tenuto conto della gravità e della natura ripetuta e prolungata della violazione. Sull’ormai famoso "Libro Nero di Fabio Paratici" i giudici si esprimono con termini come "Inquietante e devastante", con nuovi atti che provano l’intenzionalità. A dare adito all’ipotesi della presenza di un sistema fraudolento gestito dal club piemontese ci sono le intercettazioni rilevate e fatture emesse che hanno dell’inquietante. La sentenza di lorsignori recita: “La fattura emessa dall’Olympique De Marseille con destinatario la FC Juventus S.p.A. e con causale “compensazione” dell’operazione di scambio viene materialmente corretta a penna e “barrata” in ogni dove e riscritta dalla FC Juventus S.p.A. e rispedita al mittente chiedendo di modificarla
Questa sopra postata - caro Ministro Abodi - ha del raccapricciante, e le posso assicurare che nemmeno negli anni 80, quando in tenera età mi recavo con il mio papà a fare la spesa dal bottegaio giù casa, la buonanima del mio salumiere di fiducia si sarebbe mai permesso di cancellare a penna il prezzo di un acquisto già prefissato. E le posso garantire che Don Peppe, pace all’anima sua, era tirchio assai (ndr). Lei ha inoltre proseguito dicendo “e c’è chi non capisce ed è contento semplicemente perché in questo momento la decisione è stata presa nei confronti di una squadra”. Anche qui la Corte si è espressa - escludendo sanzioni alle restanti squadre coinvolte sul caso plusvalenze - in maniera inequivocabile, anche in virtù di quanto recitava la tesi difensiva della società bianconera: “Non c’è una regola per valutare il valore di un cartellino”. La Corte ha sanzionato altro, non gli scambi in quanto tali, bensì la ricerca ripetuta e ossessiva di strumenti e mezzi per far quadrare i conti. Con quelle che il procuratore Chinè ha chiamato “dichiarazioni auto accusatorie” - riferendosi nella fattispecie alla frase di un dirigente: “Per fare la plusvalenza Pjanic, Arthur lo hai pagato 75 milioni”.
Caro Ministro, ad oggi non ci sono prove, o ulteriori indizi, che possano indurre a pensare ad altri club coinvolti ma possiamo assicurarle che se le procure, ad oggi a lavoro, facessero pervenire nuovi e inconfutabili riscontri su altre società useremo gli stessi toni e chiederemo un egual giustizia. Anche se questa corrispondesse al nome della SSC Napoli. Perché noi un calcio pulito lo vogliamo per davvero.